C’è discriminazione di genere nella musica?

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Questo indaga Federica Pezzoni in Musicarpia. E la risposta è sì, e di strada per la parità ce n’è ancora tanta. 

Laureata in canto pop, insegnante di musica per bambini, bambine e adolescenti, Pezzoni porta avanti da alcuni anni una ricerca sul gender gap all’interno del music business, cui ha dedicato anche una pagina Instagram tematica. Nel 2024 ha creato un podcast dal titolo Si cambia musica, arrivato alla sua seconda edizione, in cui insieme a tanti ospiti (da Francesca Michielin, attiva da tempo sul tema del gender gap, a Francamente, di cui ricordiamo le dichiarazioni a XFactor; da Anna Castiglia, tra l’altro autrice della prefazione, a tant* altr*) prova a  immaginare un mondo della musica diverso. Con Alice Mammola ha promosso un Manifesto per una musica femminista e insieme curano il progetto La Cantautrice per supportare e promuovere una rete tra cantautrici italiane emergenti.

Il gender gap nell’industria musicale

Musicarpia (sottotitolo: guida femminista per una musica sovversiva e collettiva) non poteva che trovare posto nel catalogo de Le Plurali Editrice, case editrice femminista, indipendente, intersezionale, curiosa. In particolare nella collana Le Bussole, una serie di guide in formato tascabile, pensate per offrire una lente femminista su alcuni temi molto attuali ed essere portate con sé ovunque.

Nel libro Federica Pezzoni analizza l’industria musicale evidenziandone dinamiche di genere e discriminazioni. Si parla soprattutto di donne ma il testo apre anche, in un’ottica intersezionale, ad altre identità marginalizzate, anch’esse sottorappresentate, parimenti se non di più, con ancora meno spazio di quello riservato alle donne.

Si parte da tutta una serie di dati da report, ricerche e statistiche sia internazionali sia nazionali che delineano un po’ il contesto in cui ci muoviamo. Se nel tempo, fortunatamente, sono andate facendosi largo analisi e riflessioni che riguardano il gender gap nel sistema socio-economico in cui siamo immerse, in Musicarpia Pezzoni fa un affondo verticale, un approfondimento settoriale sull’argomento.

Tanti sono i dati che si possono ritrovare in queste pagine e che rivelano una discriminazione di genere ineludibile. Pezzoni analizza per esempio il Festival di Sanremo che vede negli anni la partecipazione femminile intorno al 30%, pochissime conduttrici, quasi assenti le direttrici d’orchestra, le band femminili e le autrici di brani. In particolare “su duecentoventitré brani in gara dal 2014 al 2023, solo sessantaquattro avevano nei credits almeno un nome femminile, vale a dire un misero 28 per centro.” Come Pezzoni ha ricordato durante la presentazione del libro nell’ambito della prima edizione del festival Semi di Reti “a scrivere le canzoni di Sanremo sono sempre gli stessi e non ci sono team femminili. In 10 anni, su un totale di 250-300 canzoni, quelle scritte interamente da donne sono in tutto 4: due di Levante, una di Nina Zilli e una di Elisa cantata da Renga”.

In generale sembrerebbe che nel music biz i ruoli decisionali siano ancora appannaggio maschile per quanto ultimamente ci siano donne manager che si fanno notare, ma che alla fine sembrano sempre eccezioni alla regola. Le donne si trovano per lo più in ruoli legati alla promozione, al marketing, alla comunicazione, mentre nei settori più tecnici (es. produzione audio, ingegneria del suono, ecc) la loro presenza è ridotta ai minimi termini.

Perché dovrebbe interessarci?

Anche se non siamo dei musicisti o non lavoriamo nel settore, di fatto tutti e tutte siamo circondate dalla musica. Tutti e tutte siamo pubblico, ascoltiamo musica tramite piattaforme di streaming o via radio, andiamo ai concerti, guardiamo Sanremo o XFactor o entrambi o altri programmi TV che ruotano intorno alla musica.

E nella visione di Pezzoni il ruolo del pubblico è centrale: quando si parla di industria musicale si parla di mercato, lo scopo del gioco alla fine è il profitto, come per qualunque tipo di attività imprenditoriale e, quindi, le scelte vengono fatte in funzione di dove vanno i soldi ovvero di dove va il pubblico pagante. Questo sembra essere tante volte il ragionamento di alcuni organizzatori che si trincerano dietro le preferenze del pubblico per giustificare per esempio una line up tutta maschile. L’ascolto diviene allora scelta di consumo e quindi scelta politica come lo è quella di acquistare prodotti derivanti da una filiera più etica o di boicottare alcune aziende.

L’ascolto diventa centrale se consapevole. Talvolta infatti si è condizionati: basti pensare all’onnipresente algoritmo e alle sue storture. Rendercene conto, pertanto, consente di fare una scelta attiva.

Un questionario per capire meglio

Pezzoni non si è limitata a raccogliere e analizzare dati preesistenti (inclusi quelli che ampliano lo sguardo oltre il confine nazionale) ma ha ideato e proposto un questionario proprio per conoscere meglio l’industria musicale con particolare riferimento al contesto italiano. Hanno risposto tante artiste, più o meno famose. A emergere è un ambiente musicale prettamente maschile, in cui prevale un atteggiamento diffuso che, per le donne, lega qualifica professionale e aspetto fisico a discapito della valorizzazione della loro professionalità. “[Prima di vedere le risposte al questionario] non sapevo che avesse così tanto peso la bellezza, l’aspetto fisico, che fosse così impattante, la bella presenza è un requisito ma in entrambe le direzioni: se sei troppo bella non vieni presa sul serio; se sei brutta puoi pure essere brava quanto ti pare…(ma difficilmente avrai spazio, Ndr)” 

Emerge anche che le donne fanno più fatica a ottenere credibilità ed è più pressante per loro il dovere di eccellere. E poi ancora: difficile crescita verticale, ageismo, sessualizzazione, abusi e molestie. Ma anche difficile crescita orizzontale ovvero il fatto che il mercato sia poco incline a riconoscere alle donne un ruolo creativo (di scrittura, produzione, arrangiamenti, ecc) che sembra appartenere agli uomini mentre le donne vengono relegate a un ruolo di interprete. Una delle conseguenze è una tendenza all’autocensura da parte delle artiste e una certa spinta all’omologazione. E questo è un altro aspetto su cui chi ascolta musica dovrebbe riflettere ovvero quanto questi meccanismi ci fanno perdere, come pubblico, in termini di prodotti creativi e artistici.

Cosa di può fare quindi? 

Esplorare, fare caso a quali brani e artisti/e si ascoltano, lasciare il mainstream per mettere il naso in produzioni che lì non ci sono arrivate (“in un giorno oggi esce tutta la musica uscita nel 1989 quindi l’ascoltatore fa fatica ad ascoltare, c’è una sovrapproduzione”) ma che esistono e hanno cose da dire. E ancora: sostenere gli eventi musicali, partecipare.

Rimane centrale per le artiste fare rete ed è per questo che Pezzoni ha promosso nel tempo diverse iniziative come l’archivio pubblico di cantautrici emergenti e il Manifesto per una musica femminista.

Insomma, di strada ce n’è ancora tanta da fare. E farsi domande, dare un nome a ciò che ci circonda e acquisire consapevolezza su certe dinamiche è più che utile, per questo servono compagni di viaggio come Musicarpia. Un rischio c’è ovviamente: non ascolterete più come prima!

Articolo a cura di Valentina Cicinelli

Musicarpia
Federica Pezzoni
Le Plurali, 2025
pp.168, 12 euro

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