La Colombia, il vento e la lotta dei Wayuu contro i colossi dell’eolico
Per governo e compagnie energetiche la Guajira è centrale per lo sviluppo del fotovoltaico, ma le comunità indigene insorgono. Per ragioni culturali, ma non solo.
Il vento può essere energia rinnovabile oppure spirito, presenza, persona. Dall’estremità più a nord della Colombia arriva un lampante esempio di relativismo culturale, un chiaro messaggio a non dare nulla per scontato nella complessità del mondo che coabitiamo. Nel territorio di La Guajira, affacciato sul Mar dei Caraibi, confluiscono le correnti e i venti più forti del Paese: questo ha attratto, ormai da tempo, diverse realtà locali ma anche internazionali del settore energia interessate a sfruttarne le condizioni.
Ma La Guajira è anche la casa della comunità indigena Wayuu. Quasi 400mila persone da secoli vivono nel territorio e si sostengono di allevamento, coltivazione, estrazione del sale e pesca. Individui che hanno una percezione e un rapporto diverso con la natura e i suoi elementi. A cominciare proprio dal vento – o meglio dai venti – che nella tradizione indigena sono esseri mitologici con diverso temperamento e caratteristiche capaci di plasmare a loro forma l’ambiente circostante. Da non ostacolare. O disturbare.
Era il 2019 e correva il governo conservatore di Iván Duque, quando il Ministero dell’Energia propose un piano di sviluppo dei parchi eolici che avrebbe dovuto portare al 15% la fornitura nazionale entro il il 2023. Mentre alla data, secondo lo stesso Ministero, si era raggiunto solamente il 2% tra eolico e solare. Gustavo Petro, subentrato nel 2022, ha raccolto l’eredità green del predecessore, eppure i numerosi progetti eolici continuano ad incontrare una forte resistenza sul territorio.
Aziende come Isagen, AES, la spagnola EDP e anche l’italiana ENI, sono approdate in Colombia e hanno iniziato a tirare su i rispettivi parchi eolici, ma hanno dovuto confrontarsi con continue proteste da parte della comunità locale. Questa, per gli stravolgimenti arrecati degli impianti, chiedeva risarcimenti economici per i danni subiti: contrasti culturali, rumore ambientale, modifica del paesaggio.
Proteste che si sono concretizzate in forti rallentamenti dei lavori, che hanno reso l’investimento non più sostenibile. In alcuni casi, si sono verificate azioni violente verso i lavoratori che costruivano le turbine: aggressioni, rapine, rapimenti – come riporta Indepaz, la no-profit colombiana che studia le condizioni di pace e sviluppo del Paese. Agli attacchi verso le aziende si sono aggiunti anche gli scontri e le tensioni endemiche, all’interno delle stesse comunità indigene, perché non tutti percepiscono lo sviluppo eolico esclusivamente come svantaggio. In questa situazione, ENI ed Edp hanno desistito.
Non tutti, dicevamo, vedono le turbine come una minaccia. La Guajira è una delle regioni più povere della Colombia e Isagen ha compensato la propria presenza portando acqua potabile, miglioramento delle strade e case in mattoni (al posto di paglia e fango), corrispondendo anche un indennizzo e una percentuale dell’energia prodotta. Per queste ragioni, una parte della comunità indigena darebbe il benvenuto al progresso, ma il rapporto tra le parti resta teso. Per quanto ben disposti, gli indigeni insistono nel chiedere maggiore considerazione per le proprie posizioni culturali ma, soprattutto, recriminano per non poter fruire direttamente dei vantaggi dell’eolico.
Infatti, il piano prevede che l’elettricità delle turbine venga trasferita, cioè venduta, altrove e che i villaggi della zona continuino a fare affidamento sui generatori, almeno nel medio termine.
Uno scenario di rapporti ed equilibri già visto, innumerevoli e troppe volte.
Articolo a cura di Sara Gullace
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