African stories: il calcio di Gerald Mballe che rompe i cliché e mira all’inclusione globale
Gerald Mballe ha un sogno, un “Dream Big for Inclusion and Antiracism”: questo il nome della sua associazione no-profit nata un anno fa.
Dal Camerun all’Italia: la storia di Gerald Mballe tra migrazione e riscatto
Gerald Mballe ha un sogno, un “Dream Big for Inclusion and Antiracism”: questo il nome della sua associazione no profit nata un anno fa e in grado di incidere già profondamente sugli assetti internazionali quando si tratta di costruire un ponte tra immigrati e Paesi ospitanti. In tali circostanze attraverso il potere aggregante e salvifico dello sport. Ventisette anni, originario del Camerun, è sbarcato a Pozzallo, in Sicilia, nel 2016, attraversando la Libia come nelle più classiche delle storie made in Africa. Nello stesso anno è giunto in Piemonte, a Settimo Torinese, e qui, benché la sua situazione precaria fosse quella del minore non accompagnato, è riuscito in 10 anni a costruire, mattoncino dopo mattoncino, il suo percorso di studio e professionale. Senza retorica e rifuggendo da qualsivoglia stereotipo.
Ci sono persone a cui sembra impossibile che io sia stato in grado in questi anni di risalire la china. Perché nell’immaginario collettivo dell’italiano medio, qualcuno con background migratorio quasi sempre fa l’elemosina o lava i vetri ai semafori. Se ci ripenso, in alcuni periodi, ho studiato e lavorato cinquanta ore alla settimana per raggiungere i miei obiettivi. Oltre a fare sempre volontariato. Ho cominciato con la Croce Rossa, poi il mediatore di strada, il volontario per Intersos,
ci ha raccontato Gerald dal gate di un aeroporto spagnolo, mentre si preparava a un altro viaggio prima di rientrare a Milano, dove risiede.
Certo è che se in Italia, il ruolo a cui un afro-discendente può aspirare è quello dell’usciere nei negozi lungo Via Condotti a Roma oppure il taxista di Joe Bastianich nei programmi televisivi, allora occorre ripensare al razzismo nelle sue vesti più subdole. Magari in chiave intersezionale anche.
Sport e integrazione: come il calcio diventa strumento di dialogo
I continui viaggi (parla francese, inglese, spagnolo, italiano, oltre ad alcuni dialetti del suo Paese di provenienza) sono dovuti al fatto che l’esperto relaziona spesso all’estero su migranti e dintorni, oltre a occuparsi di progetti sul tema. Prima di lanciare la sua no profit, infatti, ha collaborato con Special Olympics, un movimento globale voluto da Eunice Kennedy Shriver, proprio la sorella dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America. Un’associazione che esalta le capacità sportive delle persone affette da disabilità intellettive se messe nelle giuste condizioni.
Un’esperienza ispiratrice per lanciare la sua realtà che si fa strada in primis fra i centri di accoglienza. Tutto ciò mentre si laureava nel 2023 in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali: «Proponiamo dei workshop sui campi di calcio. Sono incontri che non hanno uno scopo terapeutico, bensì grazie al mediatore aiutiamo i migranti a comprendere che possono chiedere aiuto – spiega Gerald –, per superare il trauma dell’attraversata. In seguito a questa chiacchierata organizziamo partite di calcio, ma ci dedichiamo pure ad altri sport. Sono gruppi di adulti i quali a volte riportano delle disabilità fisiche. In futuro vorrei concentrarmi sui minori non accompagnati».
Riconoscimenti internazionali per un’inedita narrazione afro-discendente
Nel 2019 Gerald è stato nominato primo consigliere del programma “Unified with Refugees” di Special Olympics, diventando successivamente coordinatore globale nel 2024. In questo ruolo ha contribuito a sviluppare il progetto in oltre 15 Paesi, tra cui Italia, Spagna e Kenya, creando spazi sicuri dove la diversità è celebrata e l’integrazione è una realtà. Nel 2022, è stato insignito del premio ISCA IRTS Role Model, un riconoscimento internazionale che celebra chi utilizza lo sport come strumento di integrazione dei rifugiati. E il palmares potrebbe continuare all’infinito.
L’approdo di Gerald Mballe in Italia, dunque, non è stato solo geografico, ma anche simbolico: un passaggio da vittima a protagonista, da spettatore ad attore del cambiamento. Nello sport ha trovato un linguaggio universale capace di abbattere barriere culturali e sociali e regalare alle altre e agli altri, contestualmente, un futuro condiviso.
Articolo a cura di Veronica Otranto Godano (Associazione Connect)
Immagine di copertina via sportetcitoyennete.com