Rhome: Roma come Home
Immagini di volti e di luoghi per descrivere una città divenuta Casa
di Caterina Mirjello
È di fatto un gioco di lettere a definire la dichiarazione d’intenti della mostra Rhome Sguardi e Memorie Migranti, visitabile fino al 30 marzo al Museo di Roma, – Palazzo Braschi.
Tra immagini di strade, monumenti, quartieri, i volti di 34 migranti narrano la loro storia e la relazione intessuta con questa città, svelando quei luoghi nevralgici della loro esperienza, che più di ogni altro posto, raccontano il tempo delle emozioni e dei ricordi.
Rhome, frutto della collaborazione tra l’associazione “èarrivatoGodot”, le Officine Fotografiche e il CNR, si snoda in un percorso di immagini: visi e luoghi, uomini e donne, giovani e adulti, tutti accoppiati da un’istantanea che ritrae un ambiente, un luogo, un monumento di questa città.
E’ un binomio di immagini che il tempo ha intrecciato, associando a questi luoghi un particolare significato: positivo spesso, colmo di gioia e bellezza, ma talvolta impregnato anche di sacrifici e sofferenza, in cui ognuno ha saputo ricondurre il senso della propria esistenza in una città, inizialmente estranea, ma divenuta casa.
Così le persone intervistate, appartenenti ad una popolazione che conta il 10% di stranieri, raccontano l’esperienza con questa città, in cui, alcuni spazi acquistano un significato superlativo, divenendo luoghi con un forte valore sentimentale.
Provenienti da 27 paesi diversi, europei e non europei, alcuni ormai romani naturalizzati, altri invece approdati solo da poco, i migranti rivelano il posto che non potrebbero mai dimenticare se si trovassero a vivere altrove. E così per alcuni è il fasto di Via dei Fori Imperiali, per altri la sofferenza dei connazionali residenti in Piazzale dei Partigiani, o il sapore autentico dei dolci del Ghetto, il ricordo di un amore nato a Villa Borghese, o il via vai cittadino della stazione Termini, o ancora l’ospedale Cristo Re e la vita che si rinnova.
Il percorso espositivo non si limita ad immagini e sensazioni ma fornisce una visione chiara della città di Roma, approfondendo lo studio sui quartieri che maggiormente accolgono popolazioni internazionali, le vie più affollate, il numero di cittadinanze e la percentuale dei residenti, schematizzati secondo lo stato civile, il sesso e le professioni da loro svolte, oltre ad un breve sondaggio sul luogo preferito dei visitatori.
E così tra volti felici, sguardi orgogliosi e visi solcati dai troppi sacrifici e preoccupazioni, ci si rende conto che, per qualcuno, Roma è indimenticabile per quell’atelier labirintico e un po’ nascosto che sforna cornetti a tutte le ore. Quello su via Albalonga, per intenderci.