La Sicilia garantisce il diritto all’aborto: obbligo di non-obiettori negli ospedali

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A fine maggio in Sicilia è stato approvato l’articolo 3 del disegno di legge 738 che garantisce il diritto all’aborto grazie a una quota fissa di personale sanitario non-obiettore all’interno delle strutture. La strada è ancora lunga, ma qualcosa si è mosso.

Il decreto che garantisce il diritto all’aborto in Sicilia

Fino al 27 maggio 2025 in Sicilia l’aborto volontario era quasi inaccessibile. Grazie a un decreto emanato dal Consiglio regionale, la Sicilia ora è una delle prime regioni in cui l’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) sarà garantita per legge. Da ora in poi, infatti, gli ospedali pubblici siciliani saranno obbligati ad assumere personale medico non obiettore di coscienza, in modo da garantire l’applicazione della legge 194, che riconosce il diritto all’IVG. Questo decreto, approvato con 27 voti favorevoli e 21 contrari, fa parte di un più ampio disegno di legge sulla sanità.

In Italia il diritto all’aborto non è garantito

Perché di sanità si tratta: la procedura per la IVG richiede assistenza medica, in certi casi psicologica e persino emergenziale. In Italia, però, è molto difficile accedervi. Il personale medico, infatti, può sottrarsi alla pratica “per motivi personali”, di natura principalmente morale, diventando appunto obiettore di coscienza.

Nel 2022 in Italia la quota di ginecologi e ginecologhe che si rifiutavano di effettuare interruzioni di gravidanza era pari al 60,5%. Le due regioni con più obiettori erano il Molise (90,9%) e la Sicilia (81,5%). Tra gli anestesisti in Sicilia l’obiezione era pari al 73,1% e, tra il personale non medico, ammontava all’86,1%. In provincia di Messina non vi erano operatori che praticassero l’interruzione di gravidanza e in provincia di Trapani solo uno era disponibile. Per quanto riguarda le strutture della regione siciliana, su 55 strutture con un reparto di ostetricia e ginecologia solo 26 praticano la IVG, ovvero il 47,%. La media in Italia è del 61,1%.

Un altro esempio sul territorio nazionale è quello dell’ospedale di Caserta. Il ‘Ccà nisciun’ è fessa, una rete di supporto e di orientamento all’interruzione volontaria di gravidanza, ha denunciato come, da novembre 2024, le Aziende Ospedaliere Sant’Anna e San Sebastiano neghino l’IVG poiché l’ultimo ginecologo non-obiettore non è più in servizio. Nella regione campana circa l’80% dei medici è obiettore e solo il 30% delle strutture ospedaliere offre il servizio di IVG.

Marginalizzazione e clandestinità

Inutile dire che, per chi ha meno mezzi e per motivi economici, lavorativi e familiari non può recarsi in un’altra regione, sarà molto difficile accedere all’operazione entro il tempo previsto dalla legge. Ancora una volta, quindi, quello che dovrebbe essere un diritto di tutte rimane appannaggio delle fasce più benestanti della società, alimentando un circolo vizioso di marginalizzazione ed esclusione.

Come prevedibile, poi, con i tabù si aprono le porte alla clandestinità. Mirella Parachini, ginecologa, attivista radicale, vicepresidente della Federazione internazionale degli operatori di aborto e contraccezione (Fiapac), tra le fondatrici dell’associazione Luca Coscioni, all’inizio del 2023 ha dichiarato a “L’Essenziale“: «Il numero degli aborti è in costante diminuzione in Italia dal 1978, quando la legge (sull’aborto, ndr.) è stata approvata. Invece gli aborti clandestini rimangono stabili, secondo la relazione ministeriale, e sono stimati tra i quindicimila e i ventimila all’anno. Questo dato, che si conferma anche negli ultimi anni, nasconde un aumento in percentuale degli aborti clandestini nelle aree in cui l’IVG è meno accessibile». Bisogna anche considerare che i dati sono al ribasso, proprio per l’oscurità in cui si svolgono queste operazioni.

L’articolo 3 del decreto regionale cerca quindi di abbattere queste pratiche, imponendo una quota di non-obiettori a ogni struttura sanitaria. Prevede inoltre che i bandi di concorso siano divisi tra obiettori e non obiettori, in modo che venga rispettata la quota imposta dalla legge. Le aziende sanitarie avranno poi l’obbligo di provvedere alla sostituzione dei medici qualora dovessero cambiare idea una volta entrati in servizio.

La pillola abortiva, un vuoto da colmare

Restano sicuramente ancora molti vuoti da colmare, a partire dalla questione della de-ospedalizzazione della pillola abortiva RU486. Un rimedio farmacologico che ad oggi si può assumere soltanto dopo un processo lungo e difficile. Nel 2020 un decreto legge aveva deliberato la possibilità di assumere il farmaco anche nelle strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni. Il tutto purché il farmaco sia assunto entro 9 settimane compiute (prima erano 7) e in day hospital, senza il ricovero di tre giorni prima previsto. In Sicilia, però, così come nella maggior parte delle regioni italiane, non sono ancora stati attivati questi servizi.

I Consultori Familiari

Il decreto del 2020 prevede anche che si possa chiedere il medicinale nei consultori. Consultori che mancano o che sono sempre più spesso ostacolati. Nei 41 consultori presenti a Palermo e in provincia, la pillola abortiva RU486 non viene somministrata. Il report della CGIL “I Consultori Familiari in Italia” (2024) dimostra come negli anni siano stati depotenziati con tagli al personale e ai fondi, riducendo così l’offerta dei servizi e inficiando le prestazioni, sia mediche che di assistenza generale alle famiglie.

Non dimentichiamoci, infatti, che i Consultori sono una grande risorsa per gli individui più giovani, specialmente su tematiche poco affrontate a scuola o nelle famiglie come la sessualità, l’affettività, la salute riproduttiva, la conoscenza del proprio corpo, l’educazione alla diversità, il riconoscimento della violenza di genere e tutte le forme di abuso, anche digitale (revenge porn, cyberbullismo, grooming etc.). Alcune realtà sono di fatto state affidate al privato cattolico, che nega tutti i servizi collegati all’IVG, nonostante la laicità del nostro stato e nonostante questo diritto sia riconosciuto dalla legge.

Qualcosa, però, si è mosso, con la speranza che dalla Sicilia risalga e percorra tutta la nostra penisola.

Articolo a cura di Iris Andreoni

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