Far East Film Festival 27: il Femminismo al centro dell’edizione 2025

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Il pubblico del #FEFF27 premia con il Gelso d’Oro la dramedy cinese campione d’incassi “Her Story” della regista Yihui Shao

Un successo l’ultima edizione del Far East Film Festival, conclusosi il 2 maggio a Udine, che ha proposto 77 film provenienti da 12 paesi (con 12 anteprime mondiali, 22 internazionali, 23 europee e 19 italiane), ospitando 220 personalità (tra cui l’iconica superstar taiwanese Sylvia Chang e il leggendario regista e produttore Tsui Hark, insigniti del Gelso d’Oro alla Carriera) e accogliendo ben 65 mila spettatori.
Inoltre, i 23 titoli in streaming su MYmovies ONE hanno superato le 10 mila ore complessive di visione.

Tutti i vincitori del Far East Film Festival 27

Come detto, il pubblico ha assegnato il Gelso d’Oro al film cinese campione d’incassi “Her Story” della regista Yihui Shao, autentico fenomeno di costume in patria; il Gelso d’Argento è andato all’hongkonghese “The Last Dance – Extended Version” di Anselm Chan (scelto anche dagli accreditati Black Dragon) e il Gelso di Cristallo al film, tratto da una storia vera, “Like a Rolling Stone” della regista Yin Lichuan.

I tre giurati della sezione opere prime (Kim Yutani, Sakoda Shinji e la celebrity giapponese Megumi) hanno assegnato il Gelso Bianco a “Diamonds in the Sand” della regista filippina Janus Victoria e una menzione speciale alla love story animata sudcoreana (ambientata in Nord Corea) “The Square” di Kim Bo-sol.

Il Gelso alla Miglior Sceneggiatura (assegnato dai tre giurati Massimo Gaudioso, Silvia D’Amico e Francesco Munzi, in forza al Premio internazionale “Sergio Amidei” di Gorizia) è andato al thriller psicologico giapponese “Welcome to the Village” di Jojo Hideo.

La community di MYmovies ha infine scelto per il Gelso Viola un noir mongolo onirico doloroso: “Silent City Driver” di Janchivdorj Sengedorj, già noto al pubblico del FEFF per un delizioso film di tutt’altro genere e atmosfera, “The Sales girl”, presentato a Udine nel 2023, dove ha vinto anche in quell’occasione il MYmovies award.

Questioni sociali e parità di genere al centro dell’edizione 2025

Tra i film premiati nell’edizione 2025 del Far East Film Festival, molti sono firmati da registe e trattano la situazione della donna in Asia, costretta tra ruoli e aspettative tradizionali incastonati in società ipercapitalistiche e mossa da un forte impulso alla libertà, all’espressione di sé e dei propri desideri e necessità. Una “nuova donna”, estremamente consapevole, in cerca di una parità con la controparte maschile, tanto nei diritti quanto nei doveri.

Due dei titoli più emblematici del festival, “Her Story” (Yihui Shao) e “Like a Rolling Stone” (Yin Lichuan), provengono entrambi dalla Cina continentale, sviluppano entrambi il tema della gender equality e portano entrambi una firma femminile.

Her Story” racconta l’incontro tra una mamma divorziata alle prese con la gestione di casa, figlia e una carriera da reinventare e una ragazza sigle perennemente innamorata, disordinata e creativa. Il punto di vista è quello delle donne raccontate in questo film, che riesce con ironia a toccare un tema caldo in Cina, come quello della parità di genere. In patria ha ottenuto un enorme successo sia di critica – che ha definito il film la versione cinese di Barbie – sia di pubblico, incassando l’equivalente di quasi 100 milioni di dollari. Gli uomini, in questa storia, sono un po’ dei Ken che, forse, a fine film capiscono di poter essere Kenough senza bisogno di mettersi sempre al centro dell’attenzione. Perché questa non è la loro storia.

HER STORY - per concessione del Far East Film Festival

Her Story

Mentre “Her Story” celebra la rinascita delle donne che riescono a spezzare le catene della sottomissione patriarcale, l’altro grande successo del cinema cinese dell’ultimo anno, “Like a Rolling Stone”, esplora le difficoltà delle donne nel rompere queste catene.  Il film è basato sulla storia vera di Su Min, icona femminista “accidentale” da quando, a 56 anni, ha lasciato il marito ed è partita in macchina da sola per esplorare la Cina e assaporare finalmente indipendenza e libertà.
Nella vita reale, Su Min è in viaggio dal 2020, ha già visitato 400 città in più di 20 province cinesi e conquistato cinque milioni di follower con i video postati durante il viaggio, in cui parla non solo dei luoghi che visita ma anche del suo stato d’animo e della situazione delle donne in Cina.

Anche il film di Hong Hong “The Last Dance”, presentato al FEFF nella sua “Extended Version” (con scene precedentemente eliminate che Chan ha reinserito per approfondire meglio i personaggi) sfiora questioni di genere, inserendole all’interno del contesto tradizionale taoista.
Storicamente, alcune scuole taoiste tradizionali avevano infatti credenze sul sangue mestruale come impuro e potenzialmente in grado di contaminare spazi o rituali sacri. Questo tema è lateralmente portato sullo schermo in questa pellicola, che tratta più in generale il rapporto tra tradizione e modernità, vecchie e nuove generazioni, all’interno dei rituali funebri.

MontagesOfaModernMotherhood - per concessione del Far East Film Festival

Montages of a Modern Motherhood

Ci aspettavamo invece maggior riconoscimento da parte del pubblico del FEFF per un altro film di Hong Kong,  “Montages of a Modern Motherhood”, scritto e diretto dalla regista Oliver Chan, premiata nel 2019 al FEFF 21 con il Gelo d’Oro per il suo delicato “Still Human”.
“Montages of a Modern Motherhood”, racconta con taglio quasi documentaristico la storia di Jing,  una neomamma (interpretata magistralmente da Hedwig Tam) che scivola inesorabilmente nel baratro della depressione, combattuta tra il desiderio di essere una buona madre per la figlia neonata e il desiderio di mantenere un lavoro (che ama) e un’identità propria, personale e  unica, al di fuori di quella di madre e moglie. Ispirandosi in parte alla propria esperienza personale e ai racconti di altre madri come lei, Chan realizza un ritratto spietato della Hong Kong del XXI secolo, in cui le donne rischiano di rimanere intrappolate tra dure realtà economiche e tradizioni antiquate ancora più oppressive.

La sala ci è sembrata dividersi tra chi ha empatizzato con l’esasperazione di Jing e chi non ha saputo leggere il grado di disperazione di questa mamma… ma, in fondo, non facciamo ancora tanta resistenza anche in Italia a riconoscere le esigenze e i diritti delle donne che decidono di diventare madri ma non vogliono rinunciare al resto della loro vita?

Un festival in piena salute

Negli ultimi 3 anni i numeri del FEFF hanno continuato a crescere, segno non soltanto che i fondatori Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche (e tutto il grande team del festival) sanno fare molto bene il loro lavoro, ma soprattutto che la qualità dei film proposti riesce ad attrarre ogni anno sempre più spettatori.

Non ci resta che aspettare l’anno prossimo!

 

Articolo a cura di Arianna Acciarino
e Domenico Spampinato

 

Immagine di copertina © 2025 Alice BL Durigatto – per concessione del Far East Film Festival

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