Venezuela, la frontiera della vergogna
Maduro combatte il contrabbando: in Venezuela confine chiuso e stato di emergenza. Migliaia di colombiani vivono il dramma del rimpatrio
di Sara Gullace
La tensione politica tra Colombia e Venezuela si è trasformata in crisi umanitaria. Il confine sud tra i due Paesi è, da due settimane, scenario del dramma dei colombiani deportati: 1500 “irregolari” (dati di Migrazione Colombia) prelevati dai territori venezuelani e ricondotti forzatamente in patria.
Durante l’operazione sono stati denunciati maltrattamenti verbali e fisici, decine di famiglie disgregate, colombiani installati in Venezuela da lungo tempo, anche da trent’anni, che si sono ritrovati rimpatriati in poche ore. Senza più una casa, senza il proprio lavoro. In questo stato di tensione generale, 15 mila persone hanno spontaneamente scelto di rientrare prima di subire un atto di forza.
Motivo di questa presa di posizione da parte di Nicolás Maduro, il ferimento di tre militari venezuelani durante una retata per il contrabbando di benzina a prodotti locali nel paese andino di Sant’Antonio di Tachira, giusto al confine meridionale con la Colombia, lo scorso 19 Agosto.
Per Caracas, l’assalto era stato un’imboscata da parte dei paramilitari colombiani e, in meno di 24 ore, il giorno seguente, aveva dichiarato la chiusura della frontiera (inizialmente in modo temporaneo, per 72 ore). Si parla di 100 km sugli oltre 2 mila condivisi. In seguito, aveva sollecitato il supporto del governo colombiano in nome degli accordi presi, giusto un anno fa, durante il vertice a due di Cartagena delle Indie per la lotta al contrabbando.
Alla chiusura della frontiera ha velocemente fatto seguito un processo di vera e propria deportazione dei colombiani in territorio venezuelano dovuto allo Stato di Emergenza dichiarato da Maduro per il confine meridionale, quasi 2 chilometri e mezzo di territorio. 3000 militari inviati con il mandato di rimpatriare gli irregolari in Colombia, perseguire narcotrafficanti e contrabbandisti oltre che, chiaramente, individuare i colpevoli dell’ultimo assalto. “Ristabilire la cooperazione nel nostro amato confine”: con queste parole Maduro ha motivato la seconda drastica scelta presa nel giro di tre giorni.
La prima reazione di Juan Manuel Santos, Presidente colombiano, era stata blanda e diplomatica. Aveva fatto appello alla cooperazione tra le parti e al rispetto per i diritti civili degli abitanti. Atteggiamento che lo aveva condannato a non poche critiche interne. Constatato l’aggravarsi della situazione e l’intransigenza della posizione di Maduro, ha dovuto irrigidire anche la sua postura: “E’ fuori dal mondo pensare che i problemi del Venezuela derivino dagli immigrati colombiani. Assurdo – ha continuato – credere che si complotti e si tendano imboscate alle azioni anti criminali venezuelane”.
Molto critico anche verso la decisione dell’Organizzazione degli Stati Americani ,che ha deciso di non affrontare l’argomento a livello plenario: “Più dei diritti umanitari hanno prevalso ideologie politiche e interessi economici”, il suo freddo commento. Anche a seguito della presenza sul posto, domenica, di Luis Almagro, Segretario dell’OEA, l’Organizzazione non si è sbilanciata: nonostante abbia rilevato una “condizione umanitaria penosa”, stando alle stesse parole del delegato, si sollecita ancora il dialogo da entrambe le parti, facendo appello alla “dimensione umanitaria e umana di Maduro”. Dimensione, in questo momento, molto difficile da individuare.
Isolato, dallo scorso lunedì Santos ha deciso di passare al contrattacco: la consigliera Holgun ha presenziato alle maggiori istituzioni internazionali per denunciare la violazione di diritti umani causata dallo stato di emergenza di Maduro. Cominciando per l’Onu per i Rifugiati e per l’Organizzazione Internazionale Migrazioni. Oggi stesso la Holgun incontrerà il Segretario Generale Onu, Ban Ki-moon, a New York.
Secondo fonti del governo venezuelano, i colombiani residenti nel Paese sono 5 milioni e mezzo e solamente nel 2015 sono state oltre 120 mila i nuovi arrivi. Migranti da povertà e violenza che cercano soluzioni di sopravvivenza oltre confine: per Maduro, soluzioni che si traducono, il più delle volte, con atti di criminalità e malavita.
Stando alla versione del Governo, il Venezuela sta accogliendo i fuggitivi reduci dal Piano di Liberazione, azione di sicurezza che i militari e la polizia colombiani hanno avviato per debellare bande organizzate e paramilitari sul proprio territorio. Mafia e narcotraffico sarebbero, quindi, problemi acquisiti oltre confine. Mentre le quantità fornite dagli organi governativi colombiani sono, in risposta, ben diverse: Migrazione parla di 315 mila colombiani che, nel 2015, hanno attraversato il confine e di 307 mila che hanno fatto ritorno a casa. Turismo nella maggioranza dei casi, quindi.
In tutto ciò, il prossimo 25 Ottobre la Colombia vota per le regionali mentre ad inizio Dicembre Maduro ed il Venezuela affronteranno le Parlamentari. Per molti analisti internazionali la crisi della frontiera sarebbe fumo negli occhi per l’elettore di due paesi in forte difficoltà socio-economica.