Climate change, il cambiamento riparte dall’Europa?
Italia e Unione europea parteciperanno ai vertici di New York e Lima che possono rilanciare a livello globale la sfida del rapporto tra sostenibilità e crescita occupazionale
Dopo la sostanziale assenza dell’Italia agli appuntamenti più rilevanti sul clima a livello globale, Matteo Renzi rappresenterà il nostro Paese e la Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea al Climate Summit organizzato dall’Onu a New York per il 23 settembre. Più che una passerella tra i leader mondiali, l’appuntamento delle Nazioni Unite rappresenta il primo vero banco di prova per le ambizioni di chi aspira a ri-orientare il dibattito sull’ambiente in Europa in chiave di crescita verde e occupazione.
L’ambizioso programma della Presidenza di turno, che si concentra inoltre su qualità dell’aria e alimentazione sostenibile, non si è ancora tradotto in priorità politiche per un’Europa che si trova a finalizzare i suoi obiettivi climatici ed energetici per il 2030 nel momento in cui il dibattito globale sul clima entra nel vivo con la COP 20 di Lima e l’appuntamento successivo di Parigi.
Sono però tanti gli indicatori che riaffermano la necessità di legare il contrasto alle emissioni di CO2 a nuove misure di promozione dell’occupazione nel settore della sostenibilità. La rinnovata centralità delle città tra i campi prioritari d’azione per contrastare il cambiamento climatico suggerisce che buona parte dei 90 trilioni di dollari da investire in infrastrutture nei prossimi quindici anni produrranno proprio nei contesti urbani buona parte dei loro effetti.
L’Unione europea non manca di buone esperienze e approcci positivi in materia di sviluppo urbano per prendere la guida di un nuovo corso delle politiche globali contro il cambiamento climatico, basato su maggiori investimenti nei trasporti pubblici, nell’efficienza energetica e nella produzione di energia da fonti rinnovabili.
Tutto questo è ancora però poco presente nella strategia europea in vista dei prossimi negoziati globali sul clima e proprio su questo Renzi, ancora legato a doppio filo alla sua esperienza di sindaco, ha la possibilità di dare un’impronta mediterranea e urbana alla posizione dell’Unione europea.
Mentre la Germania si è concentrata soprattutto sulla produzione energetica da fonti rinnovabili, investendo 100 miliardi di euro all’anno fino al 2020 per iniziative climate-friendly, l’Italia può sfruttare l’occasione del semestre europeo per impostare la strategia UE sul clima su elementi come la qualità della vita e cooperazione urbana. Ciò contribuirà a fissare nel prossimo accordo globale obiettivi di riduzione delle emissioni più realistici e in linea con le esigenze dei sempre più numerosi residenti urbani, attivando meccanismi di crescita e creazione di lavoro sul piano locale nel campo della green economy.
L’Europa è il campo in cui Renzi può tradurre dalle parole alla pratica molte delle parole d’ordine ripetute negli ultimi mesi, dimostrando che il contrasto al cambiamento climatico non rappresenta solo un costo aggiuntivo ma un utile complemento alle strategie di crescita. Guardando al resto del mondo e sul lungo periodo, come impongono gli accordi globali sul clima.