Libertà di stampa: l'Italia guadagna qualche posizione
Il “world press freedom index” di Reporter sans frontieres promuove l’Italia. Nove punti in più rispetto al 2013, merito di un contraddittorio decreto anti-diffamazione che di fatto non ancora stato approvato
di Guglielmo Sano
La libertà di stampa in Italia è migliorata: a stabilirlo è il “world press freedom index” del 2014 di Reporters sans frontieres (RSF), osservatorio non governativo internazionale con sede a Parigi. L’Italia guadagna 9 punti rispetto al 2013, attestandosi al 49esimo posto su 180 paesi: rappresenta così l’unica nota positiva dello scenario europeo meridionale.
Secondo il rapporto, l’Italia è uscita da una rischiosa “spirale negativa” – l’anno scorso il rapporto criticava le diverse “leggi bavaglio” promosse dalle istituzioni a partire dal 2011 – e finalmente “sta preparando una legge incoraggiante per depenalizzare la diffamazione a mezzo stampa” – altro parametro essenziale indicato lo scorso per “promuovere” la libertà di stampa italiana, per diversi motivi ritenuta “a rischio”.
In realtà l’iter del decreto che riformerà il reato di “diffamazione a mezzo stampa” è ancora in corso: secondo RSF rappresenta un segnale importante, ma non è ancora detto che la legge andrà in porto. Qualora il suo percorso dovesse andare a buon fine, i giornalisti condannati per diffamazione non più la detenzione saranno puniti soltanto con una sanzione pecuniaria – mentre con la legge attuale si rischiano dai sei mesi ai tre anni.
Il testo del dl precisa che in caso di erronea attribuzione di un determinato fatto il giornalista verrà punito con una multa dai 5 ai 10mila euro. Se il fatto attribuito è falso, la multa può salire fino ai 60mila euro e in ogni caso non potrà essere inferiore ai 20mila euro – attualmente le multe non possono salire sopra i 50mila euro. In caso di condanna è associata la pubblicazione della sentenza, se il condannato è anche recidivo può scattare l’interdizione dalla professione da 1 a 6 mesi. Inoltre vigerà l’obbligo di pubblicare la rettifica della persona offesa, ma senza commento e risposta.
Forse un po’ troppo generosi con l’Italia, quelli di RSF. L’abolizione dellla pena detentiva è indubbiamente una grossa conquista per quei cronisti e direttori responsabili che, spesse volte, non pubblicano una notizia per mancanza di fondi destinati alla copertura legale – pensate a quante querele e denunce può andare incontro un cronista giudiziario. Tuttavia il rapporto non tiene conto delle contraddizioni del ddl.
Con la nuova legge, infatti, una persona condannata può far pubblicare un suo testo dove dice di non essere mai stata condannata senza lasciare replica alcuna al giornalista – oggi invece gli è consentito, quale commento al testo pubblicato. Il decreto si limita inoltre a sancire una sanzione pecuniaria per i cronisti, senza che vi siano garantiti opportuni provvedimenti deterrenti nei confronti delle cause intimidatorie ai danni degli stessi.
La “promozione” dell’Italia nel rapporto di RSF, dunque, trova le sue motivazioni nella classifica stessa: ci troviamo al 49esimo posto, un gradino sotto il Niger e uno sopra Taiwan. Insomma: c’è ancora molta strada da fare per risalire il “world press freedom index” – in compenso abbiamo guadagnato otto posizioni rispetto al 2013, mentre nel 2012 eravamo addirittura al 61esimo posto.
“Primi della classe”, ancora una volta, i paesi del Nord Europa – il podio è occupato da Finlandia, Olanda e Norvegia. La Francia invece scende di una posizione (39esimo posto) a causa del cosiddetto “watergate francese”: lo scandalo ha avuto come protagonista la ricca signora Liliane Bettencourt. La titolare dell’impero L’Oreal, oggi novantenne, soffre di frequenti disturbi alla memoria: lo staff dell’ex presidente Nicolas Sarkozy è stato accusato nel marzo 2012 per “circonvenzione di incapace”. Il caso stato seguito in particolare dalle testate Le Point e Mediapart, poi costrette a togliere dai propri siti delle intercettazioni che avrebbero messo in difficoltà Sarkozy.
Scende anche la Gran Bretagna, che scivola al 33esimo posto a causa delle pressioni nei confronti del quotidiano The Guardian – autore dello scoop riguardante le dichiarazioni di Eduard Snowden e il “datagate”. Per questioni analoghe scendono anche gli Usa: 13 posizioni in meno a causa degli interventi sui giornali che riportavano le dichiarazioni di Snowden e che si sono occupati del caso Wikileaks. Per Lucie Morillon, direttore del Polo Ricerche di RSF, “la discesa in classifica di molte democrazie è dovuto a un erroneo e troppo ampio concetto di protezione della sicurezza nazionale”.
Russia stabilmente nella parte bassa della classifica, malissimo anche la Grecia che scende di 14 posizioni (99esimo posto). È la Repubblica Centraficana, teatro di un violento conflitto, a perdere più posizioni (43, per la precisione) attestandosi al 109esimo posto. La Siria è stata collocata al 177esimo posto – 130 operatori dell’informazione vi hanno perso la vita tra il Marzo 2011 e il Settembre 2013. Peggio di lei solo Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea.
Una risposta
[…] a qualche anno fa, sembra proprio che i tempi siano cambiati: l’Italia incassa una promozione nella classifica della libertà di stampa di “Reporters sans fro…possiamo dire risolti i nostri “sensi di colpa”, possiamo annunciare che questo paese è […]