Donne e violenze: il 25 novembre una giornata di solidarietà
Lunedì 25 novembre la Giornata nazionale contro la violenza sulle donne. In tutta Italia incontri e dibattiti per parlare di uno dei mali dei nostri giorni. Ne abbiamo parlato con la scrittrice Ilaria Guidantoni, che parteciperà alla presentazione dell’antologia “Chiamarlo amore non si può”
di Graziano Rossi
su Twitter @grazianorossi
Il 25 novembre sarà la Giornata nazionale contro la violenza sulle donne. Tra i tanti eventi organizzati in Italia, a Milano ci sarà un incontro organizzato per dire ‘no’ ai soprusi subiti dalle persone di sesso femminile. In che modo si sta avvicinando a questa giornata, alla quale prenderà parte in prima persona?
Da scrittrice, con la parola e la narrazione, nella convinzione che raccontare storie aiuti a far arrivare i messaggi in modo più efficace perché fa leva sulle emozioni e coinvolge l’inconscio. Tra il 25 e il 27 parteciperò a diversi eventi, sia per la presentazione romana di un nuovo libro per il quale ho scritto un racconto e la Giornata contro la violenza sulle donne interverrò anche ad un incontro promosso dall’Associazione Culturale Gli Utopisti – nella sede dell’UGL, unico sindacato ad aver risposto all’appello – dove saranno proiettati dei corti sul tema della violenza. Tra l’altro ci sarà anche un corto dedicato ad una mia poesia, “La sopravvissuta”, dalla raccolta “Prima che Sia Buio”, proprio perché credo che unire le arti consenta di moltiplicare l’effetto con una lettura a più livelli. La mia partecipazione sarà rivolta soprattutto agli uomini perché imparino a conoscere, rispettare ed accogliere il femminile, a cominciare da quella parte che è in loro e quel giorno sarà per me una tappa del lavoro che sto conducendo sul tema della donna nel Mediterraneo.
“Chiamarlo Amore non si può” è il titolo dell’antologia pubblicata dalla casa editrice Mammeonline, all’interno della quale ci sarà anche un suo racconto, “Chéhérazade non abita qui”. Chi rappresenta questo personaggio?
La donna che usa la propria parte di femminilità più profonda, la parola, intesa come dimensione ampia di affettività, comunicazione, fisicità – perché è voce – e spiritualità, perché è ascolto e pensiero per sedurre nel senso etimologico del termine. È colei che è capace di ‘convertire’ l’altro, incontrandolo nel profondo e creando una comunione di anime, giocando con la propria femminilità per farne uno strumento di conoscenza, amore e pace e non al servizio del maschile. È in qualche modo il simbolo di chi sa unire anima e corpo, quindi parola, dove c’è insito il valore del parlare, proporre ma anche dell’ascoltare e dell’accogliere, secondo la duplice radice del lògos. È inoltre il simbolo di una battaglia che non diventa una guerra, un’opposizione ma un cammino dialettico, di pazienza e tenacia, fantasia e gioco ad un tempo. Infine è un messaggio per gli intellettuali che lavorano con la parola, per evidenziare la responsabilità e la forza del narrare.
I ricavi della vendita dell’antologia saranno devoluti all’Aidos, l’associazione italiana donne per lo sviluppo. A proposito di sviluppo, secondo lei c’è bisogno di maggiore prevenzione ed educazione per ragazze e donne adulte per imparare a non cadere nella spirale della violenza, sia fisica che mentale?
In alcune culture c’è ancora la necessità di informazione, quindi di una presa di coscienza ed esercizio dei propri diritti. In altre, cosiddette più evolute, la prevenzione è un’operazione diversa ma altrettanto importante, la rieducazione al valore della relazione tra persone e non tra ruoli funzionali. Credo che a tal proposito ci sia una doppia necessità, rispettivamente, di educazione morale – del rispetto verso sé stessi, verso la vita e nel pensare che ogni uomo è sempre un fine e mai un mezzo – e psicologica. Molte relazioni, a partire da quella di ognuno con sé stesso, sono prima che immorali malsane. Purtroppo il fenomeno, per la mia modesta consapevolezza ed esperienza di intervistatrice, è trasversale a livello europeo, sia in termini di cultura, capacità di indipendenza economica, appartenenza religiosa e stato sociale. Non è una questione, pertanto, almeno non solo, di possibilità ed opportunità. La realizzazione di un nuovo immaginario collettivo attraverso il mondo delle storie può rappresentare una via per ri-orientare le persone. Naturalmente è importante declinare immagini e suggestioni legandosi alle culture e agli ambienti differenti, come nel caso del Burkina Faso dove il progetto mira a contrastare la pratica diffusa (non musulmana) della mutilazione dei genitali femminili e delle spose bambine. A mio parere, infine, è prioritario lavorare sugli uomini e non in modo unilaterale sulle donne, in considerazione che la dialettica tra vittime e carnefice, fin troppo nota, è sempre in qualche modo circolare.
Nella nostra chiaccherata Ilaria Guidantoni ha parlato anche dei più giovani, che sempre più spesso sono costretti a vivere situazioni da adulto nonostante l’innocenza dell’età: “Vorrei sottolineare lo sforzo dell’editore di Mammeonline, Donatella Caione, nel proporre problemi di attualità come l’immigrazione, l’integrazione tra culture diverse e appunto la violenza di genere a un pubblico di adolescenti che di per sé è una scelta nel senso della prevenzione, scegliendo anche per il mondo del racconto fiabesco, per bambini tra i 6 e i 10 anni, tematiche attinte dall’attualità. In effetti i sogni vanno coltivati attualizzandoli e cercando di interpretarli in chiave moderna perché non si crei una frattura tra il mondo dei principi e principesse e quello che abbiamo sotto gli occhi. O meglio, è importante chiedersi chi sono i principi e le principesse di oggi e naturalmente orchi e streghe. Il narratore ha, a mio parere, una funzione determinante in tal senso nel processo di traduzione e di responsabilità nello smussare discorsi ideologizzati e per questo ghettizzanti”.
L’ha ribloggato su Istituto Iti Imperae ha commentato:
Speriamo serva a qualcosa