(La magnifica) ossessione pompeiana
Ancora una volta torniamo a parlare del sito archeologico più importante d’Italia. Per salvarlo, una “joint venture” culturale che vede coinvolta anche la Germania
di Alessia Signorelli @lasignorelli
Pompei, sito storico vilipeso e amato in equa misura, torna nuovamente alla ribalta. Tra un anno circa, nell’estate del 2014, partirà quello che per ora è “solo” un progetto dalle dimensioni ragguardevoli e dalle intenzioni intelligenti. Si chiama “Pompeii Sustainable Preservation Project” e vede come capofila la Fraunhofer Gesellschaft e la Tecnische Universitaat di Monaco di Baviera in collaborazione con entità del calibro dell’ICCROM, la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei più altri enti, tra Università ed istituzioni.
Il progetto che, proprio a causa delle proporzioni imponenti ed impegnative, trarrà i finanziamenti dal fundraising (il costo stimato è di 10 milioni di euro) anche per garantire trasparenza e immediatezza nell’allocazione dei fondi, si muove secondo uno schema doppio e nobile. Oltre alla volontà di salvare una delle testimonianza più affascinanti della civiltà occidentale, c’è anche quella di formare una nuova generazione di giovani ricercatori, in grado di saper leggere, preservare e divulgare in maniera concreta, il patrimonio artistico, storico e culturale non solo europeo, ma mondiale.
Pompei, quindi, diventerà un “campus” a cielo aperto, con un “piano di studi” suddiviso in tre momenti: formazione sul campo, ricerca e restauro.
A supervisionare il tutto, ci penserà una commissione composta da esperti di calibro internazionale.
Insomma, salviamo Pompei. Come sempre, verrebbe da dire. Ma questa volta, forse, si potrebbero raggiungere finalmente dei risultati che ridiano la dignità a questo tassello di eredità storica che rischia di scivolare sempre di più in un oblio limaccioso e grottesco.
Pompei è una delle aree più critiche e sicuramente più maltrattate d’Italia. Un’enciclopedia fatta di pietre, terra, colori, affreschi e memorie che non si sa più da quale parte aprire. Anni di danneggiamenti non solo “fisici” ma anche concettuali e di gestione hanno reso Pompei una delle (tante) malinconiche vergogne del nostro Paese.
Con l’avvento del Ministro Bray sembra che l’atteggiamento “dormiente” dell’Italia nei confronti del proprio patrimonio di storia e civiltà sia destinato ad essere spazzato via da tutta una serie di iniziative destinate a “ripulire”, a “svecchiare”, a “rimettere in piedi.”
La buona volontà c’è, le iniziative non mancano. E’ tutto il resto che preoccupa, e non poco.
Sicuramente sarebbe un atteggiamento miope vedere quest’avventura “guidata” da due importanti istituzioni tedesche, semplicemente come un sottile e subdolo atto di “colonialismo” nei confronti dell’Italia, come sbagliato sarebbe un processo totale alle intenzioni, visto che il progetto non partirà che l’estate del prossimo anno, come detto all’inizio.
Certo non sarà una passeggiata né, tantomeno, una bella esperienza internazionale. Sarà un lavoro duro su tutti i fronti, primo fra tutti, riuscire a far coincidere e convivere due mentalità – quella italiana e quella tedesca – che, ci piaccia o non ci piaccia, hanno le loro innegabili differenze e divergenze.
Nel frattempo, Pompei rimane lì dov’è, fortunatamente più ostinata di noi tutti, in attesa di un rispetto che da troppo tempo le è dovuto.