Du passi a Kansas City
Zoro e Simone Conte raccontano le loro “cronache tifose di una revolucion complicata”
di Raffaele Meo e Andrea Vignoni
“Succede così che noi, tifosi dela Roma tarmente rotti a ogni emozione da non provanne quasi più, s’arzamo dai divani come non s’arzamo pe un gò ormai da anni. Ed è lì, ar centro esatto der salotto, che co le braccia ar lampadario e le pupille timbrate Sky, se guardamo ebeti e realizzamo: c’ha fatto arzà lo Zio. Grazie Zio.”
Sembra di ascoltare Trilussa che a voce alta compone i suoi tanto amari quanto romantici versi, magari passeggiando al tramonto, lì sul lungotevere. Eppure se il Salustri fosse ancora qui, magari sarebbe abbonato in Tevere, e magari si sarebbe ritrovato a cantare “Grazie Roma” tutte le domeniche assieme a Diego “Zoro” Bianchi e Simone Conte.
Sì, loro sono il vero volto di Kansas City 1927, la ormai popolare pagina facebook che racconta con quella ironia e goliardia tipicamente romana le cronache delle partite dell’AS Roma. Al “Più Libri Più Liberi” c’erano anche loro, non tanto per parlare del loro libro quanto per “farsi du chiacchiere” della loro storia ed esperienza, fino a pochi mesi fa nascosta dall’anonimato.
Ecco allora svelate finalmente le più curiosità più divertenti. La prima domanda è di rito, come è nata questa idea, “ve siete beccati ‘na sera e ve siete inventati ‘sta cosa?”
“Non era sera ma un caldo mattino”, risponde quasi timido Zoro, quando la Roma di nuova e speranzosa gestione americana perdeva mestamente la qualificazione in Europa contro lo Slovan Bratislava. Per chi tifa Roma, non è una gran novità: solite grandi attese solita delusione inflittaci dai primi “peracottari” che calpestano un campo di calcio. L’amarezza è tanta, ma noi si è ormai abituati a riderci su, per colmare con un po’di ironia quel grande “rodimento de cu…” che tanto ci attanaglia. Ed è così, che buttando due righe ciascuno, Diego e Simone hanno creato il fenomeno Kansas City, tanto amato dai romanisti quanto dai tifosi delle altre squadre.
Amato perché tanto assurdo quanto vero, facilmente ci si riconosce in quei tifosi che allo stadio danno vite a delle macchiette favolose, come “embolo”, quello che al 3’ minuto si sgola quasi posseduto, o quello che vorrebbe il triplice fischio dopo ogni rete della “maggica”.
Così nasce la loro ispirazione, da situazioni vere o almeno verosimili, dove a volte sono i dettagli a creare la storia; basta un replay di pochi secondi, un’inquadratura ravvicinata ed ecco lì che il centrocampista giallorosso Pjanic si trova a dialogare innamorato col capitano.
“MAMMA MIA CAPITA’ OGGI ATTACCANTI INSIEME”
“Ma no vabbè è solo ‘na contingenza, poi comunque te fai più er falso treqquartis…”
“OGGI ATTACCANTI INSIEME”
“Ma forse nominalmente, ma poi o sai succedeno tante de quele cose su un campo de cal..”
“ATTACCANTI INSIEME”
“Io ancora non ho capito se tu me ascolti quando parlo, lo sai?”
“INSIEME”
“Sì, sei attaccante, te chiamavano Batistuta vabbè?”
“BATIBATIBATIBATINSIEMEEEEE!”
Ascoltandoli ho come la sensazione di stare insieme ai miei amici, a scherzare e sfotterci sulle nostre rispettive squadre, anche e soprattutto con autoironia, consapevoli che prima o poi tocca a tutti, ma rassegnati e divertiti accettiamo il nostro fato, con una grossa e, al tempo stesso amara, risata.
Insomma, tra una chiacchiera e l’altra, un sorriso e un applauso, “du passi” a Kansas City ce li siamo fatti volentieri.