Alla fiera dell’editoria si parla di cinema
Diaz, dal film al libro-intervista
di Giorgia Braico
L’incontro nella sala Diamante del Palazzo dei Congressi a Roma, che ospita l’annuale fiera della piccola e media editoria Più libri più liberi, ha subito inizio con la proiezione dell’intervista a Ugo Gregoretti in merito al film Diaz – don’t clean up this blood, di Daniele Vicari.
All’evento sono presenti il regista, il produttore Domenico Procacci, e l’autore Boris Sollazzo, che ha curato il volume allegato al dvd del film, da cui è stata estrapolata anche l’intervista sopra citata, nella sezione dedicata agli extra.
Essendo il volumetto composto per lo più da conversazioni sul film, tutto l’incontro verte sul lungometraggio, e Sollazzo fa da “mediatore” ponendo domande alle quali Vicari e Procacci si alternano nelle risposte; spiegano come sia partito il progetto di questo film, incentrato sul famoso massacro avvenuto alla scuola Diaz durante il G8 di Genova nel 2001; nato sull’”onda emotiva” scaturita dopo la sentenza di primo grado del processo, in cui non veniva riconosciuto nessun colpevole.
Quest’ultimo fatto ha causato, allo stesso tempo, anche un primo blocco alla produzione, superato proprio dopo la sentenza di secondo grado, che ha portato ad un primo riconoscimento delle responsabilità di alcuni soggetti appartenenti alle forze dell’ordine.
Secondo Procacci, questo è un film che aiuta ad acquisire una visione dei fatti, soprattutto per chi non ha potuto seguire la vicenda al tempo in cui si è consumata, per limiti di età (si rivolge ai ragazzi, agli studenti di ora) o per altri, diversi,motivi.
In particolar modo, è una di quelle storie che si devono raccontare per non essere ripetute. Il produttore stesso non esclude la possibilità che una cosa del genere possa accadere nuovamente, specie per la mancanza di giustizia che c’è stata riguardo al fatto in questione e, più in generale, con l’assenza del reato di tortura nel codice penale italiano.
Il regista Daniele Vicari, con quest’opera, più che preoccuparsi di illustrare un contenuto politico, ha voluto sottolineare la totale mancanza di rispetto per l’essere umano, messaggio universalmente comprensibile (tanto che alla recente uscita del film nella penisola iberica, la Spagna si è molto riconosciuta nella sua situazione attuale).
Un film moderno, a detta del regista Ettore Scola imparentato, narrativamente, con Rapina a mano armata (1956) di Kubrick, per la visione secondo più punti di vista e versioni, rese possibili grazie a testimonianze, incontri con soggetti sia dentro che fuori la Diaz, e sia che con i ragazzi che con le forze dell’ordine. Questi ultimi, in particolare, interpellati per dare un volto ai soggetti coinvolti, per dare una sorta di “tridimensionalità” al racconto, secondo Vicari.
Un’esperienza molto forte, che traspare visibilmente anche dai volti degli ospiti, mentre raccontano le vicissitudini di questa produzione così importante e non priva di difficoltà. Ci vuole un certo coraggio, oggi in Italia, a trattare filmicamente un tema di questo tipo e a renderlo reale, con bravura ed intelligenza.
Una cronaca perfetta ed esaudiente dell’evento. Perfetta.