Tutankhamon, cronologia di un mito moderno un secolo dopo
Il 4 novembre 1922 spuntava il primo gradino di quella che sarebbe diventata una delle scoperte più importanti dell’egittologia. Ripercorriamo la storia del ritrovamento ad opera dell’archeologo Howard Carter.
Quasi in maniera automatica, qualcuno dice Tutankhamon e la nostra mente corre a recuperare dagli archivi l’immagine di una splendida maschera d’oro, magari insieme a quella di una stanza straripante di insoliti mobili in equilibrio precario e quella di un signore in maniche di camicia che guarda attentamente dentro quello che sembra un armadio.
Quel signore è Howard Carter, la stanza è l’anticamera della tomba KV 62 della Valle dei Re e la maschera uno strumento concepito per preservare per quanto possibile il corpo imbalsamato di un faraone del Nuovo Regno d’Egitto, ovvero quello del terzultimo re della XVIII dinastia. La scoperta di questa tomba si deve al buon lavoro archeologico di Howard Carter e al portafoglio gonfio di lord Carnarvon, che per più di dieci anni lo tenne nel libro paga come direttore degli scavi.
Nel 1922, l’economia del dopoguerra e l’assenza di grandi ritrovamenti nella Valle dei Re, dove stavano scavando dal 1917, fecero sì che lord Carnarvon decidesse di abbandonare definitivamente il suo costoso hobby degli scavi in Egitto. Tuttavia, si lasciò convincere da Carter per proseguire un’ultima campagna di scavi, perché mancava ancora un luogo della Valle dove non erano state condotte ricerche e che sembrava molto promettente.
La perseveranza di Carter venne ricompensata quasi subito: gli scavi iniziarono il 1° novembre 1922 e il giorno 4 comparve il primo gradino di quello che sembrava l’ingresso di una tomba.
Nonostante quello che avrebbe inventato decenni dopo suo nipote per farsi dare le mance dai turisti – mostrava loro una foto del nonno in posa con un pettorale di Tutankhamon – i responsabili del ritrovamento non furono i piedi del bambino che portava loro l’acqua, ma il paziente lavoro di un archeologo con decenni di esperienza e una profonda conoscenza della Valle dei Re.
Dopo aver dissotterrato i primi quattordici gradini ed essere arrivato a un’entrata murata e con i sigilli della necropoli intatti, Carter ricoprì tutto di sabbia e corse a trasmettere la buona notizia a lord Carnarvon, che si trovava in Inghilterra. Due settimane dopo, lui e la figlia erano a Tebe e gli scavi potevano riprendere. Carter dovette però attendere fino al 26 novembre per poter sbirciare attraverso un piccolo buco, dopo aver svuotato il corridoio di accesso e aver trovato un’altra porta chiusa, in quella che poi verrà chiamata “l’anticamera”.
Dopo qualche secondo di muto stupore, lord Carnarvon gli chiese con ansia: “Riesci a vedere qualcosa?”. Al che, secondo quanto riportato nel diario degli scavi, Carter rispose: “Sì, è meraviglioso”.
Sfortunatamente, mentre si rasava il nobile britannico si incise una puntura di zanzara che si infettò e ne causò la morte. Morì nell’aprile 1923, appena 6 mesi dopo la scoperta della tomba, scatenando una tempesta mediatica sotto forma di presunta maledizione. Una fandonia di cui si parla ancora oggi, sebbene la sua inesistenza sia stata ormai dimostrata scientificamente.
La KV 62 è una tomba piccola in confronto a quella di altri faraoni della stessa dinastia. Il corridoio di ingresso (7,67 × 1,66 m) consente l’accesso a “l’anticamera” (7,86 × 3,55 m), che all’estremità sinistra ha un’entrata a una stanza chiamata “l’annesso” (4,3 × 2,6 m) e a destra “la camera sepolcrale” (6,4 × 4,14 m). Questa è l’unica stanza decorata dell’ipogeo e lì si trovano il sarcofago di pietra e i feretri di Tutankhamon.
Da qui, a destra si accede a una stanza nota come “la stanza del tesoro” (4,75 × 3,83 m). In totale appena 110 metri quadrati in cui trovarono spazio quasi 5.400 oggetti di ogni tipo, dalla biancheria del sovrano ai canopi, passando per i giocattoli che aveva da bambino, sedie pieghevoli, carrozze da battaglia, un’infinità di casse con offerte di cibo, archi, bastoni, casse, guanti, statue, lampade….
Come ha fatto l’ipogeo di Tutankhamon a salvarsi dagli effetti del tempo ma, soprattutto, dall’operato dei saccheggiatori di tombe?
Semplice, non l’ha fatto. In realtà la KV 62 è stata saccheggiata in due occasioni. La prima poco dopo essere stata chiusa e la seconda non molto tempo dopo. In entrambi i casi il furto venne scoperto e la tomba richiusa, la seconda volta dopo aver preso i ladri con le mani nel sacco e aver a malapena sistemato il disordine che avevano prodotto all’interno. Nascoste le scale, l’entrata alla tomba cadde nell’oblio e finì coperta da circa un metro di detriti e sabbia. Il migliore camuffamento.
Tutankhamon è stato l’ultimo anelito di quello che si conosce come il periodo amarniano, iniziato quando nel quinto anno del suo regno Amenhotep IV non solo lasciò Tebe insieme alla consorte Nefertiti per trasferirsi in una capitale di nuova costruzione, Amarna, ma cambiò anche nome in Akhenaton e abbandonò il culto ufficiale del dio Amon in favore del dio Aton.
Era il capitolo finale del processo, iniziato durante il regno di suo padre Amenhotep III, di associazione della monarchia al dio sole. Adesso, invece di adorare un dio che si chiamava “il nascosto” si passò ad adorare il disco solare, una divinità che tutti potevano vedere nel cielo. L’esperimento religioso diede i suoi frutti solo nella nuova capitale e tra i membri della corte.
In realtà le persone comuni di tutto il paese, Amarna inclusa, continuarono ad adorare gli dei di tutta la vita. Cosicché quando Akhenaton e Nefertiti morirono, a causa dell’epidemia di peste che colpì il Vicino Oriente, l’eresia morì con loro.
Grazie a controverse analisi del DNA, oggi sappiamo che Tutankhamon era figlio di Akhenaton.
Sappiamo con certezza, invece, che non gli successe immediatamente; prima di lui, per meno di quattro anni, regnò la sorellastra maggiore Meritaton.
Quando morì Nefertiti suo padre la sposò, facendola diventare “grande sposa reale”, posizione di potere che le permise di mettere da parte il fratellastro di quattro anni e salire al trono come erede di suo padre. Fu lei a lasciare Amarna e iniziare il processo di ritorno al culto degli dei tradizionali. Morta la regina per cause sconosciute, alla fine poté salire al trono l’erede maschio di Akhenaton. Aveva solo 8 anni, perciò i poteri che si muovevano nell’ombra sicuramente si espressero in merito.
Nei dieci anni che seguirono proseguì la politica avviata dalla sorella, il che implicò cambiare il suo nome originario di Tutankhaton in quello che oggi è conosciuto in tutto il mondo, Tutankhamon. Pur senza volerlo il corredo del faraone, con pezzi chiaramente riutilizzati sui quali il nome di sua sorella è stato cancellato o che sono decorati con testi al femminile, ci informa di tutti questi cambiamenti.
Dopo aver preso il posto della sorellastra, le forze che sostenevano Tutankhamon si assunsero il compito di negare a questa il titolo di regina governante e restituirle quello di principessa. Il risultato fu che prosciugarono il suo corredo funerario per consegnarlo, per come la vedevano loro, all’erede legittimo.
Senza discendenza – i feti delle due figlie nate morte lo accompagnarono nella tomba -, Tutankhamon morì appena dieci anni dopo essere diventato il sovrano dell’Alto e Basso Egitto. Sfortunatamente, la TAC realizzata sulla sua mummia non è riuscita a identificare la causa della morte, sebbene abbia escluso che sia avvenuta per un colpo a tradimento alla testa. Sappiamo invece che aveva la palatoschisi, un piede torto e l’altro piatto, il che gli avrebbe impedito di camminare con disinvoltura.
I sovrani della dinastia seguente cercarono di cancellare dalla storia tutti i faraoni del periodo amarniano. Tutankhamon incluso, perciò non è stato per nulla semplice arrivare dov’è oggi nell’immaginario mondiale.
In pratica, ha richiesto un’eresia, un’epidemia di peste, diversi sovrani senza figli, il furto di una tomba, la costruzione di un ipogeo, un archeologo senza titolo, un annoiato conte dalla salute cagionevole, un ragazzo che portava l’acqua con un pettorale millenario e una morte sfortunata causata da una maledizione inesistente.
Traduzione di Valentina Cicinelli via elespanol.com/el-cultural
Immagine di copertina via Wikimedia