Il PD è morto
Sonora come una sberla, la sconfitta del PD era nell’aria da tempo, ma analisti e politologi puntavano ad un bacino attorno al 20-21% delle preferenze: il 18 è un vero disastro. Un risultato così negativo non si registrava dal 1948

Matteo Renzi (fonte immagine: lineapress.it)
Certo della ben possibile débâcle del Partito Democratico, il segretario Matteo Renzi durante la scelta dei candidati uninominali ha insistito affinché i ministri del Governo Gentiloni – Presidente de Consiglio verso il quale gli elettori democratici e non avevano espresso maggiore preferenza – si candidassero in collegi dove poter vincere – quantomeno – di misura.
Cronisti politici riferiscono di tensioni sorte tra Renzi ed il ministro Marco Minniti candidato non nella sua Calabria, ma in quel di Pesaro dove è stato battuto dal pentastellato Andrea Cecconi, espulso dal M5S per lo scandalo rimborsopoli, e da Anna Maria Renzoni, che durante la campagna si è vista bene dall’allontanarsi troppo dal raid antisemita.
Umbria e Marche? Le storiche roccaforti della sinistra si sono tinte di giallo, così come buona parte dell’Emilia-Romagna, dove la spuntano i candidati di coalizione Pier Ferdinando Casini e Beatrice Lorenzin (non proprio specchiatissimi uomini di sinistra).

Matteo Salvini e Luigi Di Maio
Tutta colpa della “scissione” di Liberi e Uguali? Potremmo usare questa ragione come foglia di fico, ma, se la matematica non è un’opinione, i voti raccolti da D’Alema e Grasso (bei tonfi nei rispettivi collegi: il primo arriva quarto col 3,9%, idem il secondo che raccoglie il 5,8%) non avrebbero in alcun modo migliorato la situazione.
La lezione data dagli elettori è chiara: no ai partiti sistema, sì a quelli anti-establishment. Salgono, infatti, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, due leader che hanno sì raccolto il malcontento popolare, ma che hanno inoltre veicolato un’immagine di sé prepotente e anti-inciucio.
Nell’elettore italiano, infatti, si era ben radicata la convinzione di esser stato governato nella legislatura uscente da Governi non eletti, illegittimi e più, ancor più di tutto, inaugurati col Patto del Nazareno. Chi furono i firmatari? Renzi e Silvio Berlusconi. Chi, oggi, i più sorprendentemente bocciati? Renzi e Berlusconi.

Elezioni 2018, sconfitta del PD.
Il primo paga – a odor di popolo – il ticket dell’arroganza protagonista nutrita da ben prestanti impeti giovanili che, tuttavia, fanno di lui un politico non del tutto bruciato. Il secondo, invece, è riuscito inverosimilmente ad espandere il verde Lega dai prati padani ai cieli blu di Berlusconi.
Il centrosinistra è sconfitto. Matteo Renzi si è dimesso dalla segreteria, occuperà un seggio in Senato. Al Partito Democratico spetta ora il compito di dedicarsi ad una seria opposizione di Governo e, non da meno, a ricostruire un’immagine di sé duramente compromessa: questa sconfitta segna la fine di un’epoca.