Elezioni regionali, schiaffo dei cittadini alla politica
Circa 6 elettori su 10 hanno scelto di non recarsi alle urne nelle recenti tornate elettorali in Emilia-Romagna e Calabria. I leader dei principali partiti esultano lo stesso
di Marco Assab
Vi ricordate le famose sberle di Bud Spencer? Quelle tra capo e collo per intenderci. Bene, riflettendo sull’astensionismo pari a circa il 60% degli aventi diritto al voto, registrato tra Emilia Romagna e Calabria alle recenti elezioni regionali, sembra proprio di rivedere metaforicamente una di quelle sberle data dai cittadini alla politica; netta, decisa, senza diritto di replica. Le ragioni di questo palese rigetto sono diverse, ma quello che prima di tutto balza all’occhio sono le reazioni a caldo dei principali leader politici.
Twitter, che ormai ha quasi sostituito gli uffici stampa, nella sera di domenica 23 Novembre sforna dichiarazioni piuttosto grottesche. Matteo Salvini esulta: “Il pallone Renzi si sta sgonfiando. La Lega vola, la nostra Comunità cresce ovunque. Pochi amici fra i potenti, tanti Amici fra la gente”.
In questi giorni molti giornali si stanno soffermando sul presunto exploit della Lega. Tale interpretazione lascia però qualche dubbio. Infatti lasciando da parte i voti percentuali, i quali vanno sempre rapportati alla percentuale dei votanti complessivi, se andiamo a fare un raffronto in termini di voti assoluti notiamo che nelle elezioni regionali emiliane del 2010 la Lega ottenne ben 288 mila preferenze contro le attuali 233 mila. Certo dirà qualcuno, ma se paragoniamo questi 233 mila voti ai 116.000 delle europee, il discorso cambia. Sì, cambia, ma di una virgola, perché chi scrive non ha mai creduto al raffronto dei numeri di elezioni diverse: le europee non sono le regionali.
L’altro Matteo, il Presidente del Consiglio, non nasconde la propria soddisfazione cinguettando sulla sua pagina: “Male affluenza, bene risultati: 2-0 netto. 4 regioni su 4 strappate alla dx in 9 mesi. Lega asfalta forza Italia e Grillo. Pd sopra il 40%”. Rincara poi la dose con un affondo ai presunti “chiacchieroni”: “Vittoria netta, bravissimi @sbonaccini e @Oliverio_MarioG Massimo rispetto per chi vuole chiacchierare. Noi nel frattempo cambiamo l’Italia”. Va benissimo cambiare l’Italia, è quello che tutti ci aspettiamo, ma soffermarsi a riflettere sul dato drammatico dell’astensionismo non è “chiacchierare”, bensì preoccuparsi avendone ben donde. Quanto al Pd, in termini di voti assoluti, nel 2010 raccolse in Emilia-Romagna 857 mila preferenze, mentre domenica scorsa si è fermato a 535 mila. Sicuramente meglio in Calabria dove nel 2010 ottenne 162 mila voti contro i recenti 185 mila. Inutile dire che a nostro avviso si tratta di dettagli che non possono e non devono mascherare il vero dato: un astensionismo da far impallidire.
Tralasciando l’evidente sparizione di Forza Italia, soffermiamoci un attimo sul Movimento 5 Stelle. Nel 2010 il candidato alla regione Emilia-Romagna dei pentastellati, Giovanni Favia (poi epurato dal moVimento), raccolse 126 mila voti contro gli odierni 159 mila. Probabilmente è questo dato che ha spinto Beppe Grillo ad affermare che l’astensionismo non ha colpito la sua formazione… Certamente c’è un incremento delle preferenze, ma ancora una volta si ha l’impressione di esser di fronte a virgole che si spostano un po’ di qua e un po’ di la, mentre il grande punto esclamativo è rappresentato dal numero di coloro che non si sono recati alle urne. Perché questo?
Le ragioni sono di diversa natura. La prima sicuramente è da ricercare nei recenti scandali che hanno colpito entrambe le regioni e, più in generale, la maggior parte delle altre. Non serve un laureato in metodologia della ricerca sociale per intuire la profonda avversione, la rabbia, la disillusione, che i cittadini nutrono nei riguardi di coloro che hanno sperperato il denaro pubblico nei modi più incredibili. I giornali hanno raccontato di tutto: cene con caviale e champagne, auto, vacanze, persino un vibratore, oggetto atto allo svolgimento di pratiche sessuali che davvero ben poco ha a che fare con l’amministrazione della cosa pubblica. I cittadini italiani osservano sbigottiti, e l’unico modo che hanno per manifestare tutto il loro sdegno è non andare a votare.
Chi scrive ritiene che il voto sia qualcosa di veramente prezioso. Noi consideriamo la democrazia come qualcosa di scontato, come fosse un dato certo, in realtà è una grande conquista, qualcosa che in molti altri paesi del mondo risulta sconosciuto. Eppure come potremo mai biasimare quelle centinaia di migliaia di cittadini onesti, che versano regolarmente i loro sudatissimi contributi, che credono come noi nel valore della democrazia, ma che osservando questi inaccettabili scandali si sentono profondamente traditi? Possiamo rimproverarli per non essere andati alle urne? In questo caso no. La questione delle cosiddette “spese pazze” si innesta peraltro in un delicatissimo momento sociale ed esconomico e, proprio per questo, risulta ancora più odiosa.
Altra osservazione riguarda invece il caso specifico del Pd. Renzi esulta perché, in fin dei conti, ha vinto queste elezioni regionali. Eppure c’è un calo preoccupante delle preferenze in Emilia. Perché? La risposta è molto semplice. L’Emilia, “regione rossa” per eccellenza, ha da sempre rappresentato un sicuro bacino elettorale per le formazioni politiche della sinistra italiana. Una regione la cui storia si intreccia con quella del movimento di resistenza, un luogo dove il vento spira (quasi) sempre a sinistra… Ebbene non solo il Pd paga gli scandali che hanno travolto la giunta regionale di Vasco Errani, ma l’attuale segretario democratico sconta il suo non essere abbastanza di sinistra agli occhi degli elettori emiliani. Al tema abbiamo dedicato un articolo appena due settimane fa (http://www.ghigliottina.it/2014/11/10/renzi-sogno-americano/), quindi non ci soffermeremo su questa annosa questione.
Diciamo piuttosto che nel Pd, dal momento della sua formazione, sono confluite più anime. Quella con un peso specifico maggiore è stata sicuramente l’anima dell’ex PCI, ovvero la sinistra. I militanti, ossia la base del Partito Democratico, provengono per la maggior parte da questa storia politica. Ed ecco che con la vittoria di Renzi alle primarie (successo garantito dalla partecipazione anche dei non tesserati al partito), si è verificato nel 2014 un tonfo del numero degli iscritti… Cos’è accaduto? È accaduto che buona parte della base ha deciso di lasciare, in evidente contrasto con la nuova leadership. Ora Renzi si trova a fare i conti con l’Emilia, regione che negli anni scorsi non ha mancato di sostenere il Pd di Bersani, proprio perché è fortemente radicata quell’anima di sinistra alla quale abbiamo poc’anzi accennato.
Renzi deve riconquistare questi voti, è una priorità. Fa bene a voler contare su un grande elettorato che spazi in lungo e in largo nel corpo elettorale, solo così potrà fare del Pd un partito di governo, ma dovrebbe ben tenere a mente che un elettorato simile è tremendamente volatile, oggi c’è domani no (Berlusconi docet).
Altra osservazione che vogliamo proporre al lettore è quella relativa al M5S. Probabilmente è vero, come dice Grillo, che il suo movimento ha svolto il ruolo di “calmante”, ossia ha rappresentato un bacino dove canalizzare la rabbia dei cittadini, magari evitando che esplodesse in altre maniere. Però se sposiamo questa tesi la domanda è: cosa accade se i cittadini non votano nemmeno il M5S? La rabbia non scompare, è ancora ben evidente, ebbene: dove potrebbe sfociare? La questione è preoccupante, perché nelle ultime settimane si sono susseguiti episodi di forte tensione sociale, prevalentemente in merito al tema delle occupazioni, ed il rischio che gli scontenti non riescano più a trovare un partito di riferimento è forte. Questo significherebbe non avere più una valvola di sfogo. Questo vorrebbe dire, in parole povere, “facciamo da soli”.
È evidente come che anche il M5S esca piuttosto a bocca asciutta da queste elezioni regionali, e le ragioni sono molteplici: non è piaciuta all’elettorato la gestione relativa ai casi dei cosiddetti “dissidenti”, non è piaciuta nemmeno la politica del NO a tutto.
In definitiva però, se volessimo proprio commentare i dati, è evidente che nel centrodestra siamo di fronte ad una rivoluzione. La Lega ha superato a grandi falcate Forza Italia e, al momento, sembra essere la forza preponderante di quell’area politica. Forse, come osservano in molti, paga il fatto di chiamarsi “Lega Nord”. Se si chiamasse “Lega Italia”, allora forse Il Pd avrebbe qualche grattacapo in più.
Ad ogni modo è necessario che le forze politiche ancora una volta si interroghino sul segnale chiaro e netto che gli elettori hanno manifestato. È necessario un recupero di credibilità. Termine questo che può avere molteplici significati, ma passa soprattutto da una vita: i fatti. Affermava Enrico Berlinguer, storico segretario del Partito comunista italiano: “Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire”. Studino più pagine di storia i leader sopracitati.
(fonte immagine: http://www.catenotempio.eu/)