L’arte ai tempi del Redditometro
Insieme a Redditest, Spesometro e Serpico, potrebbe sancire la perdita di risorse patrimoniali e artistiche per l’Italia. Invidiabili ricchezze con cui si tenta di attirare turisti e risparmiatori, per quanto possibile…gratuitamente
di Valentina Palermi
L’anno del serpente sembra essere iniziato sotto i peggiori auspici per il mondo dell’arte e della cultura. Fin dai primi mesi alle prese con il calo delle sponsorizzazioni da parte delle imprese, del Mecenatismo, e degli investimenti attraverso il partenariato pubblico privato, oltre all’amara notizia dell’abolizione della Settimana della Cultura.
Grazie all’analisi del Professor Fabio Guffanti (docente presso l’Università Cattolica di Milano e la Business School del Sole 24 Ore), seguiamo ora come l’amministrazione finanziaria e gli strumenti attivati nel nostro Paese per la lotta a evasione ed elusione fiscale, rischino di eliminare un altro canale di sostentamento di artisti e galleristi: l’investimento collezionistico.
Il timore che il fenomeno sia in parte alimentato dal commercio nei negozi di antiquariato, nelle case d’aste e nelle gallerie ha reso ancor più complicato “ogni acquisto di un oggetto d’arte, specie se di un certo valore”. Il loro possesso costituirebbe sì un piacere, ma anche “un’arma” contro l’acquirente, che il Fisco potrebbe utilizzare per determinarne in maniera sintetica il reddito a carico.
Messo a punto con nuovi parametri ed elementi, il redditometro, attraverso un’analisi delle manifestazioni di capacità contributiva del cittadino, “considera le spese effettuate dall’esercizio 2009 in avanti”. Tra le categorie, al fine di individuare le incongruenze, il Fisco rivolge maggiore attenzione a “Investimenti” – nei quali rientrano gli oggetti d’arte el’antiquariato – e “Consumi” – che comprendono argenteria, gioielleria e orologi –. “Gli amanti di quadri, opere d’arte e oggetti preziosi devono valutare quanto l’acquisto e la disponibilità di tali beni possa compromettere il loro rapporto e la loro pacifica convivenza con l’Agenzia delle Entrate”. La quale, per prevenire eventuali accertamenti, ha messo a disposizione il redditest, un software che consente ai contribuenti “di verificare da soli la coerenza fra il reddito dichiarato e le spese sostenute”.
Tuttavia, nel caso l’accertamento fosse necessario, “l’onere della prova viene posto a carico del cittadino e non dell’amministrazione finanziaria che ha accertato tale reddito, come in realtà in un Paese civile dovrebbe essere”. Per cui l’acquirente stesso dovrà dimostrare che l’acquisto sia stato finanziato con “somme prese a mutuo, o derivanti da disinvestimenti di altri beni o da una successione o donazione”, quindi con “redditi tassati alla fonte in via definitiva o con redditi o risparmi accumulati in anni precedenti”.
Ma l’integrazione di tali strumenti, supportati da Spesometro (per il quale il venditore – quindi anche l’antiquario, la casa d’aste, il mercante d’arte – è legalmente obbligato a registrare il codice fiscale dell’acquirente e a comunicare i dati dell’acquisto all’Agenzia delle Entrate) e da Serpico (banca dati a disposizione del Fisco, arricchita dei dati dei conti correnti bancari, degli investimenti finanziari e delle operazioni al di sopra dei mille euro, per effetto della Manovra Monti), alimenterebbe la paura di indagini fiscali,“con effetti sui potenziali acquirenti” e non solo.
Se poi aggiungiamo l’aumento dell’IVA al 22% – a partire dal 1° luglio 2013 -, il professor Guffanti rivela come – ironia della sorte – tutto questo“incentiverà il commercio clandestino, l’evasione e il trasferimento all’estero di queste attività”, riducendo all’osso le fonti di sostentamento dell’arte, e decretando la perdita – nemmeno troppo lenta – di quelle risorse culturali – lecite – da sempre ammirate dal Mondo intero.
Per ricordarci della loro esistenza, e attirare non tanto chi l’arte può acquistarla, ma piuttosto continuare ad ammirarla, numerose associazioni, enti e istituzioni non smettono fortunatamente di dare vita a eventi e iniziative (la Festa del Cinema o la Notte dei Museiper citarne due), anche grazie al coinvolgimento di amanti e appassionati dell’arte, professionisti e volontari, come è accaduto negli scorsi mesi in occasione della consueta Giornata FAI di Primavera. O dell’Open House Roma, che ha aperto le porte di circa 100 tra luoghi ed edifici realizzati sul territorio romano, permettendo di visitarli in compagnia degli stessi architetti che li hanno ideati.
Tutto – o quasi – gratuito.
Il crollo dei consumi, da una parte e dall’altra, ha già fatto registrare il 2013 come l’anno peggiore dal secondo dopoguerra. Basterebbe smetterla di augurarci che le previsioni migliorino, e cominciare a favorire un cambio di rotta contro la “banalizzazione” del nostro patrimonio culturale. Per non ritrovarci con un Paese vuoto di arte, oltre che di cervelli, in fuga.