Il Venezuela si prepara al dopo-Chavez
Il fedelissimo del colonnello contro il giovane oppositore del chavismo: Maduro e Capriles si contendono la Presidenza del paese sudamericano
di Guglielmo Sano
Il Venezuela aspetta il prossimo 14 Aprile da parecchio tempo. Hugo Chavez non era più nel pieno delle sue forze sin dall’estate del 2011 e, benché non fosse ancora scomparso, si intuiva che la sua carriera politica sarebbe presto terminata. Anche se la democrazia e l’apparato statale del Venezuela sembrano al sicuro da colpi di mano autoritari o da risvolti politici armati – elemento che già di per sé potrebbe essere considerato come una vittoria, per il paese sudamericano – i venezuelani vivono questi giorni di transizione con nervosismo e trepidazione. La sfida cui l’elettorato è chiamato a partecipare è decisiva per determinare il volto che assumerà uno Stato che nel corso degli anni è divenuto sempre più importante nello scacchiere geopolitico mondiale.
Il fantasma di Chavez si aggira ancora dalle parti di Caracas: il compagno presidente è ancora uno scomodo avversario per gli oppositori degli odierni esponenti del chavismo – questi ultimi nel frattempo lo innalzano nell’Olimpo di Bolivar e Che Guevara, cercando di cavalcarne il mito, tratteggiarne l’icona, farne semplicemente quanto astutamente un simbolo.
Chavez diventa, quindi, l’estrema legittimazione per la corsa al potere di Nicolas Maduro – ministro degli esteri per sei anni da poco anche vicepresidente – che lo stesso comandante ebbe a indicare come suo prescelto successore. L’esponente del fronte anti-chavista che contenderà a Maduro la guida del Venezuela sarà Henrique Capriles Radonski, che nel 2012 venne battuto da Chavez, alle presidenziali, di soli 10 punti percentuali ( Capriles ottenne il 45% dei voti, Chavez il 55%) determinando la “peggior vittoria” dell’”invincibile” colonnello.
Maduro è già presidente del Venezuela, lo è diventato dopo i funerali di Chavez secondo le volontà del colonnello – che era tornato da Cuba esclusivamente per insignirlo del compito di guidare il paese nel caso lui fosse scomparso. La costituzione venezuelana, al suo articolo 233, prevede che nel periodo di transizione pre-elettorale il governo venga affidato al presidente dell’Assemblea Nazionale: in questo caso dunque sarebbe toccato a Diosdado Cabello – chavista vicino alle forze armate e militare anche lui – guidare il paese.
Un’interpretazione favorevole dell’articolo citato ha permesso a Maduro di governare fino ad ora. Sembrava che questo lo avesse reso inviso all’ala militare del chavismo, essendo Maduro un sindacalista e quindi un civile, ma l’allarme sembra rientrato: Maduro ha incassato anche l’appoggio dei militari e del Ministro della Difesa, Diego Molero, oltre che dello stesso Cabello. Si sono impegnati nella campagna elettorale del delfino di Chavez anche tutti gli altri chavisti che avrebbero potuto ambire alla poltrona presidenziale – come il Ministro del Petrolio Rafael Ramirez. Tutti evidentemente convinti che presentare Maduro, il “prescelto”, pagherà alle urne.
Maduro quindi punta a presentarsi come il “figlio” di Chavez, mossa obbligata tra l’altro per il semplice fatto che Maduro non è Chavez: non possiede il suo carisma, non possiede le capacità retoriche del Comandante. Per accattivarsi le fasce più povere del popolo venezuelano, che fecero la fortuna politica di Chavez, Maduro è stato obbligato a scegliere la linea del legame quasi religioso con il compagno presidente, a uniformare il suo programma con quello di Chavez, a enfatizzare l’anti-americanismo e il complottismo.
Capriles, già presidente dello Stato di Miranda che comprende anche parti della Capitale Caracas, da parte sua proverà a combattere una battaglia che, per molti già persa, potrebbe riservargli dello sorprese. Obiettivo primario della sua campagna elettorale è quello di staccare Maduro da Chavez; evidenziando i problemi lasciati dal Colonnello: corruzione, mancanza di materie prime, blackout, garantendo la stessa attenzione per quelle fasce di popolazione su cui si è concentrato il chavismo, determinando tuttavia l’abbandono dell’asse anti-americano in politica estera per spostare il Venezuela di nuovo nell’orbita Usa.