A Roma il Teatro Vittoria intrappolato ne “La tela del ragno”
Un thriller mascherato da commedia, o viceversa, che regala anche una divertente riflessione sull’importanza della verità
di Alessia Carlozzo (@acarlozzo)
Supponiamo che tuo marito, importante dirigente al Ministero degli Esteri, sia fuori in attesa di un ospite importante. Supponiamo che i tre amici in visita nella tua nuova casa di campagna fuori Londra siano al club vicino a cenare. Supponiamo che ti imbatti casualmente in un cadavere in biblioteca. Ecco, cosa faresti?
Ipotizzare situazioni disparate è l’hobby di Clarissa moglie annoiata di Henry e matrigna della piccola Pippa. Eppure di fronte al materializzarsi del suo gioco immaginario entra nel panico. Si calma, respira e fa l’unica cosa logica per lei. No, non chiamare la polizia ma tentare di nascondere il cadavere. Complici gli stessi tre amici prima citati: Sir Rowland, Hugo e Jeremy.
A lavoro finito, si tira tutti un sospiro di sollievo. Niente rovinerà il meeting di Henry e Clarissa si sente più che mai moglie perfetta. Eppure qualcosa cambia. Un campanello e una visita improvvisa: la polizia informata da una telefonata anonima è lì, alla ricerca di un assassino (e di un corpo).
Inizia così “La tela del ragno“, una comedy – thriller firmata dalla regina indiscussa del giallo, che gioca interamente sul concetto di verità. L’abilità nel manipolarla, la difficoltà nel riconoscerla, l’estro della bugia.
E’ il filo conduttore che lega buona parte del secondo atto, dove ascoltiamo divertiti tutti le differenti deposizioni che uno ad uno i protagonisti rilasciano. E’ evidente che qualcosa non torna, ma come ben spiega Sir Rowland a un capo della polizia sempre più spazientito, “Se tre persone raccontassero una storia identica, ecco quello sarebbe un fatto strano” e darebbe adito a veri sospetti.
Tra falsi dettagli, parti mancanti ed evidente tensione emerge e domina la scena la figura di Clarissa che giocando, letteralmente, con gli accadimenti di quella notte crea tre storie differenti da regalare alla polizia, consapevole che tanto “quando racconta la verità” non le crede mai nessuno.
E’ una novella, e più forse comica, Cassandra, condannata a non esser mai creduta dai suoi cari proprio perché troppo incline a cambiare e modificare la verità a suo piacimento. Del resto, come ci tiene ben a precisare, la verità è noiosa e poco divertente.
O più semplicemente, come sottolinea alla fine Sir Rowland all’ispettore “Clarissa l’ha detta la verità è lei che non l’ha saputa riconoscere”. Lui come ironicamente il pragmatico Henry a fine spettacolo, beffando così due volte la giovane moglie.
Una sottotrama psicologica che la Christie inserisce e in cui fa giocare tutti i suoi personaggi fino la fine, intrappolandoli inconsapevolmente in una fitta tela. La verità come mezzo per vivere serenamente e che spesso si contrappone alla necessità di dover mentire in vista di ben altri scopi, come l’irriverente Signora Peake (altro personaggio chiave dell’opera) o semplicemente la voglia di modificare la realtà per sfuggire a una noia quotidiana.
E l’insegnamento finale per il quale le proprie bugie, seppur innocue, comportano per sempre il marchio di inaffidabile bugiardo e la difficoltà di riconoscere in mezzo a un mare di scherzi quell’unica, piccola ed eterna verità.
La Compagnia degli Attori e dei Tecnici torna a cimentarsi con una pièce della Christie dopo il successo riportato nelle passate due stagioni con “Trappola per topi”. Ottima prova per tutto il cast, dove brilla e diverte la presenza di Viviana Toniolo nel ruolo della giardiniera Peake, direttrice artistica dello stesso Teatro Vittoria, con la regia nuovamente di Stefano Messina.
Come per il precedente spettacolo, anche in questo le scenografie curate da Alessandro Chiti sono la degna ciliegina di una splendida performance e una fedele messa in scena e sono sicuramente uno dei punti di forza dell’intero spettacolo. Cast quindi che non delude le aspettative, anzi che regala una performance ancora più appassionata rispetto allo scorso anno, complice un testo che vira spesso sulla commedia incentivando tutti gli attori a una maggior caratterizzazione dei propri personaggi con un movimento inaspettato, un tono di voce differente o una semplice battuta.
Un thriller quindi che regala non solo la classica e rinomata tensione, in questo caso meno avvertita e affilata forse proprio per l’elemento comedy inserito dalla Christie, ma anche dei piacevoli guizzi comici e imprevisti.
Menzione finale per la già citata Viviana Toniolo, con al fianco per la prima volta sulle scene Kataklò (non riveliamo chi è), che regala anche solo con un’andatura da maschiaccio alcuni dei sorrisi più genuini. Il teatro è anche e soprattutto questo: la potenza amplificata di un semplice gesto o di una battuta regalata con generosità agli spettatori.
“La tela del ragno”
Con Viviana Toniolo, Annalisa Di Nola, Stefano Messina, Carlo Lizzani, Roberto Della Casa, Andrea Lolli, Claudia Crisafio, Elisa Di Eusanio, Sebastiano Collae Luca Marianelli.
Roma, Teatro Vittoria fino al 24 marzo
Biglietti: platea 24€ | galleria 18€