Dal K-pop a Squid Game: a Londra in mostra lo “Hallyu”, l’onda coreana
Se state programmando un viaggio a Londra non potete perdere la mostra che il Victoria & Albert Museum dedica alla musica, al cinema e alla moda coreana.
Chi non ha ceduto al ritmo contagioso del ballo del cavallo della canzone Gangnam Style di Psy? Chi non ha guardato con ammirazione il film Parasite o la serie TV Squid Game? E chi non ha ascoltato le canzoni dei BTS, EXO o Black Pink? Ancora, chi non ha provato la K-beauty routine?
Sono tutti prodotti del fenomeno conosciuto come Hallyu, una parola cinese che significa letteralmente “onda coreana”, e che indica la crescita esponenziale e l’influenza della cultura popolare della Corea del Sud in tutto il mondo. Lo scorso 24 settembre il Victoria & Albert Museum di Londra, il primo ad aver acquistato arte coreana e averle dedicato un’esposizione permanente, ha inaugurato una mostra dal titolo “Hallyu! L’onda coreana” (aperta fino al 25 giugno 2023, ndt), che esplora il fascino internazionale della vivace cultura della Corea del Sud attraverso l’innegabile successo delle band K-pop, dei film e delle serie televisive K-Drama e di altri fenomeni culturali, K-fashion e K-beauty inclusi.
«È una mostra storica, la prima nel suo genere», afferma Rosalie Kim, curatrice della mostra insieme a Yoojin Choi. «La Corea del Sud ha conquistato il mondo con Hallyu, la vibrante e creativa cultura popolare che ha trasformato quella che, alla fine degli anni ’50, era l’immagine di un paese devastato dalla guerra in quella, attuale, di una potenza culturale leader nell’epoca dei social network e nell’industria culturale. La mostra muove dalle sue origini, radicate nelle tradizioni coreane, fino al suo posizionamento come nuovo riferimento globale della cultura pop, un fenomeno amplificato a livello mondiale dai social network e dai fan globali».
Nel 2020, solo su Twitter, il fenomeno Hallyu aveva più di 100 milioni di follower; di fatto, non si potrebbe comprendere questa ascesa rapidissima senza considerare internet, dal momento che la Corea è il paese leader nella tecnologia informatica e ha la rete internet più veloce del mondo. Così lo spiega Rosalie Kim: «Hallyu è affascinante per come la tecnologia ha dato vita a un modo diverso di produrre e consumare cultura, per la sinergia tra stato, settori privati e professionisti; per l’impollinazione incrociata tra i suoi diversi settori culturali (drama, pop, cinema, cosmetici, moda e altro ancora) che potenziano l’attrazione reciproca; e per come tutto questo alimenta la crescita del soft power della Corea del Sud».
Joseph Nye dell’Università di Harvard coniò il termine soft power nel 1990 per indicare la capacità dei paesi di rafforzare il proprio potere a livello internazionale tramite la cultura e la lingua, in maniera complementare rispetto al potere economico e militare (hard power). Così gli Stati Uniti, dopo la seconda guerra mondiale, hanno conquistato il mondo a suon di jeans Levi’s, sigarette Marlboro, Coca-Cola, iPhone di Apple…. e la Corea del Sud l’ha sperimentato in prima persona quando nel 1945 si è trovata sotto la tutela statunitense.
#friendsfriday
Have you checked out the new exhibition at the @V_and_A ? Hallyu! The Korean Wave is now open until 25th June 2023. Showcasing the colourful and dynamic popular culture of South Korea.
Find out more https://t.co/o2U6oyIsbT pic.twitter.com/Tq0WXN5BiC— Costume Society UK (@costume_society) January 27, 2023
Cultura come potere
L’onda coreana è iniziata quando il governo coreano ha deciso di riconoscere al settore culturale un potere analogo a quello che in passato veniva riconosciuto al settore automobilistico e all’economia. Con la spinta e la direzione in parte derivata dai finanziamenti costanti e con l’appoggio sistematico del governo della Corea del Sud, il fenomeno culturale Hallyu e la conseguente esportazione dell’industria culturale sono cresciuti esponenzialmente alla fine degli anni Novanta, prima in Asia e poi a livello mondiale.
In merito, Rosalie Kim dice: «Il governo coreano ha corso dei rischi investendo nell’infrastruttura di Internet ad alta velocità e nelle industrie culturali alla fine degli anni Novanta. Internet si espandeva in molte parti del mondo, e il FMI aveva concesso alla Corea un prestito record per salvare il paese dalla bancarotta dopo la crisi finanziaria asiatica del 1997. Nel frattempo, la notizia che gli incassi al botteghino di Jurassic Park avevano superato quelli derivanti dalla vendita di 1 milione e mezzo di automobili Hyundai nel 1994 fece sì che il governo coreano di Kim Dae Jung decidesse di investire nel quadruplicare le esportazioni delle industrie culturali».
La Corea del Sud è in questo momento il paese con il soft power più forte; esporta l’immagine di paese cool e dinamico, il che ha catturato l’immaginazione delle nuove generazioni; la sua industria cinematografica (K-drama) è la quinta al mondo e l’industria musicale (K-pop) la sesta, con una nuova generazione di superstar coreane.
Lo stesso Joe Biden lo scorso maggio ha ricevuto nello studio ovale della casa Bianca il gruppo pop BTS e ha posato con loro facendo il popolare gesto del cuoricino con le dita.
It opened last year, but there's still plenty of time to catch Hallyu: The Korean Wave at @V_and_A. My ⭐⭐⭐⭐⭐ thoughts for @CultureWhisper https://t.co/CLyL2JilMk pic.twitter.com/r5FmnCKe2I
— Tabish Khan (@LondonArtCritic) January 25, 2023
La mostra
La mostra del Victoria & Albert museum, articolata in quattro sezioni tematiche, conta più di 200 oggetti, e riproduzioni immersive del set di Parasite, costumi e oggetti di scena di film e serie TV, abiti di tendenza degli idoli del K-pop e vestiti di alta moda di Tchai Kim, Miss Sohee e Minju Kim, oltre a locandine di K-Drama, fotografie, sculture, video e vecchie pubblicità e loghi, incluso un poster originale dei Giochi olimpici di Seul del 1988 e il primo cosmetico coreano della prima decade del ventesimo secolo. Vengono presentate anche opere d’arte monumentali dei grandi artisti coreani: Nam June Paik, Ham Kyungah e Osang Gwon.
La mostra si apre con un oggetto simbolo dell’Hallyu: la giacca rosa che PSY indossava in Gangnam Style (2012), il cui video musicale fu il primo ad arrivare a un miliardo di visualizzazioni su YouTube, e che divenne un fenomeno globale, ispirando parodie e adattamenti in diversi continenti, anch’essi inclusi in questa sezione introduttiva.
La prima sezione, From Rubble to Smartphones, illustra il contesto storico in cui un paese devastato è passato a essere un leader mondiale. La storia della Corea del ventesimo secolo è segnata dall’occupazione coloniale giapponese, la divisione del territorio che portò alla Guerra di Corea e dai 27 anni successivi di governo militare.
Negli anni Sessanta e Settanta, la Corea del Sud visse una fase di rapida industrializzazione e crescita economica, e il paese venne alla ribalta internazionale nel 1988 con i Giochi olimpici di Seul, che modificarono l’immagine della Corea all’estero.
La storia moderna della Corea è presentata attraverso fotografie, poster e materiale d’archivio, fino ai primi dispositivi elettronici, come il primo lettore MP3 al mondo, e una monumentale videoscultura di Man June Paik, con 33 schermi TV.
La seconda sezione, Spotlighting K-drama and Cinema, si concentra sul ragguardevole successo del K-drama (serie TV) e sul cinema, includendo, tra gli altri, le iconiche tute rosa da guardia e la tuta verde della serie Squid Game di Netflix, e la ricostruzione del banjiha della famiglia Kim di Parasite, il film di Bong Joon-ho che ha vinto l’Oscar.
Sounding K-pop and Fandoms, la terza sezione, è un approfondimento sull’esplosione della musica K-Pop in tutto il mondo, e sottolinea il ruolo centrale dei social network e dei fan del K-Pop. Dalle copertine degli album dei primi gruppi e dal concetto di Idols nel K-Pop, a una scultura alta tre metri del rapper G-Dragon di Osang Gwon, o costumi originali, e nuovi abiti disegnati da celebri creativi dello stile K-Pop, come Geeeun e Balko.
L’ultima sezione, Making K-beauty and Fashion, rivela l’impatto della cultura nelle industrie della moda e dei cosmetici che hanno stabilito nuovi standard estetici e tendenze dentro e fuori dalla Corea. Di fatto, il paese è il terzo più grande esportatore di cosmetici del mondo.
«I cosmetici coreani – nella mostra ne viene presentata l’evoluzione storica, dal XIII secolo fino ai giorni d’oggi con progetti ispirati alla tradizione – combinano formule centenarie con nuovi ingredienti e tecnologia innovativa e con un packaging accattivante», spiega la curatrice Rosalie Kim, che aggiunge: «La bellezza è profondamente radicata nella cultura coreana, e l’utilizzo dei cosmetici risale al periodo dei Tre Regni (57 a. C. – 668 d. C.). Durante la dinastia Joseon (1392-1910) avere un aspetto “adeguato” con particolare riferimento al viso non era percepito come sintomo di vanità, quanto piuttosto come un obbligo morale, esprimeva l’aspetto interiore di una persona, la sua virtù e il suo carattere. A partire da qui, al giorno d’oggi, la cura della pelle è ancora all’avanguardia della bellezza coreana sia per gli uomini sia per le donne».
How to make a Korean lacquer box? 🌺
Watch Korean lacquer master Lee Hyung-Man demonstrate the artistry and skill involved in making a fine Korean lacquerware box.
Visit Hallyu! The Korean Wave to discover more: https://t.co/HF4jqbWOz1 pic.twitter.com/AqzeuRRzqB
— V&A (@V_and_A) December 11, 2022
Una delle principali attrattive della Corea è la convivenza armoniosa del suo millenario patrimonio culturale e delle sue tradizioni con la modernità, che dà vita a una cultura autentica e universale. La moderna moda coreana, la musica, i cosmetici sono in fin dei conti il risultato del concetto di glocal (global + local), ovvero, la fusione della storia moderna “compressa” della Corea e la globalizzazione culturale del XX secolo, il che risulta evidente nel corso della mostra.
Così, la mostra si conclude con una meravigliosa esposizione della rinascita e reinterpretazione dell’hanbok, l’abito tradizionale coreano. Sono esposti più di 20 modelli contemporanei di questo capo d’abbigliamento, in parallelo con la K-fashion caratterizzata dal suo vivace e dinamico stile urban e i suoi vestiti di genere fluido.
«Lo stile giovane ha incoraggiato le persone ad avventurarsi e sperimentare di più nel modo di vestire, combinando alta moda e non, coreana e non coreana, contemporanea e vintage», spiega la curatrice. La rinascita dell’hanbok è il risultato della sua apparizione in sageuk (K-drama di ambientazione storica) in TV, sulle riviste di moda, di nuovi disegni moderni e una crescente fiducia dei giovani nella propria eredità culturale coreana, insieme anche al supporto del governo.
Nel 2006, due K-drama hanno rivoluzionato l’hanbok in TV: Goong, e Hwang Jini, un drama su una famosa gisaeng (donna e artista di corte e “influencer” dell’epoca), che lo hanno riproposto in modo audace, moderno e fresco. Nello stesso anno, riviste di moda come Vogue Korea hanno iniziato a presentare l’hanbok per la prima volta sulle loro pagine stimolando la riflessione e sfidando le convenzioni tradizionali in materia di stile.
Ben presto si è formata una nuova schiera di disegnatori e stilisti di hanbok, con Tchai Kim in testa con il suo cheollik, il vestito oggi onnipresente adottato da molte ragazze coreane. Inoltre, il governo coreano si è accorto di questa tendenza e ha promosso in parallelo l’hanbok, attraverso l’ingresso gratuito ai palazzi reali per chiunque vesta l’hanbok, l’uniforme scolastica di hanbok sussidiato per le scuole secondarie di tutto il paese e la messa in scena di mostre di hanbok e contest. Anche le star del K-pop vestono l’hanbok nei video musicali e nelle presentazioni, facendone così promozione all’estero. Infine, la parola hanbok è stata ufficialmente aggiunta all’Oxford English Dictionary nell’ottobre 2021.
«L’onda coreana o Hallyu non si limita alla cultura popolare, ma all’introduzione nel mercato internazionale di marchi chiaramente coreani, che hanno avuto un impatto significativo sull’immagine nazionale della Corea del Sud e sulla sua crescita fino ad una posizione di rilievo nella comunità internazionale», sottolinea Lawrence Hamilton, direttore di Genesis in Europa, la marca coreana di automobili di lusso che ha patrocinato la mostra. «Con “chiaramente coreana” ci riferiamo alla nostra eredità coreana, che ci insegna a essere umili, a rispettare il nostro lavoro e chi ci ha preceduto, ma anche a essere audaci, a sfidare lo status quo, e che nessun dettaglio è troppo piccolo perché non valga la pena di prestarvi attenzione. Trattiamo tutti i nostri clienti come “son-nim” (‘son’ significa ‘ospite’ e ‘nim’ ‘d’onore’)».
Hallyu è stata una benedizione per la Corea, ha favorito il turismo, la sua produzione industriale e anche lo studio della lingua coreana. Nel 1965, il PIL pro capite della Corea era minore di quello del Ghana; oggi, la Corea del Sud è la dodicesima economia più grande del mondo. Come si sentono i coreani di fronte a questo boom della loro cultura e dell’immagine di paese cool nel mondo? «Provano un misto di timore, sorpresa e orgoglio. Nessuno aveva pensato che la cultura popolare di un piccolo paese con la sua propria lingua potesse essere attraente a livello globale, né che avrebbe sfidato le correnti globali dell’attuale cultura popolare. Alcuni si domandano quanto durerà l’Hallyu o si preoccupano per la mercificazione eccessiva della cultura, mentre altri vedono l’Hallyu come una piattaforma che porterà in alto il profilo delle tradizioni coreane e il patrimonio culturale».
Traduzione di Valentina Cicinelli da elespanol.com/el.cultural
Traduzione titolo originale: “Dal K-pop a Squid Game: Londra si arrende al Hallyu, l’onda coreana che travolge il mondo”
Immagine di copertina via twitter.com/V_and_A