La risposta al cyberbullismo si chiama prevenzione
Foto diffuse senza autorizzazioni, contatti non voluti, offese. Le violenze che colpiscono in rete rappresentano l’allarme sociale su cui si confrontano aziende e istituzioni: le strategie convergono nella prevenzione
di Martina Zaralli
su Twitter @Mart_Zeta
I numeri fanno notizia.
Ma non solo. I numeri fanno (e devono far) riflettere, soprattutto se le cifre si riferiscono a violenze che vengono commesse attraverso la rete, in quella nuova dimensione domestica intrisa nel digitale, oggi ormai prepotentemente affermata.
Secondo lo studio Microsoft Digital Civility Index, pubblicato in occasione del Safer Internet Day dello scorso 7 febbraio, il 65% degli intervistati (adolescenti e adulti in 14 Paesi diversi) è stato vittima di cyberbullismo, dalla diffusione di foto senza autorizzazione ai contatti indesiderati, passando per offese di diversa natura e intensità.
E proprio da Microsoft Italia arriva una nuova proposta per combattere questi fenomeni. Si presenta come un vero e proprio codice di condotta, di educazione civile digitale, per reprimere – ma soprattutto prevenire – situazioni di violenza online. Una realtà sempre più frequente e invasiva nello scenario attuale, come conferma appunto la ricerca dell’azienda di informatica più famosa al mondo.
La proposta mira a coinvolgere scuole, istituzioni, aziende e operatori del web (dal service provider al gestore di forum o community digitali): l’obiettivo è quello di creare un sistema virtuoso che faccia della condivisione delle esperienze il cardine di una nuova sfida educativa.
La complessità delle relazioni deve poggiarsi dunque su due linee direttrici: la trasparenza, per rendere la sicurezza il mainstream delle nuove tecnologie, evidenziando attività lecite e vietate, e la concreta offerta di strumenti online che, in modo semplice, appropriato, facile, siano in grado di rendere possibile la segnalazione di contenuti offensivi. Un punto, questo, che strizza poi l’occhio alla necessità – soprattutto per le aziende – di dotarsi di figure professionali altamente qualificate nel coadiuvare le diverse strategie di tutela.
L’allarme però risuona a più livelli, non essendo un discorso limitato alla Giornata Mondiale per la Sicurezza in Rete. Alla lodevole iniziativa di Microsoft si aggiunga, infatti, sempre nell’ottica della prevenzione, la campagna di sensibilizzazione Una vita da social, promossa dalla Polizia Postale, in collaborazione con il MIUR e con il patrocinio del Garante per l’Infanzia, che vuole responsabilizzare gli utenti più esposti nell’uso cosciente dei contenuti sulle diverse piattaforme di social network.
Il progetto itinerante, partito da Roma il 5 febbraio scorso, tocca diverse città italiane: nell’aula multimediale allestita all’interno di un truck i ragazzi assistono a lezioni sui rischi delle rete, creando un momento di confronto su ciò che oggi, spesso e purtroppo, rappresenta il principale sistema conosciuto dai minori, l’ambiente virtuale.
“Questo deve essere per tutti il tempo della responsabilità”, come scrive la Presidente della Camera Laura Boldrini nella lettera indirizzata al numero uno di Facebook, Mark Zuckerberg, pubblicata ieri su La Repubblica, dicendosi preoccupata per “il dilagare dell’odio nel discorso pubblico”.
Dal punto di vista legislativo il problema, come è noto, è particolarmente sentito e la politica si muove per regolare questo fenomeno che ha tra le sue vittime soprattutto i giovanissimi. Lo scorso 31 gennaio, con 224 sì, il Senato ha approvato il disegno di legge che punta a contrastare il cyberbullismo. Un testo riscritto, rispetto alla versione arrivata dalla Camera, con un focus particolare sui minori, che potranno – ad esempio – chiedere autonomamente al gestore del sito l’oscuramento o la rimozione dell’aggressione online. Ora il testo deve tornare alla Camera, per essere definitivamente approvato e diventare così legge dello Stato.
Prevenire è meglio che curare.