La lenta scomparsa delle coste italiane
Il patrimonio delle coste italiane è sempre più in pericolo, minacciato da cementificazione ed erosione. Oltre il 55% delle coste è stato mangiato dal cemento e il 42% delle spiagge è in erosione. Un fenomeno allarmante che non accenna a diminuire
Le coste italiane, uno dei patrimoni più importanti a livello paesaggistico e turistico, stanno lentamente scomparendo, minacciate da cementificazione ed erosione. Portavoci di questo allarmante fenomeno sono le maggiori associazioni ambientaliste, che da anni monitorano la situazione.
Nel nostro Paese, su 7.465 chilometri di costa, le spiagge (3.950 km) rappresentano il 50% della lunghezza totale. Ebbene, oltre il 55% delle aree costiere è stato trasformato dal cemento. Lo dicono i dati del dossier “Salviamo le coste italiane” di Legambiente sul consumo di suolo costiero, che ha esaminato la costa di gran parte delle regioni italiane che si affacciano sul mare. L’analisi, realizzata su 1.800 chilometri di coste di Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Lazio e Sicilia ha evidenziato delle situazioni particolarmente drammatiche. Sono 160 i chilometri di spiagge scomparsi dal 1985 a oggi. Il record è di Lazio e Abruzzo che hanno perso il 63% del litorale.
Pinete costiere, stagni e foci dei fiumi hanno lasciato spazio a palazzi, ville, alberghi e porti che hanno alterato, in maniera irreversibile, il profilo e il paesaggio del nostro paese, distruggendo biodiversità e patrimonio naturale. Un pezzo fondamentale della nostra economia è stato mangiato dal cemento. I segnali peggiori provengono dalla costa Tirrenica con 120 km cancellati tra il 1988 e il 2011.
La normativa oggi in vigore a salvaguardia delle coste, nota come legge Galasso (Legge 431/85), pone il vincolo di inedificabilità di 300 metri dalla riva di mari e laghi e 150 metri dalle sponde di fiumi e torrenti. Una legge che, purtroppo, non riesce a contenere i fenomeni d’incontrollata e scellerata urbanizzazione. La legge, per essere efficace, secondo gli ambientalisti dovrebbe perlomeno estendere la tutela delle aree costiere sino a 1000 metri dalle linee di battigia.
Tra le conseguenze drammatiche della cementificazione delle coste vi è un altro incontenibile fenomeno: l’erosione. Dai dati del rapporto “Lo Stato di salute dei litorali italiani”, curato da Enzo Pranzini dell’Università di Firenze, 1.661 km di spiagge sono in erosione, pari al 42%. L’indagine condotta nel 2006 con quaranta esperti del Gruppo nazionale per la ricerca sull’ambiente costiero, ha raccolto più di trent’anni di ricerche e, rappresenta ancora oggi, il più esaustivo quadro nazionale sul tema.
Secondo i dati del rapporto il Molise è la prima regione italiana per tassi di erosione costiera (91%), segue la Basilicata con il 78% di spiagge erose, la Puglia con il 65%, l’Abruzzo con il 61% e le Marche e il Lazio, a pari merito, con il 54%. I valori più bassi si registrano in Friuli (13%),Veneto (18%) ed Emilia-Romagna (25%). Le altre regioni si collocano tra il 33% della Liguria e il 43% della Calabria.
Anche Legambiente nel dossier “Spiagge indifese”, presenta lo stato di salute delle coste italiane e, in particolare, dei processi di erosione che minacciano i litorali. Il fenomeno naturale, che dovrebbe pertanto avvenire in maniera graduale, senza turbare gli equilibri dell’ecosistema, è invece amplificato da fattori quali: l’antropizzazione delle coste, la riduzione dell’apporto solido dei fiumi in mare, i cambiamenti climatici e un’inadeguata gestione del problema da parte delle amministrazioni. Le nostre spiagge, dunque, si riducono di mareggiata in mareggiata modificando in maniera irreversibile la morfologia, l’ecosistema e il paesaggio delle coste.
Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, afferma: “Obiettivo delle iniziative sui territori è di tutelare e preservare la natura degli habitat costieri, liberare l’accesso alle spiagge e liberarle dal cemento, avviare una radicale riqualificazione dell’esistente e progettare e realizzare opere di adattamento dell’erosione costiera, a partire dalla salvaguardia dei sistemi dunali, calibrate secondo le precise necessità. Per questo continueremo a impegnarci nel contestare l’errata pianificazione di alcuni progetti di difesa dei litorali e a lavorare per l’adozione di un approccio integrato e complessivo di riqualificazione della costa, come concreta e duratura azione per la tutela delle spiagge”.
La drammaticità della situazione e la sua irreversibilità è confermata dai dati rilevati dall’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che ha definito lo stato di conservazione complessivo degli habitat costieri di interesse comunitario “non soddisfacente per l’86,7%”.
La bellezza delle nostre coste e dei suoi paesaggi è un patrimonio inestimabile per l’Italia e, come tale, andrebbe tutelato e valorizzato. Un patrimonio unico, una risorsa preziosa che non può rischiare di essere “divorata” anno dopo anno ma che, al contrario, l’Italia deve preservare. La salvaguardia del nostro patrimonio naturale e culturale quindi, dovrebbe essere uno degli obiettivi fondamentali delle azioni politiche dello Stato.
W la legge Galasso !! Ma quanti palazzi o ville sono sono stati abbattuti per via della legge?!? Ben pochi!! E, a mio avviso, possiamo dire addio alle spiagge libere perchè con l’esigenza di far cassa..lo Stato non ci penserà troppo a dare più litorale possibile in concessione ai privati togliendo al povero cittadino di godere un proprio bene.È importante che sottolinei il problema come hai ben fatto.