“Basta con questa campagna d’odio”
Mentre continuano le violenze da parte dell’Isis, le comunità islamiche italiane condannano terrorismo e fondamentalismo. Ma come si può trasformare la presa di distanza in una condanna concreta? Ce lo spiega il professor Massimo AbdAllah Cozzolino
Dalla Sicilia al Veneto, aumentano gli incontri, le manifestazioni, le iniziative per rispondere al terrorismo, dissociarsi da ogni forma di violenza e combattere i pregiudizi, facendo conoscere l’Islam. Intanto, in tutta Europa continua la campagna sui social network lanciata a settembre da un gruppo di studenti inglesi con l’hashtag #Notinmyname, per evitare che l’Isis venga identificato con l’Islam.
“Basta con questa campagna d’odio”, dice Kheit Abdelhafid, Imam della moschea di Catania e presidente della Comunità islamica di Sicilia. Una condanna forte e chiara nei confronti dell’Isis, che trova sostegno nelle comunità islamiche in tutta Italia.
“Dobbiamo fare in modo che la nostra condanna diventi concreta e fattiva”, sottolinea il professor Massimo AdbAllah Cozzolino, direttore della Moschea di Piazza Mercato a Napoli e responsabile dell’Associazione culturale Zayd Ibn Thabit.
A Belluno, il 19 ottobre, il professor AbdAllah ha incontrato la comunità islamica e la comunità cristiana, nell’incontro “Dialogo tra le religioni per la convivenza pacifica”, promosso dalle associazioni “Assalam-Pace” e “Annour”, due dei quattro centri culturali islamici a cui fanno riferimento gli oltre mille fedeli musulmani in provincia di Belluno. Insieme a Hassan Lambarki e Ali Lachihab, presidenti delle due associazioni, al parroco, a Sheikh Selim e a Sheikh Agostino Gentile Yasin, ha invitato le comunità islamiche e cristiane a dialogare, confrontarsi e lavorare insieme, per portare un messaggio di pace.
In che modo l’opposizione alla violenza e il no al terrorismo possono diventare una denuncia fattiva e concreta?
Attraverso l’apertura. I musulmani devono essere aperti alla comunità e ai suoi componenti, di qualsiasi fede e religione, aprirsi al mondo esterno, senza nascondersi e correre così il rischio di ghettizzarsi. E’ importante trovare spazi di incontro e di dialogo, e anche luoghi di culto devono risultare aperti a tutti, alle istituzioni, alle forze dell’ordine, favorire le visite di associazioni e scolaresche, per risolvere i dubbi ed eliminare i pregiudizi.
Dobbiamo impegnarci per far conoscere l’Islam e i principi di compassione, misericordia e amore che accomunano la nostra religione ad altre religioni.
Come altre città in Italia e in Europa, anche Belluno ha visto crescere il sospetto e l’islamofobia dopo la morte del giovane Ismar Mesinovic, partito per la Siria insieme a un altro giovane residente in provincia, e morto ad Aleppo a gennaio. Come si può combattere questo atteggiamento?
Questo episodio pone domande precise. E’ necessario trovare forme di condivisione del patrimonio di valori e principi comuni tra comunità religiose diverse e tenere lontane persone che mostrano anche lontanamente simpatia verso forme di violenza e terrorismo.
Anche in questo caso, solo attraverso l’apertura e la disponibilità ad accogliere il prossimo è possibile prendere le distanze dall’estremismo e da comportamenti che non ci appartengono. Un buon rapporto con i media aiuta la comunità a presentarsi.
Il dialogo e la pace si costruiscono insieme e questo incontro si sta svolgendo nei locali della Parrocchia. In che modo le comunità cristiane possono lavorare insieme alle comunità islamiche?
E’ necessario rafforzare la spinta all’accoglienza e alla comprensione, dando spazio a obiettivi comuni, e favorendo il risveglio di Dio nelle coscienze per combattere le forma di esclusione. Credo sia fondamentale richiamarsi al principio evangelico dell’alterità, che ci porta a riconoscere gli altri non come ospiti né stranieri.
Non mi piace l’espressione “diversità”, che implica una categoria di non appartenenza. Preferisco il concetto di alterità, che porta ricchezza: San Francesco era l’Alter Christi.