La rock wave dei Local Natives sommerge la Capitale
Forza emotiva e nuove sperimentazioni per un lunedì esplosivo, di luci e di suoni. La band di Los Angeles torna a Roma per presentare “Hummingbird”. Ad aprire il concerto al BlackOut Rock Club, gli australiani Cloud Control
di Valentina Palermi
su Twitter @ValPalermi
Sotto la pioggia battente di questo lunedì sera improvvisamente freddo, preferiresti forse startene nel caldo della tua auto, oppure nel ventre della tua casa. Ma per scaldarti, forse il modo migliore sarebbe giocare a lasciarti sommergere dalle alte maree delle coste dell’Australia o della California, anziché far caso che quegli scrosci d’acqua sono un acquazzone. E poi correre senza sosta, scoprendo che più si va avanti, più si respira, anziché rimanere senza fiato. Che importa se in realtà diluvia!
Ore, quelle trascorse al BlackOut Rock Club due giorni fa, scandite da pulsioni, da luci accecanti e nebbie avvolgenti, dalla potenza del ritmo e dalla limpidezza dei toni, dall’energia trascendente dagli strumenti. La stessa dei Cloud Control, carica degli spazi immensi e delle alte onde della loro Australia. Già dall’opening act del concerto, con il loro bel mix di atmosfere dreamy e quel tocco di surfy rock, che in un’occasione sembrano inizialmente organizzare l’incontro tra Prisencolinensinainciusol di Celentano e i Franz Ferdinand.
Dagli antipodi giungono all’Olimpo della scena musicale mondiale. Con le dicotomiche sperimentazioni dei Local Natives, asserviti al susseguirsi di sogni realizzati e legami – con l’ex bassista Andy Hamm – spezzati, corpo del nuovo album co-prodotto da Aaron Dessner dei The National. Quelli, insieme agli Arcade Fire, con cui hanno diviso più volte il palco, partendo dal sud degli Stati Uniti portando in giro il loro rock folk, a tratti psych e – sempre per attribuire un etichetta in più – indie.
Poliedrici e intercambiabili, già dalle prime note di “Breakers” questa piccola “orchestra in a row” fa sorprendere di quanta bravura e quanta bellezza ci sia nella semplicità. Taylor Rice (chitarra, voce e basso), Kelcey Ayer (cori, tastiere, percussioni e chitarra), che scambia e condivide gli strumenti con Ryan Hahn – eccetto il mandolino –, Matt Frazier (batteria) e Nik Ewing (basso) raccontano le “World News” attraverso l’armonia delle loro voci e delle movenze dure, precise e all’occorrenza sinuose.
Siamo di fronte a uno di quei gruppi che “fanno crollare i palazzi”, mettendoci in guardia mostrando il “Warning Sign” – bella cover dei Talking Heads –, capace di far tremare il pavimento grazie alla somma di una distesa di “Heavy Feet” agitati sotto di loro, che segnano il tempo alla sorprendente soluzione di continuità del rullio, per poi sfondare il soffitto battendo le mani, da contraltare ai bassi mixati di “Ceilings”, e scappare via a bordo di tanti “Airplanes”, magari verso la “Colombia”. Non una semplice destinazione: stilisticamente, una struggente complessità orchestrale e cori delicati; emotivamente, una lettera d’amore di un figlio – uno dei membri dei Local Natives – ad un genitore – la madre, scomparsa improvvisamente.
Armonie syntetiche e calorose aerofonie che vengono riproposte in “You&I”, primo brano del nuovo lavoro “Hummingbird”. Cupo e forse con una determinata negatività che emerge a livello testuale, come è stato più volte detto dalla critica e confermato dalla band, dando vita ad uno “Sticky Thread”, ma al contempo pregno di tensione vocale e fragilità sentimentale, contrapposta a potenza strumentale e ricchezza evolutiva.
Tuttavia, è impossibile non accorgersi che un sorriso sereno e inaspettato muove i nostri volti, mutandone la forma su “Shape Shifter” ed esaltandosi tra saltelli e timidi head-banging. Tanti soli e altrettanti fasci di luce diffondono una luce calda, come quella che si gode sulle spiagge di Los Angeles e nelle tiepide giornate a Silver Lake. Come sia possibile? “Who Knows Who Cares”. L’importante, stavolta, è lasciarsi trasportare dall’onda.
2 risposte
[…] Un lavoro che gli permette di vantarsi della vittoria di ben cinque premi (tra cui Album of the Year, Best Group, Breakthrough Artist, Best Adult Alternative Release) e li spinge alla volta di importanti festival – Lollapalooza, tanto per dirne uno – in tour come gruppo spalla di artisti come Angus And Julia Stone e Mumford & Sons. Proprio a questi ultimi, forse per il look o ancor di più per le sonorità folk, vengono spesso assimilati, insieme ai conterranei Local Natives. […]
[…] Un lavoro che gli permette di vantarsi della vittoria di ben cinque premi (tra cui Album of the Year, Best Group, Breakthrough Artist, Best Adult Alternative Release) e li spinge alla volta di importanti festival – Lollapalooza, tanto per dirne uno – in tour come gruppo spalla di artisti come Angus And Julia Stone e Mumford & Sons. Proprio a questi ultimi, forse per il look o ancor di più per le sonorità folk, vengono spesso assimilati, insieme ai conterranei Local Natives. […]