Basket NBA: le Conference Finals del bel basket
Indiana sfida Miami, San Antonio gioca contro Memphis: chi vince è l’organizzazione
di Stefano Brienza
@BrienzaStefano
Diventa sempre più stretta la cerchia delle elette che si giocano l’Anello unico tolkeniano messo in palio da questi 2013 NBA Playoffs. Le Semifinali di Conference si sono sviluppate in tutta la propria bellezza, dando responsi chiari su cosa bisogna avere per passare due turni nella Lega più dura del mondo.
È stata la postseason dei Warriors, ragazzini terribili capaci di vincere gara-2 a San Antonio nonostante la botta psicologica di una partita inaugurale impossibile da digerire (+14 a 4′ dalla fine, persa dopo 2 OT), e poi di rischiare la settima: li rivedremo presto. È stata quella dei Bulls, commoventi oltre ogni aggettivo, capaci di far faticare più di una volta gli Heat nonostante l’assenza di tre titolari. Escono fra gli applausi, avendo regalato un Belinelli indimenticabile e lezioni di basket nonostante l’1-4.
Il cuore però non basta, e i playoff sono spietati anche solo con chi è mezza spanna sotto. Un altro trend (forse a sorpresa?) è che la superstar non vince. Durant ed Anthony sono caduti, entrambi favoriti dal seed ma entrambi padroni, al netto, di squadre inferiori a realtà molto più solide ed organizzate come Grizzlies e Pacers.
KD però ha portato la giustificazione da casa, visto che con Westbrook le cose sarebbero state diverse, anche considerando le deboli alternative a roster. I Knicks invece si sono sciolti non appena hanno beccato una serie storta al tiro, favorita dalla difesa e dalla fisicità di Indiana, una squadra di bulldog; per Anthony una serie accettabile, ma senza salire di livello.
Passano squadre ben allenate, che tolta la Miami di Lebron James hanno due caratteristiche comuni: giocano tutte un basket molto collettivista rispetto agli standard NBA, e soprattutto si presentano in campo quasi sempre con due lunghi di ruolo, e questa sì che è una sorpresa. In anni di cambiamenti tattici che portano sempre più ad allargare il campo con quattro esterni, continuano a raggiungere – per di più da sfavorite – le Finali di Conference due squadre come Indiana e Memphis, dal basket quasi europeo.
È un segnale? Lo scopriremo solo vivendo, a partire da queste Finali iniziate ieri sera con la larga vittoria degli Spurs sui Grizzlies. Miami-Indiana avrà luogo a partire da mercoledì.
Western Conference: San Antonio Spurs (2) – Memphis Grizzlies (5)
I Memphis Grizzlies hanno già battuto ogni record di franchigia quest’anno: dopo le 56 vittorie, arriva il primo terzo turno di sempre e la serie con Oklahoma City è stata vicina al dominio, seppur con l’asterisco Westbrook. La storia recente degli Spurs è un po’ diversa: con questa ennesima cavalcata, nell’era Popovich-Duncan le Finali di Conference sono otto (!), e le giocheranno da favoriti per la prima volta dal 2007, anno dell’ultimo titolo.
La forza di Memphis ormai è nota, sono le due torri Randolph e Gasol, attorno al quale gira tutto l’attacco. Poi hanno forse la miglior difesa della Lega, con tre giocatori nei quintetti difensivi – Conley, Allen ed il DPOY (Defensive Player of the Year) Marc Gasol – ed uno che c’era già finito quattro volte, Tayshaun Prince. Gli Spurs però sono sempre stati abituati ad affrontare le squadre pesanti dell’Ovest (a partire dalle sfide con Shaq), ed hanno un’esperienza unica a questi livelli.
Parker e Ginobili hanno avuto problemi nelle semifinali, sia di stampo fisico che per tenere Curry, ma Green e Leonard sono al top del rendimento e Duncan è sempre meglio averlo dalla propria parte. Sarà una serie per amanti del basket: quello fisico, tattico, spesso bello da vedere per pulizia ed armonia. Passerà, paradossalmente, chi farà giocare peggio l’avversario.
Eastern Conference: Miami Heat (1) – Indiana Pacers (3)
Continua la marcia degli Heat verso il repeat. L’ostacolo ora è fra i più duri, una delle squadre che più ha fatto soffrire quelli della Florida in tre anni di dominio ad Est, in una semifinale dell’anno scorso che avrebbe potuto voler dire il fallimento dell’intero progetto se Lebron non avesse tirato fuori una gara-4 da 40, 18 e 9. Ancora più decisivo per far pendere la bilancia a favore di Miami fu la redenzione di Wade, autore fino a quel momento di una postseason inguardabile, e vero metronomo della serie. Perchè se James ti dà sempre il massimo che si possa chiedere, è il numero 3 – con la sua ormai consueta discontinuità – la variante.
Forse varrà lo stesso quest’anno, con la posta in palio che si alza, ma soprattutto con un’Indiana più concreta e pericolosa, meno naif, non più Cinderella ma contender vera. Anche Vogel, come Hollins ad Ovest, cercherà di abbassare i ritmi ed evitare le 4×4 rossonere, di tendere imboscate tattiche e – perché no – giocare sempre al limite del fallo, soprattutto in casa. Sono dei duri da anni ’90, e hanno l’opportunità per far pesare i propri chili andando da Hibbert e West, soprattutto quando Lebron giocherà da 4.
Miami, ovviamente, è la netta favorita. Posto il rendimento fisso del Chosen One, se Wade gira un paio di viti non si gioca, per quanto Vogel possa fare miracoli, e il discorso si allarga ad Hollins e Popovich. Almeno, stavolta, avremo una serie: ché finora, a Miami, di squadre da playoff nei playoff non ne hanno scorte. Si potrebbero quasi annoiare, e sarebbe il loro peggior errore.