Il destino dei vincenti
Il tira e molla con Monti, l’ambiguo programma del Professore e la paura del Pd
di Samuele Sassu
È un botta e risposta che va avanti da settimane. Tra il Pd e Monti l’avvicinamento al voto è fatto solo di sassi lanciati e mani nascoste. In seguito allo scandalo Mps, gli animi si sono riscaldati. Gli avversari del Pd hanno finalmente trovato nuovo terreno fertile per attaccare chi ancora si trova in vantaggio nei sondaggi. E il Presidente del Consiglio uscente non è da meno.
Da un’analisi delle rispettive campagne elettorali, giunte ormai agli sgoccioli, si può notare un’insolita manovra “a elastico” tra il centro di Monti e la sinistra di Bersani. Avversari, ma non troppo. Amici mai. Futuri alleati nel prossimo governo? Impossibile escluderlo a priori.
La battaglia nell’ultimo periodo si è combattuta sulla Monte Paschi e il solito gioco al più furbo, tutto italiano, in cui più volte sono rimasti invischiati banchieri poco raccomandabili. L’istituto senese, vicino alla sinistra, sta creando non pochi imbarazzi al Pd, nonostante i ripetuti tentativi del suo segretario di tenere ben separati partito e banca.
A punzecchiare per primo è proprio Monti che scrive sui social network: “Per il bene di tutti bisogna tenere i partiti lontani dalle banche”. La replica seccata di Bersani non si fa attendere: “Sono d’accordo dieci volte. Io aggiungo: via i banchieri dai partiti. Così siamo a posto”. Il Professore torna sui suoi passi: “Non ho mai attaccato il Pd sul Monte dei Paschi di Siena e personalmente sono convinto che Bersani non c’entri nulla”.
Un altro siparietto si consuma nel week end appena trascorso. Mario Monti, dall’alto di quell’humor molto britannico, accosta il Pd al vecchio Pci, concedendosi una battuta sull’età anagrafica del partito di Bersani: “È stato fondato nel 1921”. Un modo un po’ irriverente per dire che i democratici non possono offrire una visione nuova quanto quella di Scelta Civica. Questa volta, a rispondere è Matteo Renzi: “Monti deve aver confuso con la sua carta d’identità”.
L’ormai ex-Rottamatore ospita Bersani nella sua Firenze, lo sostiene e insieme impersonano i Pd Brothers: Ray-Ban e cappello nero, in missione per conto dell’Italia, per ricalcare le avventure di John Belushi e Dan Aykroyd nel film-cult del 1980. Il segretario può proseguire la sua corsa verso Palazzo Chigi, protetto alle spalle dall’avversario delle primarie che ricorda a Monti le costanti smentite sulla propria candidatura, spazzate via in pochi istanti per entrare nel ring della politica di tutti i giorni.
Tuttavia, trapela una certa paura da Largo del Nazareno, in questo momento, legata al calo di consensi dell’ultima ora e al recupero di Berlusconi. Non è un caso, infatti, che Massimo D’Alema, in un’intervista al Mattino, affermi: “Al Pd serve una scossa ed è importante ricordare che l’avversario continua a chiamarsi Silvio Berlusconi”. Secondo l’ex presidente, infatti, la candidatura di Monti ha spostato l’attenzione della campagna elettorale in modo inappropriato, poiché il Professore non ha alcuna possibilità di vittoria. Più che altro, D’Alema si augura che Scelta Civica raccolga più voti di Grillo.
Un risultato che sembrerebbe difficile da raggiungere, soprattutto in seguito ad alcune incongruenze che trapelano dall’Agenda Monti. Sembrerebbe, infatti, che tra le linee guida delle politiche del lavoro sia spuntata la necessità di aumentare l’età pensionabile effettiva, “per garantire – si legge – l’equilibrio dei sistemi pensionistici pubblici, nonostante il progressivo invecchiamento del Paese e le ricadute che ciò comporta sul mercato del lavoro”. Affermare tutto questo nel periodo storico segnato dal dramma degli esodati ha lasciato tutti di stucco.
Un giallo che Monti, Ichino e Cazzola tentano di risolvere in fretta e furia. Prima a voce, infine con un comunicato stampa per specificare come si trattasse semplicemente “degli obiettivi indicati dal governo uscente già raggiunti attraverso la recente Riforma Fornero”. Un misunderstanding, secondo i due pilastri riformatori di Scelta Civica che parlano anche di lavoro e della necessità di superare lo Statuto. Il piano: assorbire in un testo unico tutte le norme che regolano il mercato del lavoro. Spiega Ichino: “Le parti sociali dovranno adottare modelli contrattuali meno rigidi e meno costosi e il governo si impegnerà a ridurre il cuneo fiscale”.
Parole che non convincono affatto i democratici, contrari a nuove riforme “mega” ed epocali, per parafrasare Enrico Letta. E guai a mettere mano allo Statuto dei Lavoratori. Bersani, che accoglie l’invito di D’Alema a concentrarsi di più su Berlusconi, si trova tuttavia spiazzato dai progetti del Professore, sempre in considerazione di quell’eventuale alleanza futura.
Al momento, le parti appaiono molto distanti. Monti vuole scrollarsi di dosso l’etichetta del capo di governo che ha solo aumentato le tasse. Ribadisce che quanto fatto in un anno ha salvato l’Italia dal fallimento ed è servito per preparare un grande cambiamento del Paese. In questo quadro, prevede anche una riduzione delle tasse, in futuro. Quando, non è dato saperlo.
Bersani, invece, è colui che più ha da perdere. Succede questo ai “primi in classifica”: debbono combattere su più fronti, incalzati da avversari che tentano il tutto per tutto. Chi per risalire, vedi Berlusconi; chi per ottenere un buon numero di seggi, per presentarsi in Parlamento e magari entrare a far parte del nuovo governo, vedi Monti. È il destino dei vincenti affrontare simili avversità: oggi tocca al Pd.
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