Israele, l’occupazione messa in discussione
Il quotidiano Haaretz – così come diverse altre associazioni e personalità – addossa a Benjamin Netanyahu la responsabilità di quanto sta accadendo. “Stiamo pagando il prezzo per aver messo in gabbia due milioni di persone”, spiega su L’Humanité il giornalista israeliano Gideon Levy.
In Francia c’è chi vorrebbe mettere a tacere tutti coloro che puntano il dito contro la politica di occupazione e di colonizzazione come fattore principale delle violenze a cui stiamo assistendo. Eppure bisognerebbe guardare a cosa sta accadendo in Israele.
L’emozione è certamente forte, ma non da impedire la lungimiranza. Gideon Levy, stimato giornalista israeliano, difficilmente tacciabile di antisemitismo, spiega così a L’Humanité che “sono tutti sotto shock. È una cosa senza precedenti ed è difficile spiegare cosa è successo”. Per lui, “a un livello strategico, è il risultato dell’arroganza di Israele. Credere di poter continuare con l’assedio di Gaza, mettere due milioni di persone in gabbia e non pagarne mai il prezzo… Adesso ne paghiamo il prezzo”.
Va anche oltre, dicendo che l’attacco di sabato ha un solo nesso, una sola ragione: l’occupazione. “Le persone sono sotto assedio. Sono ingabbiate da diciassette anni. E il solo modo che hanno per ricordare al mondo e a Israele il loro problema è attraverso la violenza. Se restano fermi, seduti, nessuno si preoccupa di loro”.
Il quotidiano israeliano Haaretz non va per il sottile. Il suo editoriale, che forse farebbe scandalo in Francia, si intitola semplicemente: “Netanyahu è responsabile di questa guerra fra Israele e Gaza”. Leggiamo poi: “Il primo ministro, vantatosi della sua vasta esperienza politica e della sua insostituibile saggezza in materia di sicurezza, non ha affatto identificato i pericoli verso cui stava consapevolmente conducendo Israele quando ha istituito un governo di annessione ed espropriazione, nominando Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir in posti chiave, e adottando al tempo stesso una politica estera che ignora apertamente l’esistenza e i diritti dei Palestinesi”.
Netanyahu's government is responsible for the ’23 Israel-Gaza debacle https://t.co/VU6pkkATLP
— Haaretz.com (@haaretzcom) October 7, 2023
Il quotidiano non è il solo a denunciare la politica fallimentare di Israele, a scapito dei Palestinesi. L’associazione Breaking the Silence, fondata da ex ufficiali dell’esercito per denunciare le azioni commesse nei territori occupati, si è subito espressa.
Avner Gvaryahu, il direttore dell’organizzazione, sottolinea che “la politica di sicurezza di Israele, da decenni, consiste a gestire il conflitto”. I dirigenti politici e militari parlano di “sicurezza”, di “dissuasione”, di “cambiamento dell’equazione”. Per il responsabile di Breaking the Silence, “sono tutte parole in codice per bombardare la striscia di Gaza e ridurla in poltiglia, sempre giustificate con il bersaglio dei terroristi, ma sempre con gravi perdite civili. Tra un’incursione e l’altra, rendiamo la vita a Gaza impossibile, e poi ci sorprendiamo quando la situazione esplode”.
L’organizzazione Standing Together, che riunisce ebrei e arabi, suggerisce: “Quello che abbiamo visto è il risultato di un governo che insiste nel condurre tutti noi dentro a un vicolo cieco, senza alcuna promessa di un futuro migliore. Abbiamo visto oggi una prova terribile e dolorosa che non c’è modo di ‘gestire’ l’occupazione garantendo al tempo stesso la nostra sicurezza. Poco importa la quantità di fortificazioni che costruiremo, finché la politica che si porta avanti è una politica di guerra, continueremo a pagare con il sangue. Ed è difficile immaginare quanto sangue innocente, di israeliani e palestinesi, sia stato versato oggi”.
Avner Gvaryahu conclude: “L’idea che possiamo ‘gestire il conflitto’ senza mai doverlo risolvere si sbriciola davanti ai nostri occhi. Ha resistito fino a ora perché in pochi hanno osato contestarla. Questi eventi strazianti potrebbero portare a un cambiamento. Devono farlo. Per tutti noi tutti fra il fiume e il mare”. Parole che meritano di essere ascoltate.
Traduzione di Sara Concato via humanite.fr
Immagine di copertina via twitter.com/MSF_Italia
Titolo originale in lingua francese “En Israël, l’occupation en question”