Outdoor education: la “Pace” è fiorita
Prima di prendere forma ogni giardino è come un sogno: si parte con un’idea che poi evolve man mano che si entra in confidenza con le piante.
Le primule aprono i loro petali gialli tra l’erba. Sono i fiori di questa stagione, le prime specie erbacee che fioriscono nei boschi collinari marchigiani, corolle modeste ma belle, sentinelle del primo risveglio. Sembrano dirci: “Se noi riusciamo a fiorire nuovamente, tu che aspetti?”
Gli alberi che circondano il laghetto di Boccafornace a Pievebovigliana, nelle Marche, sono immersi in un silenzio simile alla sospensione che precede le prime battute in un concerto, un silenzio pieno di attesa e di fermento. Un luogo esterno ma chiuso, isolato ma aperto, che accoglie e contiene le voci delle relazioni private e sociali, che si fa custode di speranze e di sogni, che dà parola sia alle generazioni più giovani e veloci sia a quelle anziane legate alle tradizioni.
Lezione all’aria aperta
In questo spazio speciale, ho avuto l’opportunità di vivere insieme a Monica e Lucia, insegnanti della scuola Mons. Luigi Paoletti di Pievetorina, l’esperienza di una lezione all’aria aperta.
Con l’aiuto di Nicola e di Stefano, le alunne e gli alunni hanno piantato semi e bulbi nei teneri solchi appena scavati in modo da formare la parola PAX; un evento locale che diventa universale, così come un seme si trasforma in pianta. Nel seme c’è già tutto: futuro, presente e passato.
Seduti sul prato circostante il laghetto, i ragazzi e le ragazze hanno riflettuto sulle emozioni legate ai gesti di piantare, proteggere, innaffiare e veder crescere una pianta.
Osservo mio padre quando coltiva il suo orto”, “vorrei essere una margherita”, “mi piace aspettare la nascita del germoglio”, “che bello sporcarsi!”, così hanno detto i piccoli giardinieri mangiando i biscotti con l’immagine del cigno, una delle creature che abitano il laghetto.
A prima vista potrebbe sembrare un po’ disordinato ma in realtà questo giardino naturale è frutto di una ricerca continua per ottenere accostamenti cromatici, di forme, di essenze originali.
Perché è importante far uscire i ragazzi dalle aule e portarli all’aperto?
L’esposizione alla luce del giorno regola la produzione di serotonina nel cervello; questo neurotrasmettitore offre un senso di benessere generale, aiuta a stabilizzare l’umore e favorisce l’empatia.
Ha anche un effetto importante su pensiero e comportamento perché riduce l’impulsività.
La luce del sole, l’esercizio fisico e il contatto con la terra svolgono un ruolo centrale nell’effetto rigenerativo del sistema nervoso. Il corpo diventa desiderio di libertà come le primule che, finché fioriranno, non smetteranno di dirci: ho aperto gli occhi e riesco di nuovo a desiderare.
Questa esperienza è in linea con le metodologie didattiche proposte nella sperimentazione dell’Istituto Comprensivo Mons. Luigi Paoletti: si tratta del progetto “Una strategia per rinnovare un Territorio. Sostenibilità ambientale, sociale ed economica in aree montane”, promosso dalle scuole di nove Comuni montani dell’entroterra maceratese che fanno parte del Parco Nazionale dei Monti Sibillini: Castelsantangelo sul Nera, Ussita, Visso, Pieve Torina, Valfornace, Montecavallo, Muccia, Fiastra e Bolognola.
Tra le metodologie didattiche sperimentate negli ultimi anni, sono state privilegiate la didattica laboratoriale, grazie alla quale i ragazzi imparano con maggiore consapevolezza attraverso un fare concreto, e l’Outdoor Education, che con una vasta area di pratiche educative accresce l’apprendimento attivo e facilita la libera espressione degli studenti, attraverso l’eliminazione dei ruoli prestabiliti di studente-insegnante in un contesto che diventa ludico e incorpora nelle fasi di apprendimento tutti e 5 i sensi.
L’importanza della “cura”
Seminare e curare una piantina ci riporta a emozioni preverbali: a volte sentiamo il bisogno di comunicare i sentimenti più profondi senza parole (è risaputo che l’amore che abbiamo per un bebè viene comunicato attraverso il nostro inconscio anche quando il bebè dorme). Frequentando e coltivando un ambiente, si arriva all’interiorizzazione del luogo che si traduce in un paesaggio nella mente, una risorsa interiore che può essere molto preziosa.
Dare e avere
Il senso del dare e dell’avere accompagna tutti i giardinieri: “Se ti prendi cura delle piante, loro contraccambiano”, dicono spesso. Lavorando con le zappette e inalando il profumo della terra fresca, si sciolgono le tensioni, si trova un ritmo, si sta nel qui e ora: trovare un tempo lento non vuol dire fare le cose lentamente. Lavorare-giocare con le mani e con il corpo, senza intermediari con il mondo materiale, produce la sensazione di perdersi, di abbandonare vesti e corazza quotidiani e di diventare altri, come accade ai passeggeri dell’autobus 75 nel racconto di Rodari.
Abbiamo tutti bisogno di nutrire la nostra anima, ma è impossibile trovare tale nutrimenti in questi casermoni di città, senza un filo di verde, senza un albero, un fiore (C. Jung)
Una magnolia per dire grazie
Ho scelto la magnolia perché è una pianta che perde le foglie e mostra il trascorrere del tempo. Lungo il viale che porta al laghetto, le magnolie sono dedicate a persone a cui possiamo essere grati: le insegnanti che accompagnano le nuove generazioni e i nostri cari che ci hanno lasciato in eredità tanta bellezza. Possiamo fare sempre affidamento sul ritorno della primavera e anche la morte non ci separa veramente: questa è la consolazione più duratura che il giardino può offrire.
Articolo a cura della Dott.ssa Laura Salvi, Psicologa
Immagine di copertina via comprensivopievetorina.edu.it