Civati: adesso tutto è “Possibile”

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Lo strappo era più profondo. Il tutto mentre la “sinistra-sinistra” ha dato alla luce un nuovo partito

di Mattia Bagnato

CoPossibileme diceva una nota pubblicità dal forte connotato motivazionale: “Impossible is nothing”. Allora, può accadere che dopo mesi di sprezzati dichiarazioni, finalmente il giorno tanto atteso sia arrivato. Quello in cui la sinistra italiana esce allo scoperto, decidendo di mettere le carte in tavola e rivelare il suo progetto. Un nuovo partito ora è “Possibile”. A lanciarlo ufficialmente è stato, lo scorso 3 giugno, Pippo Civati: il più superbo fra i “rivoltosi” Dem. Questo soggetto politico, dichiarazioni alla mano, dovrebbe essere un’alternativa al Partito Nazione di Matteo Renzi, calamitando le istanze di chi non si sente più rappresentato da un PD troppo centrista, che ha dimenticato le sue origini.

Il dato è tratto – A sinistra c’è fermento, tanto per cambiare. Un’inquietudine che si era manifestata già qualche mese fa, quando Landini aveva deciso di dare vita alla Coalizione sociale. Oggi, però, quella concitazione si è fatta strappo difficile da ricucire. Una spaccatura che in quel caldo pomeriggio livornese avrebbe dovuto far riflettere. Infatti, quello a cui si è assistito in Liguria è solo l’ultimo passaggio, obbligato, di una narrazione che solo lì poteva condurre. Tutta questione di scelte sbagliate, ma soprattutto, di una pericolosa riluttanza alla moderazione. Ognuno dritto per la sua strada, mentre il centro-destra capitanato dal “delfino” Toti sbaraglia ogni previsione.

C’è un re, c’è un re che non vuol vedere – Questa, però, è storia vecchia. Quella attuale, invece, parla di un leader, Matteo Renzi, troppo preoccupato dall’astensionismo per rendersi conto che il “suo” partito perde i pezzi. Troppo orgoglioso Matteo “il rottamatore”, troppo sicuro di sé. Un’arroganza che gli ha fatto perdere quella regione, croce e delizia, da sempre roccaforte di una sinistra che, evidentemente, non c’è più. Il sentore di questo cambio di rotta sembra essere tutte quelle sigle nate a manca del PD e che da questo sembrano aver tratto, improvvisamente, linfa vitale.

Dalla Spagna con furore – Come quella di Pippo “Che” Civati, appunto. Quel “Possibile” che ora è certezza e con cui, verosimilmente, Renzi dovrà presto o tardi fare i conti. Il progetto è tutt’altro che ultimato, nonostante le dichiarazioni degli interessati. L’unica cosa certa, per ora, sono i 50.000 iscritti e le decine disuccursali” che, in poco meno di un anno, sono nate in tutta Italia. Un effetto domino, germogliato sulle ali dell’entusiasmo scaturito dalla vittoria di Podemos a Madrid e Barcellona. Il deputato brianzolo, però, ci tiene a sottolineare che Possibile sarà un “movimento inedito e diverso dal solito”, non la “trasposizione” del cugino spagnolo emerso con forza nel 2014.

Potere al popolo – Resta, comunque, il fatto che anche il proposito civatiano ruota tutto intorno alla partecipazione dal basso, provando a raccogliere la sfida delle nuove forme di fare politica. Via il vecchio ed elefantiaco sistema partitico e spazio ai cittadini, che sembrano un po’ come il basilico: tutti provano a tirarli in mezzo. Nello specifico, gli obiettivi dichiarati di questo nuovo soggetto politico dovrebbero essere: lotta alla corruzione, alle mafie, il tanto decantato reddito minimo, progressività fiscale in barba alla Flat tax tanto cara a Salvini, la parità salariale tra uomini e donne e, perché no, un po’ di attenzione alle tematiche ambientali, che non guasta mai.

Chi c’è c’è, chi non c’è non c’è – Così, mentre ci si affanna nel tentativo di ritagliarsi il proprio spazio, è già il tempo di darsi una contata. Infatti, tra un ammiccamento a Sel e il tentativo di tendere la mano al “compagno” Landini e alla sua Coalizione sociale, gli schieramenti sembrano già cosa fatta. Rimane, comunque, ancora da capire quale sarà il destino degli altri due “ribelli”: Fassina e Cuperlo. Il primo sembra un’anima in pena, sempre in bilico tra la volontà di rimanere dov’è e la voglia di mollare tutto e scappare. “Gianni”, invece, sembra abbia deciso di chiamarsi fuori. La sua scelta ha il volto dell’ingenuità infantile. Di chi insegue la chimera di cambiare le cose dal di dentro.

La volpe e l’uva – Quel margine di cambiamento che, ogni giorno che passa, sembra sempre più esiguo. Ridotto all’osso da chi crede che la sonora sconfitta ligure sia un complotto dei soliti “sciagurati” per far vincere il centro-destra. Pura follia, verrebbe da dire. O meglio ancora, l’ennesima occasione persa per fare un sano mea culpa. Macché, niente affatto, meglio accusare Pastorino “il traditore” che con il suo 9,41% non avrebbe fatto male nemmeno ad una mosca.

Possibile parte dalla Liguria e non poteva scegliere luogo migliore. Proprio lì, infatti, si sta consumando la più irreversibile delle “rivoluzionipolitiche del centro-sinistra. Il cammino, tuttavia, rimane lungo e tortuoso, come dimostra il nome scelto dagli ispiratori. Infatti, come spesso si dice, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Le stesse intenzioni che dovrebbero, il condizionale è più che mai d’obbligo, lanciare il guanto di sfida in termini di rappresentanza ai vecchi partiti, riportando la politica nelle mani dei cittadini.

Tuttavia i rischi e le perplessità non mancano, a partire dai risultati elettorali, che dovranno essere ben diversi da quel 10% tanto sbandierato. Matteo Renzi, infatti, ci ha visto lungo e questo gli va riconosciuto, perché, con l’Italicum alle porte, Possibile dovrà trovare fedeli alleati se non vorrà morire nella culla. Ecco riproporsi, allora, l’eterno dilemma che da sempre affligge la sinistra italiana e che ha dato alla luce progetti politici validi ma che in termini di voti valevano praticamente zero.

Solo il tempo potrà dire se questa sarà l’ennesimo buco nell’acqua o il tanto atteso volano per la nascita di una sinistra alternativa al deus ex machina Matteo Renzi. Per ora, non rimane che attendere.

(fonte immagine: http://www.lettera43.it/)

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