Unioni Civili, le cose (forse) cambiano
Il testo unico sulle unioni civili ottiene il primo sì in commissione al Senato grazie a PD e M5S. La stepchild adoption fa discutere minoranza dem, Forza Italia e CEI. Ma gli esperti non hanno dubbi: “nessun problema per la salute mentale dei figli”
Qualcosa si muove sul fronte delle unioni civili. Con 14 voti favorevoli, 8 contrari e un astenuto, giovedì 26 marzo la commissione Giustizia del Senato ha dato il via libera al testo unico proposto dalla relatrice Monica Cirinnà (Pd).
Il disegno di legge, fermo al Senato dal 26 giugno 2013, ora dovrà essere calendarizzato, discusso e votato in aula.
E proprio l’aula di Palazzo Madama potrebbe riservare qualche sorpresa. In commissione, infatti, ha visto la luce una maggioranza inedita, composta dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle, che ha definito la proposta dei democratici come un buon punto di partenza.
Giudizio non condiviso da tutti, nella maggioranza come nell’opposizione.
I punti-chiave del ddl. La nuova legge istituisce le unioni civili fra persone dello stesso sesso. Le unioni devono essere iscritte in un apposito registro comunale, alla presenza di due testimoni maggiorenni. Alla nuova famiglia, che potrà scegliere uno dei due cognomi o entrambi, si applicano le stesse disposizioni che il codice civile riserva alle coppie sposate. Vengono riconosciuti diritti di assistenza sanitaria, carceraria, unione o separazione dei beni, subentro nel contratto d’affitto, reversibilità della pensione e doveri previsti per le coppie sposate.
La novità più importante, però, riguarda la cosiddetta stepchild adoption, l’adozione di un bambino che vive con la coppia ma è figlio biologico di un solo genitore.
È proprio questo l’aspetto contestato dai detrattori di ogni colore politico. A partire dall’infaticabile senatore Carlo Giovanardi, che soltanto un paio di mesi fa aveva portato in commissione, in qualità di esperto, il dottor Mario Binasco, autore di un grottesco paragone fra i matrimoni gay e l’Isis e sedicente membro della Ecole Européenne de Psychanalyse, che a sua insaputa ha chiuso nel 2001.
Più contenute, ma non meno problematiche, le reazioni di alcuni senatori democratici. Sono trentacinque, infatti, quelli che già da tempo hanno manifestato le proprie perplessità e che sperano di modificare il testo durante l’esame dell’aula. In particolare Stefano Lepri critica la stepchild adoption: “Siamo sicuri di fare davvero il bene del minore, scrivendo sul suo stato di famiglia figlio di due madri o di due padri? Non sarebbe meglio, ed è quello che proporremo, pensare a un affidamento per il genitore non biologico”?
La relatrice Cirinnà frena, assicurando che in aula il Pd potrà contare su 120 voti democratici a cui si aggiungeranno quelli di una parte di Forza Italia.
E già, proprio fra gli azzurri di Berlusconi serpeggia la discordia sul tema delle unioni civili. Al punto che la deputata Mara Carfagna ha già annunciato la presentazione di un testo a sua firma (molto simile a quello presentato dal Partito democratico), in aperta polemica con quello già depositato al Senato dal senatore Caliendo.
La polemica delle unioni civili ha tenuto banco anche fuori dai palazzi della politica. La Conferenza episcopale italiana ha bocciato il ddl e promesso di “lavorare perché questa proposta non vada avanti”.
Le motivazioni sono divenute ormai un classico: la tutela della famiglia tradizionale e il timore che una famiglia omogenitoriale sia dannosa per un bambino.
La tesi, per quanto ripetuta, non trova conferma nelle numerose ricerche scientifiche. L’American Psychological Association è praticamente unanime nel sostenere che i bambini allevati da coppie dello stesso sesso sono paragonabili, in termini di salute mentale, in tutto e per tutto a quelli allevati da coppie di sesso opposto.
Sulla stessa linea l’American Academy of Pediatrics, che spiega come, “nonostante le disparità di trattamento economico e legale e la stigmatizzazione sociale”, trent’anni di ricerche documentano che l’essere cresciuti da genitori lesbiche e gay non danneggia la salute psicologica dei figli.
Se il ddl arriverà fino in fondo, i diritti delle famiglie arcobaleno saranno finalmente riconosciuti. I figli che perdono il genitore biologico non rischieranno di vedere sgretolato tutto il loro mondo, potranno rimanere a casa propria con chi il ruolo di papà o mamma l’ha guadagnato sul campo.
Ciò che, invece, potrebbe nuocere ai minori è un contesto ostile, un mondo esterno che si impegna a trattarli da diversi, un po’ come accadeva negli anni ’70 ai figli delle coppie divorziate.
Non si tratta di scegliere tra due modelli di famiglia, uno tradizionale e l’altro anticonformista. La lotta è fra due modi di essere società: inclusiva o discriminatoria. Paradossalmente il benessere di questi bambini è nelle mani di migliaia di estranei, più che in quelle dei genitori gay. E in questo caso, per assicurargli un’infanzia serena, una legge non basta.