Roma, la calata dei novelli lanzichenecchi
La Capitale “violentata” da qualche centinaio di disgraziati olandesi. Il citiadino comune assiste attonito a scene di guerriglia urbana e, ancora una volta, a danno ormai avvenuto, scoppiano le polemiche sulle responsabilità e su cosa andava fatto per evitare questo scempio
di Marco Assab
“L’Italia è pronta a combattere nel quadro della legalità internazionale”. Non riusciamo proprio a non riflettere sulle parole del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni alla luce di quanto accaduto nei due giorni di follia olandese (mercoledì e giovedì della scorsa settimana) nel cuore di Roma. E non possiamo non sollevare un legittimo sospetto: a cosa dovrebbe essere pronto un Paese incapace di difendere la propria capitale? A nulla. Meglio forse starsene buoni a casa propria per evitare altre figuracce internazionali e ben più gravi disastri.
Ha dell’incredibile quanto sono riusciti a combinare qualche centinaio di delinquenti olandesi, ubriachi, quindi incapaci di intendere, o forse così barbaramente ignoranti da non riuscire a comprende la sacralità dei luoghi che andavano profanando. Optiamo per la seconda, non se ne offenda nessuno, e se qualche lettore olandese dovesse offendersi non ce ne assumiamo alcuna responsabilità. Ma la rabbia del cittadino italiano, ancora una volta, si rivolge paradossalmente non tanto nei riguardi di questi novelli lanzichenecchi, bensì verso le istituzioni italiane, incapaci di prevenire, intervenire in maniera adeguata, punire severamente.
Nel nostro Paese troppe volte abbiamo visto chiudere la stalla quando i buoi erano già scappati. È una costante. Così come è un classico, dopo un avvenuto disastro, il rimpallo delle responsabilità, il teatrino delle polemiche, che durano il tempo di qualche giorno poi, quando la luce dell’occhio di bue mediatico si sposta, il tutto si insabbia e, soprattutto, nessuno paga, nessuno si dimette, nessuna testa “salta”. Chi sbaglia rimane comunque al suo posto. Già, “chi sbaglia”, ma in queste baraonde politiche è veramente difficile risalire con certezza alle responsabilità di qualcuno. Basta passare in rassegna alcune dichiarazioni.
In un’intervista a La Repubblica il sindaco di Roma, Ignazio Marino, se la prende con questore e prefetto: “Io so soltanto che prefetto e questore non sono stati all’altezza della sfida, non hanno saputo garantire la sicurezza della città”. Il questore, dal canto suo, difende l’operato delle forze dell’ordine, precisando che è stata sventata la possibilità che gli ultras romanisti si organizzassero per contrastare le intemperie degli olandesi (eventualità certamente catastrofica) e, sul tema della Barcaccia, ha affermato: “qualcuno ha chiesto perché noi non siamo intervenuti. Perché l’ordine pubblico ha tantissime variabili. Noi abbiamo ritenuto di controllare e monitorare la situazione, proprio allo scopo di evitare di intervenire massicciamente, solo per motivi non giustificati, di degrado, di sporcizia, di lattine di birra, di gente sdraiata, per evitare di accendere dentro quella piazza una miccia spaventosa”. In estrema sintesi dalle parole del questore si intuisce: non essendo in pericolo l’incolumità di persone, e trattandosi solamente di “sporcizia” e “degrado”, le forze dell’ordine hanno preferito monitorare la situazione per evitare scontri e violenze che avrebbero generato conseguenze più gravi.
Eppure si sarebbe dovuto prevedere che una tifoseria notoriamente esagitata come quella del Feyenoord, se lasciata libera di scorrazzare e trincare birra a fiumi senza alcun controllo, avrebbe potuto causare qualche problema. Ed infatti a noi sembra di aver visto ben altro che sporcizia e lattine di birra a terra. Abbiamo assistito attoniti a lanci di bottiglie di vetro e bombe carta verso le forze dell’ordine, agenti feriti, segnali stradali divelti, ciclomotori rovesciati, al monumento della Barcaccia sfregiato (non sporcato, bensì sfregiato), abbiamo percepito un senso di debolezza, di impotenza, delle nostre istituzioni di fronte a questi disgraziati lasciali liberi di agire come meglio hanno creduto, scatenando una vera e propria guerriglia urbana: INAMMISSIBILE. È sufficiente ascoltare un po’ di vox populi per percepire tutto il disgusto e la rabbia dei cittadini romani.
Avremmo grandemente preferito un intervento immediato delle forze dell’ordine, al primo segnale di degenerazione, condotto con durezza. Ancora una volta viene avvalorata la tesi secondo la quale in Italia, paese del buonismo e del buon senso, è possibile fare ciò che altrove sarebbe un miraggio, una terra franca dove la morbidezza delle istituzioni consente devianze di questo tipo. Si domandi il lettore perché episodi del genere non avvengono nella stessa Olanda, oppure in Inghilterra, Paese che per primo sperimentò il dramma degli “hooligans” e che, sempre per primo, pose un freno deciso a questa follia.
E poi, c’è anche da evidenziare l’ennesima mancanza di rispetto delle regole da parte degli stessi cittadini italiani (e quando mai). Perché? Si chiederà il lettore. Perché il Prefetto di Roma, mediante un’ordinanza, aveva vietato la vendita di bevande alcoliche nei municipi I, II e XV, dalle 20 di mercoledì 18 Febbraio alle 24 del giorno successivo. Sarà stata rispettata questa ordinanza? Stando a ciò che abbiamo visto in larga parte no.
Le reazioni del mondo politico a questa vicenda non si sono fatte attendere. Le bocche da fuoco del M5S e della Lega hanno sparato a zero sul ministro degli interni Angelino Alfano, al quale sono state chieste le dimissioni. Quest’ultimo ha garantito l’invio a Roma di altri 500 militari con compiti di pubblica sicurezza e la convocazione di un comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, al fine di recepire e soddisfare le necessità della Capitale su questo fronte.
A ben vedere questo grave episodio può essere inserito nel più grande contesto della sicurezza a Roma. Si è già discusso nei mesi scorsi delle problematiche che ne affliggono le periferie, adesso si constata che anche il centro non è da considerarsi esente da pericoli. Risulta grave quando un cittadino non si sente sicuro a casa propria, e questo senso di insicurezza c’è, si percepisce, fa parte dell’idem sentire dei romani. La politica si domandi come sia possibile tutto questo e faccia penitenza.