La riforma delle legge elettorale calma i bollenti spiriti

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La disponibilità a collaborare dei M5S, il patto del Nazareno ancora in piedi e l’apertura della Lega sulle riforme: si respira aria nuova sulla scena politica italiana 

 di Mattia Bagnato

berlusconi-renzi-grillo-291274Si svolgerà mercoledì l’incontro che vedrà per la seconda volta M5S e PD al tavolo delle trattative, nella speranza che questa volta duri più di cinque minuti. Il confronto in streaming si focalizzerà sulla proposta di riforma elettorale avanzata dai grillini. Rimane ancora da capire se il M5S abbia seppellito l’ascia di guerra o se, invece, l’apertura al dialogo con il PD sia solo una strategia per ampliare la spaccatura interna al partito di Renzi. L’unica cosa certa è, come ha dichiarato De Maio, che i risultati delle elezioni europee hanno convito i pentastellati ad uscire dall’isolamento e ad aprirsi al dialogo con le altre forze politiche. Qualunque siano le motivazioni, con tutta probabilità, l’avvicinamento in corso potrebbe rimettere in discussione il patto sull’Italicum siglato al Nazareno tra Renzi e Berlusconi.


Italicum – 
Un numero massimo di 120 circoscrizioni, che assegneranno fino a 6 seggi; soglie di sbarramento al 8% per i partiti e al 12% per le coalizioni; premio di maggioranza che attribuirà 340 seggi su 630 al partito che raggiungerà il 37% dei voti alla prima votazione, altrimenti un ballottaggio tra i primi due partiti darà al vincitore 321 seggi, i restanti verrebbero assegnati proporzionalmente. Questa la proposta di riforma elettorale avanzata dal PD, duramente contestata sia dal M5S che, in qualche misura, anche da alcuni parlamentari democratici. Le critiche più forti si rivolgono, in particolare, alla scelta di escludere il voto di preferenza, ritenuto la vera e propria pietra dello scandalo nella proposta “renziana”.

Democratellum – “Noi facciamo sul serio”, queste le parole con cui il M5S ha, ufficialmente, teso la mano al Partito Democratico sulla questione della riforma elettorale. Gli elementi centrali della proposta, secondo Beppe Grillo, sono pochi ma imprescindibili: nessun premio di maggioranza specifico, solo la possibilità per il partito che ottiene almeno il 40% dei voti di aggiudicarsi più della metà dei seggi; riduzione delle circoscrizioni (massimo 42 e di grandezza intermedia); ma soprattutto due tipi di preferenze, una “positiva” da attribuire al candidato prescelto, l’altra “negativa” contro un candidato sgradito. Infine, dal democratellum, spariscono sia le coalizioni sia la possibilità di candidarsi in più collegi.

Lega Nord –  In attesa dell’incontro di mercoledì, la proposta grillina di riforma elettorale ha ottenuto il favore anche della Lega Nord che, attraverso Calderoli, ha affermato: “tranne alcune fantasie, quella del M5S è un ottima legge”. Secondo il senatore leghista, infatti, il democratellum si avvicinerebbe molto al sistema spagnolo, nato proprio per tutelare le spinte autonomiste che da sempre caratterizzano il paese iberico, ma con l’aggiunta del voto di preferenza.

Presidenzialismo –  Il presidenzialismo alla francese non ha mai smesso di essere il “sogno proibito” del Cavaliere, da rispolverare ogni qualvolta si parla di riforma elettorale. Così Berlusconi, dalla sala gialla di Montecitorio, ha preso subito la palla al balzo, riproponendo la sua idea di riforma in senso presidenzialista: elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale e attribuzione del potere di nomina e revoca dei ministri. I tempi sono cambiati, gli ha ricordato Matteo Renzi, e la sua proposta è inaccettabile. Forza Italia non sembra più il partito di un tempo, capace di influenzare l’agenda politica nazionale. Questo Silvio Berlusconi lo sa bene, incassa il colpo ma rimanere l’interlocutore principale del PD, come ha ricordato il Ministro Boschi. Un rapporto privilegiato, quello tra FI e PD, che ha consentito al Cavaliere di rimanere in campo nella partita a cui è maggiormente interessato: la riforma del Senato.

Riforma senato – Mentre gli Azzurri di Prandelli erano impegnati nel match contro la Costa Rica, è arrivato l’accordo che dovrebbe portare in aula, entro luglio, la riforma del Senato. Così, se il testo rimarrà invariato, la riforma archivierà una volta per tutte il bicameralismo perfetto e affiderà solo alla Camera il voto di fiducia al Governo. I Senatori diventeranno 100, di cui 74 scelti tra i Consiglieri regionali, 21 tra i sindaci e 5 nominati dal Colle per 7 anni, e la durata del mandato coinciderà con quella delle amministrazioni alle quali appartengono, introducendo così l’elezione indiretta. In sostanza queste sarebbero le principali novità che dovrebbero riguardare la “nuova” camera alta.

(Fote immagine: http://www.dagospia.com)

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