MPS: Un terremoto politico – finanziario
Il 2013 si apre sotto i peggiori auspici sul piano finanziario. La crisi del Monte dei Paschi di Siena costituisce solamente il segno più evidente di una crisi bancaria di carattere sistemico, che affonda le sue radici nell’onda speculativa che ci ha condotto al tracollo dell’ottobre 2008 e i cui danni sono a carico sempre dei bilanci pubblici e dei contribuenti
di Alessia Ricci
Le vicende del Monte dei Paschi di Siena e di Mussari, balzate agli onori della cronaca in questi ultimi giorni, dopo aver occupato le pagine finanziarie dei giornali lo scorso anno, stanno ad indicare che la serie degli scandali inerenti il sistema bancario internazionale prosegue da molti mesi e non accenna a placarsi.
Mussari, che ha occupato una posizione di comando per oltre un decennio a Siena, aveva già contribuito a compromettere il bilancio e la sopravvivenza stessa della banca con la sconsiderata operazione di acquisizione della Antonveneta, acquisizione avvenuta per 9 miliardi di euro dal Banco Santander Central Hispano del banchiere vicino all’Opus Dei, don Emilio Botin.
L’operazione è datata 2007 e ha fatto registrare un guadagno netto di quasi 3 miliardi per gli spagnoli, che a loro volta avevano comprato l’istituto di Padova pochi mesi prima per 6,6 miliardi. Uno degli elementi più sospetti dell’operazione è costituito dal fatto che venne decisa senza un’attenta verifica dei conti. Anche se oggi tutti puntano l’indice contro quella operazione, occorre ricordare che all’epoca dei fatti gran parte dei media nazionali elogiarono l’acquisto di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi.
Tutto ha inizio con la telefonata che ha portato alle dimissioni di Giuseppe Mussari da presidente dell’ABI, avvenuta il 7 luglio 2009, alle 16.30. Si tratta di una conference call tra i vertici di Monte Paschi da una parte, e quelli della banca giapponese No-mura, dall’altra. Mussari avrebbe nascosto la reale situazione dei conti del Monte, tramite tre operazioni avventate sui derivati con le solite e ben note banche d’investimento internazionali, operazioni che hanno consentito di scaricare sui bilanci futuri perdite di pertinenza di quelli passati.
Il punto di partenza è che due operazioni, in apparenza indipendenti tra loro, erano invece tenute assieme da un contratto segreto, e l’una era il rimborso dell’altra. La prima operazione consentiva a Mps di scaricare su No-mura le perdite di Alexandria – un derivato basato sui rischiosi mutui ipotecari – in modo da “abbellire” il bilancio dell’anno 2009. La seconda “rimborsava” i giapponesi in quanto, come affermato nella telefonata, il Monte Paschi “entrerà in un asset swap e due operazioni pronte contro termine a 30 anni legate a tale swap”.
Mussari, registrato a sua insaputa, assicura al capo di No-mura che le due operazioni sono legate. No-mura, quindi, accettava un scambio tra spazzatura e oro (che permetteva a Mussari di chiudere in utile) perché in cambio il Monte comprava i rischiosi derivati di No-mura.
Ovviamente nessuno ne sapeva ufficialmente nulla. Fabrizio Viola e il presidente, Alessandro Profumo, pare che abbiano scoperto solo il 10 ottobre 2012 l’esistenza di tale contratto segreto. Non solo, ma questi contratti sui derivati sono finiti male, come nei tanti altri casi emersi negli anni scorsi, naturalmente con costi salati, che finiremo per pagare noi contribuenti. Infatti, il giallo finanziario avrà una conseguenza immediata sui bilanci dello Stato italiano che ha messo a disposizione 3,9 miliardi per sottoscrivere i Monti-bond con i quali Mps farà fronte alle sue perdite.
La vicenda Mps ha avuto anche forti ripercussioni politiche, proprio in piena campagna elettorale.
Il Pd prende subito le dovute distanze dalla vicenda, nonostante il ruolo svolto dagli enti locali toscani nella nomina dei vertici della Fondazione Mps e il supporto a Mussari da parte di pietre miliari del partito come Giuliano Amato e Franco Bassanini. Monti attacca il Pd e intanto candida Alfredo Monaci, membro del cda della banca dal 2009 al 2012, e attuale presidente di Mps Immobiliare.
Amnesie anche da destra, Maroni, su twitter invita “Monti e Bersani subito in Parlamento per spiegare i favori a Mps e le responsabilità del Pd nella disastrosa gestione della banca”. Eppure fu proprio Giulio Tremonti a concedere alla banca 1,9 miliardi di euro di aiuti di Stato, ribattezzati Tremonti bond, che l’istituto non ha ancora restituito, considerato che metà dei 3,9 miliardi in arrivo a Siena è in realtà composto da una rinegoziazione dei vecchi bond. Porta sempre la firma di Tremonti un’autorizzazione alquanto delicata e inconsueta accordata nel 2011 alla Fondazione Monte dei Paschi di Siena: il via libera a indebitarsi per 600 milioni di euro per finanziare l’aumento di capitale da 2,1 miliardi di euro della banca senese, che sarebbe dovuto servire anche a rimborsare i Tremonti bond.
Tremonti a sua volta chiama in causa Draghi, in riferimento alle responsabilità dell’ex governatore della Banca d’Italia che, all’epoca del disastro all’origine di tutti i mali di Mps, diede il via libera all’operazione compiuta in gran fretta e con le dovute analisi fatte, invece, a posteriori.
Al di là delle sue possibili implicazioni, non si può valutare questa vicenda in un’ottica solamente politica o giudiziaria. In questo modo si finisce per interpretare il caso come se si trattasse di un problema di “mele marce” all’interno di un sistema sano. Il caso Montepaschi è rappresentativo di un problema generalizzato che riguarda larga parte del settore bancario, e che lentamente sta venendo a galla.
(fonte immagine: http://www.avantionline.it)