Dov’è lo Stato, in Messico?
Il presidente messicano Felipe Calderón denunciato alla Corte Penale dell’Aia per crimini contro l’umanità
di Domenico Spampinato
La scorsa settimana vi abbiamo illustrato per sommi capi la difficile situazione in cui versa il Messico, nei duri anni della lotta armata al narcotraffico intrapresa dal Presidente Felipe Calderón. Nel Paese centro-americano i regolamenti di conti tra bande rivali sono all’ordine del giorno e la libertà di stampa è fortemente compromessa, esposti come sono i giornalisti alle violente rappresaglie dei “Signori del narcotraffico”. Ci si chiede dove sia lo Stato, come si comporta in questo scenario tremendo.
Lo Stato ha alzato il tiro, con risultati disastrosi: durante i sei anni della gestione Calderón, il numero delle vittime prodotte dalla lotta al narcotraffico ha raggiunto le 50.000 unità. Un’inchiesta ha dimostrato che un buon 32% della popolazione gradirebbe una linea più morbida che preveda l’uso della diplomazia, ma lo Stato non intende abbassare la guardia. Il sistema giudiziario è minato da un forte grado di corruzione, nelle carceri regna un fiero clima di “autogestione” e spesse volte i delitti rimangono impuniti.
Fare informazione non è facile: quest’anno in Messico sono stati uccisi undici giornalisti. Qui lo Stato non ha mai preso posizione, ragion per cui i cittadini sono costretti ad affidarsi a canali alternativi. Un “tweet” in Messico può addirittura salvare una vita umana. E’ sensazionale come i social network si dimostrino lo strumento più efficace a documentare una sparatoria in tempo reale. Ma sembra proprio che tale strumento allo Stato non piaccia: lo scorso agosto sono stati arrestati due “tuiteros” (utenti di Twitter, ndr). Procurato allarme o meno, è quantomeno paradossale che lo Stato faccia sentire la propria voce solo in tale contesto. Lo è, se si pensa al difficile contesto in cui versa il sistema informativo messicano.
E’ chiaro che più di qualcosa non funziona a dovere, nel Messico di Felipe Calderón. La lotta armata assomiglia più a un contesto di vera e propria guerra civile e, finalmente, la società civile ha preso la parola: il 25 novembre scorso Calderón è stato denunciato presso la Corte Penale dell’Aia per crimini contro l’umanità. La richiesta è stata inoltrata da un gruppo di attivisti, che ha raccolto oltre 23.000 firme e chiede alla CPI “che si indaghino le responsabilità di entrambe le bande, quella dei narcotrafficanti ma anche quella governativa, perché il clima d’impunità è assoluto”.
Questo è quanto affermato dall’avvocato messicano Netzaí Sandoval, che ha osservato che “nemmeno la guerra in Afganistán ha generato tante morti. Lo Stato messicano ritiene sia legittimo assassinare i criminali e utilizza l’esercito in questioni competenti alla polizia. I narcotrafficanti intanto approfittano delle lacune di un sistema giudiziario che ignora i crimini di guerra o di lesa umanità”. Il gruppo di attivisti, composto in larga misura da giornalisti, intellettuali ed accademici ha consegnato a Luis Moreno Ocampo (procuratore capo della CPI) un dossier di oltre 700 pagine, in cui si documentano più di 470 casi di violazioni di diritti umani contro donne o minori.
Dov’è lo Stato, in Messico? Come si comporta? Com’era prevedibile, la segreteria del ministero degli Interni ha rispedito ogni accusa al mittente. I fatti contestati da Sandoval non sussisterebbero, perché “Lo Stato messicano non è in guerra e non esiste nessun attacco generalizzato o sistematico contro la popolazione civile, né una politica governativa in tal senso”. Le misure adottate da Calderón sarebbero “temporanee e non sostituiscono in alcun modo le autorità locali nell’esercizio delle proprie funzioni” e, al contrario, perseguirebbero “una politica intesa a rafforzare lo stato di diritto mirata alla tutela dei diritti umani”. Inutile aggiungere che il Governo ha deciso di procedere legalmente contro i “calunniatori” che hanno inoltrato la denuncia alla CPI.
Secondo quanto affermato da Luis Moreno Ocampo, la Corte Penale Internazionale studierà ora il dossier pervenuto al tribunale dell’Aia per valutare la sussistenza dei reati commessi dal Governo Calderón e stabilire se le competenze penali ricadano entro la propria giurisdizione.