Brasile verso l’autoritarismo di Bolsonaro
Si deciderà al secondo turno il destino del Paese sudamericano: il candidato di estrema destra Jair Messias Bolsonaro è favorito su Fernando Haddad, erede di Lula

Haddad e Bolsonaro, i due candidati che si sfideranno al ballottaggio (immagine via Twitter)
È netta la vittoria di Jair Messias Bolsonaro nel primo turno delle elezioni legislative in Brasile, svoltesi domenica scorsa. Netta ma non sufficiente per diventare da subito Presidente del Paese sudamericano, traguardo per il quale è necessario raggiungere la maggioranza del 50% dei voti. Con una percentuale del 46% delle preferenze (un consenso di oltre 43 milioni di elettori), il candidato del Partito Social Liberale sfiderà al ballottaggio Fernando Haddad, leader del Partito dei Lavoratori. Erede di Lula e Dilma Rousseff, Haddad ha raccolto il 29,2% dei voti. La sfida sembra impari, ma l’uno contro uno e le relative trattative possono riservare sorprese. Tutto rimandato al 28 Ottobre, quindi.
I brasiliani hanno votato per eleggere il proprio Capo di Stato, i governatori di 27 Stati nonché la Camera dei Deputati e due terzi dei Senatori: in ballo l’elezione di 1.650 poltrone, 14 delle quali si decideranno al ballottaggio – oltre al Presidente, in bilico il governatorato di 13 stati.
Per la carica più importante, a Bolsonaro e Haddad sono seguiti Ciro Gomes del Partito Laburista, che ha raccolto il 12,5% delle preferenze, il socialdemocratico Gerardo Alckmin, che si è fermato al 4,8% e Joao Amoedo di Novo, nuova formazione di destra liberale che non è andato oltre il 2,5%. Altri otto candidati, tra cui l’ambientalista Marina Silva, non hanno superato la soglia del 2%. Il Brasile ha votato in massa, con un’astensione di solo il 22% – rilevata soprattutto ai paesi del nord-ovest, più poveri e meno alfabetizzati.
Le percentuali dei candidati che si sfideranno al secondo turno hanno superato le aspettative dei sondaggi: alla vigilia, infatti, Bolsonaro era dato per favorito; tuttavia non ci si aspettava superasse il 40%. Del resto anche la previsione su Haddad era andata al ribasso, quotando l’erede di Lula al 21%. A urne chiuse si tratta di una vittoria ben più chiara, che ha lasciato ad Haddad solo il nord ovest del Paese. Adesso, è il momento delle negoziazioni: Gomes ha assicurato il suo appoggio ad Haddad, mentre Bolsonaro dovrà riuscire a garantirsi quella parte di centro delusa dagli ultimi corsi di sinistra.
Non a caso la vittoria di Bolsonaro, politico conservatore e di estrema destra, passa dalla crisi della sinistra brasiliana – più in concreto, del Partito dei Lavoratori. La classe politica del centro sinistra, infatti, non ha saputo rispondere al baratro politico e socioeconomico del Paese. Tutt’altro, ha dimostrato di essere pienamente coinvolta nelle trame di corruzione e malaffare: nel 2016 la Rousseff, rientrata nel giro di tangenti Petrobras, aveva dovuto lasciare l’incarico presidenziale a Michel Temer, che le era subentrato in corsa e che è stato recentemente accusato di ostruzionismo alla giustizia e associazione a delinquere. Temer, che ne 2018 non ha raccolto oltre il 3% del consenso, non si è ricandidato alla corsa. Del resto Luiz Inacio Lula, ex operaio sindacalista e padre della sinistra brasiliana rimasto in carica come Presidente dal 2003 al 2011, è tutt’ora in carcere per corruzione e riciclaggio.
Questo il panorama dei soggetti politici che, sommato a un tasso di criminalità elevato e in continuo aumento, alla recessione e una percentuale stellare di disoccupazione, sta condannando la sinistra all’opposizione – dopo ben 12 anni di governo ininterrotto. Ed è su questa scia, come dicevamo, che un candidato come Bolsonaro ha trovato spazio. A chiusura delle urne, ha promesso “prosperità, libertà e famiglia. In nome di Dio” in vista dell’eventuale vittoria.

Immagine via Twitter
Jair Bolsonaro ha 63 anni ed è un avvocato con un passato da militare. Consapevole che la chiave per la vittoria fossero il contatto diretto e la rassicurazione del cittadino, dall’inizio delle sua campagna elettorale ha usato social network per parlare di “castrazione chimica per i gay”, per sottolineare che le donne “non devono lavorare perché restano incinta” e, infine, per auspicare un ritorno alla dittatura militare incoraggiato dell’utilizzo della forza da parte della polizia – perché “un agente che non uccide non è un agente”. Se vincerà, ipotesi che sembra sempre più probabile, le valutazioni economiche del suo governo saranno affidate a tecnici – considerato che la sua preparazione in materia non sarebbe all’altezza dell’incarico (come lui stesso ammette).
Il piano di attacco di Bolsonaro ha trovato l’appoggio di Confindustria, da una parte, e della Confederazione Evangelica, dall’altra. Anche la Borsa di San Paolo ha apprezzato i risultati politici – con una crescita di oltre il 4% lunedì scorso ed un rafforzamento della moneta brasiliana a fronte del dollaro del 2,45%. Anche il FMI ha previsioni di crescita in caso di vittoria liberale.
Le posizioni del favorito alla presidenza sono aperamente razziste, omofobe ed antifemministe. Ad ogni modo, la linea intransigente di Bolsonaro non ha suscitato soltanto consenso: in estate è nata una vera e propria mobilitazione ad opera de “Le donne contro Bolsonaro”, che si è riversata per le strade delle città e che oggi conta oltre 1 milione di adesioni. Inoltre, nel mezzo di un comizio a Minas Geiras, Bolsonaro ha rischiato la vita – quando è stato accoltellato all’addome da un facinoroso, che, comunque, non è risultato collegato a nessuna organizzazione.
Adesso spetta ad Haddad muovere le leve giuste per trovare spazio. Cinquantacinquenne, di origini libanesi, con laurea in giurisprudenza ed economia, Haddad è stato Ministro dell’educazione sotto il governo Lula e, più recentemente, sindaco di San Paolo. Il suo nome è strettamente legato a quello del leader Lula di cui è in effetti, sostituto in corsa. Probabilmente anche troppo, considerato l’attuale status giuridico dell’ex presidente. Fino a questo momento i suoi argomenti si sono concentrati sul richiamo ai principi democratici ed ai diritti umani e civili verso cui il suo rivale, invece, è scarsamente sensibile. Ma la lotta all’autoritarismo, di questi tempi, potrebbe non bastare per la prima carica nazionale.
Il nuovo Presidente prenderà il posto di Michel Temer, del Movimento Democratico Brasiliano, ed entrerà in carica dal prossimo 1° gennaio 2019.