La sedia scricchiola, Letta traballa
Tutti i mali dell’esecutivo Letta: si va dall’economia, passando per le riforme e la giustizia, fino ai guai partitici
di Adalgisa Marrocco
Una poltrona occupata da pochi mesi eppure già scricchiolante, quella di Enrico Letta. Le ultime settimane hanno sancito definitivamente le incongruenze e le contraddizioni di queste posticce larghe intese, dimostrando che una Grosse Koalition all’italiana proprio non può esistere.
Se, negli ultimi giorni, le prime pagine dei giornali hanno dato risalto solo all’affaire Berlusconi, i nodi che Letta si troverà a dover sciogliere a breve termine sono molti di più. In primis, troviamo le questioni economiche.
Anche se durante la sua visita in Canada Enrico Letta ha sembrato voler suggerire che in Italia, per quanto riguarda l’economia, “everything is gonna be alright”, la realtà è ben diversa. Notizia delle ultime ore è il sisma provocato dalle dichiarazioni del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni che, pronto a dimettersi e a tenere fede con ogni forza al Patto di Stabilità al 3%, ha disegnato un bel punto interrogativo sulla lavagna dove erano state appuntate le promesse su IMU, IVA e diminuzione della pressione fiscale.
Ad aumentare la preoccupazione del governo sui conti che non tornano, giungono Confindustria e sindacati. Reduci dagli accordi di Genova, imprenditori e lavoratori rivendicano la possibilità di tener fede ai propositi per il rilancio del lavoro siglati, appunto, nel capoluogo ligure solo qualche settimana fa. Il rischio paventato è una manovra economica supplementare, spettro che ricorda le disperate mosse dell’ultimo governo Berlusconi tra l’estate e l’autunno del 2011.
Vengono poi le riforme. Ci avevano promesso diciotto mesi di lavoro intenso per cambiare la Costituzione e avevano nominato un team di saggi per rendere tutto più credibile. Poi, i nomi dei membri delle Commissioni Affari Costituzionali ci avevano stupito, ma non proprio in maniera positiva. Oggi, finito il vorticoso valzer dei preparativi, la festa pare già giunta al termine e le promesse di riforma (da aggirare) sono quelle di sempre.
Di una nuova legge elettorale nemmeno l’ombra . Perfino il combattivo Beppe Grillo va convincendosi della convenienza di conservare il Porcellum con la speranza, tutt’altro che disinteressata, di puntare al premio di maggioranza per le prossime Politiche. La condicio sine qua non per il M5S sarà però riconquistare l’elettorato disilluso.
Voltiamo pagina e leggiamo ‘giustizia’. Rimane in sospeso la sentenza di Palazzo Madama riguardo la decadenza di Berlusconi: presumibilmente, la decisione non arriverà prima della terza settimana di ottobre, al fine di mescolare le carte e rendere l’ignavia collettiva meno visibile. Oltre alle ripercussioni della condanna sul caso diritti TV, Berlusconi dovrà affrontare altre grane giudiziarie. Si va dai debiti di Mondadori, passando per i guai derivanti dai casi di corruzione, fino alla trita e ritrita questione “cene eleganti”: elementi che renderanno ancor più traballante la poltrona di Letta, ma rinforzeranno l’efficacia della vittimistica pre-campagna elettorale del Cavaliere.
Accanto ad un’agenda di impegni mantenuti che per l’esecutivo rimane mezza vuota, si aggiungono le questioni partitiche. Il centrodestra sembra (almeno di facciata) ritrovare vigore grazie alla seconda vita di Forza Italia, mentre il Partito Democratico continua a soffrire i sintomi della sindrome da frammentazione. Matteo Renzi c’è, a suo vantaggio ha le armi del buon comunicatore, anche se la consistenza di un suo programma di governo rimane in dubbio. Il resto dei democratici sembra però preferire, ancora una volta, alternative di origine dalemiana. Così il conflitto interno rimane forte e il dialogo con l’elettorato resta pessimo.
La sedia scricchiola, ma bisognerà farla durare fino al semestre di presidenza UE made in Italy. Enrico Letta sarà un buon falegname?
(Fonte immagine: www.ilgiornale.it)