Venezuela: cresce il consenso verso Guaidó, ma Maduro non molla
Unione europea, Stati Uniti e gran parte del Sudamerica appoggiano il leader dell’opposizione in attesa di nuove elezioni. L’Italia si distacca mentre Cina e Russia appoggiano il chavismo
Continua la crisi politica venezuelana: la maggior parte dei Paesi Ue ha riconosciuto Juan Guaidó come Presidente ad interim verso nuove elezioni – come avevano fatto in precedenza Stati Uniti e buona parte del Sudamerica. Da quest’asse si distanza l’Italia, che richiama il principio di non ingerenza e sceglie di non riconoscere né l’uno né l’altro dei contendenti.
Dopo un altro fine settimana di manifestazioni contro Maduro – che ha visto in piazza la popolazione del Paese e quella degli espatriati in altri stati sudamericani ed europei – il Presidente chavista non ha accettato la richiesta dell’Unione europea di indire nuove elezioni.
Fino a questo momento, Nicolás Maduro ha accettato la possibilità di tornare alle urne per le legislative ma non per le presidenziali: ovvero, non mette in discussione il suo secondo mandato che scadrebbe nel 2026. “Non mi piegherò ai ricatti degli yankee e di quanti stanno facendo il loro gioco imperialista”: nelle ultime settimane, è stata questa la sua posizione nel braccio di ferro con Trump, che ha acuito di volta in volta l’isolamento commerciale e politico, e le pressioni internazionali dell’Ue.
Lo scorso 23 Gennaio, durante una delle sollevazioni popolari che duravano ormai da settimane, Juan Guaidó ha richiamato gli articoli 233 e 333 della Costituzione proclamandosi Presidente del Venezuela ad interim. La Costituzione, infatti, prevede che il Presidente del Parlamento può guidare l’esecutivo qualora il Presidente eletto non entri in funzione: l’opposizione non riconosce i risultati dello scorso Maggio che hanno portato Maduro al suo secondo mandato per il clima di repressione e boicottaggio degli altri partiti da parte del chavismo in cui si sono svolte. Per l’Assemblea Nazionale, dunque, il posto di Presidente è vacante e Maduro ne è un usurpatore.
Venezuela, la nota della Presidenza del Consiglio: https://t.co/vbiwdRcGLP
— Palazzo_Chigi (@Palazzo_Chigi) February 4, 2019
L’autoproclamazione di Guaidó è stata immediatamente spalleggiata dagli Stati Uniti, cui si sono prontamente aggiunti Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador e l’Organizzazione degli Stati Americani (OEA). Anche l’Unione Europea ha disconosciuto subito il secondo mandato di Maduro, rafforzando la propria posizione nel corso dei giorni. Attualmente il Sudamerica riconosce il nuovo ruolo di Guaidò ad eccezione del Messico, che si sta mantenendo neutrale, e di Cuba, Nicaragua e Bolivia che seguono Cina e Russia nel dare supporto al chavista.
Nel rapporto di forza tra chavismo e opposizione, il comparto militare ha sempre avuto un ruolo importante. Fino a questo momento si è mantenuto fermamente saldo nell’appoggiare il chavismo: da principio con lo stesso Chavez, successivamente verso Maduro, i militari hanno sempre tratto vantaggio da questa alleanza politica che si è tradotta in potere politico e benefici personali.
Durante gli anni di Maduro, inoltre, polizia e militari sono spesso stati protagonisti di azioni oltre il limite della legalità nella repressione del dissenso – come gli arresti di diversi giornalisti ed attivisti in questi giorni – per cui un cambiamento ai vertici comporterebbe un forte rischio. Consapevole di questo, Guaidó ha promesso un’amnistia per i funzionari militari e pubblici che passassero all’opposizione. La prima forza militare a cedere, sabato scorso, è stata l’Aviazione: il Generale Yanez ha riconosciuto Guaidó come presidente ed ha incitato gli altri comparti a fare altrettanto.
La ruta está clara desde el inicio y es en la que nos mantenemos trabajando todos los días:
1) Cese a la usurpación.
2) Gobierno de transición.
3) Elecciones Libres.Sin confusiones y sin descanso.
El compromiso con Venezuela y el mundo es total. pic.twitter.com/c3ucWFTITL— Juan Guaidó (@jguaido) February 6, 2019
Ma chi è l’uomo del futuro venezuelano? Trentacinque anni, originario di La Guaira, stato di Vargas – a nord del Paese ed uno dei più poveri – Guaidó è un ingegnere industriale che ha completato gli studi a Washington e che sin dagli anni universitari è stato un attivista politico d’opposizione al regime chavista. Nel 2009 ha partecipato alla fondazione del partito centrista Volontà Popolare, di cui fa tuttora parte e dal 2011 è Presidente dell’Assemblea Nazionale, il potere legislativo.
Il Parlamento che rappresenta sta lavorando ad una Legge di Transizione per il dopo Maduro e ad un piano di riscatto e ripresa socio economica del Venezuela. All’origine di questa tensione quotidiana, infatti, c’è la realtà di un Paese che ormai da anni, è in preda ad un crescente malcontento politico alimentato da un’iperinflazione alle stelle che ha causato una forte riduzione del potere di acquisto anche per beni di prima necessità come cibo e medicine. Più di tre milioni di venezuelani hanno lasciato il paese dal 2014 ad oggi, in fuga da tale povertà ma anche da insufficienze strutturali, corruzione, micro e macro criminalità.
Nelle ultime settimane la strategia di Guaidó (finora vincente( è stata di lavorare le forze internazionali per accerchiare il chavismo.