Nucleco di Casaccia: un deposito di “scatole a guanti” e… scorie radioattive

Tempo di lettura 3 minuti

Circa 7.000 metri cubi di scorie radioattive ancora stoccate all’interno di un impianto a pochi chilometri da Roma

di Lorenzo Tagliaferri

(fonte immagine: santilli.ilcannocchiale.it)

(fonte immagine: santilli.ilcannocchiale.it)

La storia del deposito di scorie radioattive di Casaccia a Osteria Nuova, alle porte di Roma, ha inizio nella metà degli anni ’60 e cioè quando viene realizzato l’impianto denominato Ipu (Impianto a Plutonio, appunto) utilizzato per poter sviluppare attività di ricerca sulle tecnologie di produzione degli elementi di combustibile nucleare. L’impianto è stato in regolare funzione fino al 1986, anno in cui l’attività nucleare a livello nazionali venne praticamente paralizzata dall’incidente di Chernobyl.

In realtà l’impianto ha dismesso tutte le sue attività solo quattro anni dopo, nel 1990, cioè quando il programma nucleare nazionale venne definitivamente accantonato. Nel 2003, con il passaggio di consegna tra l’Enea e la Sogin (Società Gestione Impianti Elettronucleari), si iniziava a pianificare lo smantellamento delle strutture, più precisamente di quelle che sono le cosiddette “scatole a guanti”, cioè quelle unità utilizzate per manipolare dall’esterno, in un ambiente completamente isolato, il plutonio ai fini della ricerca.

Attualmente le scatole a guanti presenti nel deposito sono 55 e una prima prova di smaltimento, ovvero di posizionamento della scatola a guanti in un’altra scatola idonea a isolarne il contatto con l’esterno, è avvenuta nel 2011. La Sogin ha provveduto a specificare che le unità in smaltimento troveranno la loro collocazione definitiva solo nel 2015 e che l’intera operazione si svolge all’interno di un tendaggio speciale denominato PEDI, una struttura tenuta “in depressione” rispetto all’ambiente esterno al fine di impedire perdite o fuoriuscite di natura radioattiva.

La realtà della questione scorie radioattive a Roma è, tuttavia, molto più grande e preoccupante di qualche decina di “scatole a guanti”. La Nucleco, la società che controlla i depositi, ha specificato che nel deposito di Casaccia, vicino ai “guanti”, si trovano 2.500 fusti di scorie che corrispondono ad una superficie di circa 7.000 metri cubi, risultato di quel processo di “messa in sicurezza” partito nel 1990 e terminato 19 anni dopo nel 2009.

La mappa dei siti nucleari in Italia (fonte immagine: virgilio.it)

La mappa dei siti nucleari in Italia (fonte immagine: virgilio.it)

Il problema evidenziato dalla Nucleco è vecchio quanto i depositi di Casaccia ed è direttamente collegato al famigerato progetto per la costruzione di un deposito nazionale, ovvero di una struttura che possa raccogliere insieme tutti i residui radioattivi dell’epoca nucleare. Emanuele Fontani, ad di Nucleco, ha spiegato che la data di possibile realizzazione di un deposito nazionale è quella del 2025 e che neanche allora si avrebbe accesso alla struttura per l’utilizzazione in quanto, dopo la realizzazione, bisognerà conferire e quindi, molto probabilmente, si arriverà a dover attendere ulteriori 10 anni.

Non si tratta, ovviamente, solo di una questione di “principio” come potrebbe additare qualcuno, ma di una vera e propria “emergenza silenziosa”. Il deposito realizzato più di trent’anni fa in una zona lontana dagli agglomerati urbani si trova oggi a fare i conti con l’espansione della periferia della città e quindi con la relativa vicinanza alla comunità. Un problema che più di ogni altro dovrebbe accelerare la risoluzione del dilemma deposito nazionale che resta, tuttavia, di difficile soluzione visto che si sta parlando di quantità enormi di barili di scorie radioattive e che quei 2.500 fusti presenti nei depositi di Osteria Nuova rappresentano poco meno dello 0.3% del totale nazionale.

La realtà sembra però essere sempre una questione da rimandare al mittente, cioè al cittadino, che avrà sicuramente modo di imparare a sopportare una convivenza piena con le scorie prima di vedere definitivamente archiviata al meglio l’annosa questione.

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2 risposte

  1. henry ha detto:

    Bah!
    I depositi Nucleco, a vederli nel filmato di ADNKRONOS xhe ha originato (presumo) questo articolo,, sembrano delle baracche fatiscenti, costruite decenni fa; il rivestimento ignifugo tanto lodato, certo, serve a impedire un collasso quasi immediato del tetto metallico in caso di incendio, ma non certo a impedire che il materiale combustibile, ove presente, vada a fuoco.
    Per non parlare poi di quello che potrebbe accadere qualora arrivasse un tornado: quelle pseudo baracche, resisterebbero, o volerebbero via, disperdendo i fusti chissà dove?
    Alcuni fusti poi contengono sicuramente del plutonio proveniente dagli ex laboratori della casaccia che Sogin in questo periodo gestisce. Dovevano essere messi al sicuro in un nuovo deposito denominato OPEC 2, che il generale Jean approvò quando era presidente in Sogin (2005 – 2007). Un deposito molto, ma molto più robusto di quelli che si vedono nel servizio; i lavori sono iniziati con le passate gestioni di Sogin, ma negli ultimi due anni hanno fatto ben pochi progressi; vai a sapere perché.
    E non è il solo caso di opera autorizzata e non attuata, o almeno non ancora.
    Se qualcuno avesse tempo e voglia di leggere la relazione della COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI, che ha recentemente dedicato a Sogin ampio spazio, ne scoprirebbe di cose interessanti.
    Ad esempio scoprirebbe che la demolizione del camino della centrale del Garigliano è stata autorizzata dal 2009 e che, nonostante le dichiarazioni di pericolosità di tale camino, poiché scarsamente resistente ai terremoti, il camino è ancora al suo posto. La demolizione è stata recentemente rinviata; ora è stato emesso un nuovo bando di gara, ma si parla anche della presenza di un edificio, nell’area di cantiere, che impedirebbe la demolizione (la relazione non chiarisce perché non sia demolito subito).
    Nessuno ha visto le cifre totali dell’attività di Sogin? Nessuno sa (articolo del Fatto Quotidiano on line del 03/12/12) che Sogin, ha speso, da quando esiste, 1.7miliardi è che la velocità di avanzamento è stata poco più dell’1%annuo.
    Se poi qualcuno volesse guardare alla Centrale di Caorso, scoprirebbe facilmente in che condizioni sono stati trovati alcuni fusti metallici contenenti rifiuti radioattivi; la procura di Piacenza ha anche aperto un’inchiesta al riguardo.
    Di questo passo, quando arriverà il deposito definitivo, ammesso che in Italia qualcuno accetti di averlo vicino casa? Non basta guardare che succede alla Tav?
    E poi, di questi tempi, valle a trovare le centinaia di milioni necessarie a costruirlo.
    Andrebbero trovate altre soluzioni, almeno per ora.

  2. fausto ha detto:

    Ma il deposito unico nazionale per le scorie non è un problema di quattrini: il problema vero è costruirlo come si deve! Se lo dobbiamo realizzare in malo modo allora è meglio limitarsi a dare una verniciata a qualche cask in un piazzale.

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