Date Ossigeno ai giornalisti
Sulla libertà dei giornalisti, e sulle intimidazioni subite, Ossigeno per l’informazione cerca da anni di aprire uno spiraglio, per far conoscere la verità, troppo spesso taciuta, anche dai giornali
di Gaia Cacace
Lo scorso 2 luglio il Senato ha ospitato il convegno “Proteggere i giornalisti, conoscere le verità scomode”, promosso da “Ossigeno per l’informazione” e dal Centro europeo per la Libertà di stampa e dei media di Lipsia. La conferenza ha avuto un duplice scopo: informare sulle situazioni italiana ed europea e proporre delle linee guida che il nostro Paese, e più in generale l’Europa, dovrebbero seguire per proteggere il lavoro giornalistico.
É un interesse comune: i giornalisti devono essere liberi, poiché la democrazia necessita dell’informazione, della conoscenza, della pluralità delle fonti, alle quali spetta il dovere di permettere a donne e uomini di farsi una propria idea, di essere consapevoli, di scegliere con coscienza. Per farlo, il giornalista deve essere e sentirsi libero, non deve cadere in atti di autocensura o rischiare d’essere censurato.
È con questa premessa che “Ossigeno per l’informazione”, associazione nata per rendere visibili minacce ed intimidazioni subite dai giornalisti, ha iniziato a lavorare. Per mostrare quegli atti di violenza di cui prima sui giornali c’era un vuoto preoccupante. Farlo perché la visibilità è ciò che gli intimidatori cercano d’offuscare, e perché la gente, ancora una volta, sappia, sia consapevole di ciò che accade.
Sul sito dell’associazione è possibile reperire i nomi dei giornalisti minacciati ed uccisi, con le tipologie di minacce cui sono stati sottoposti in Italia e nel resto del mondo. I dati continuano a salire, con un incremento di 128 casi di cui si ha notizia dall’inizio del 2015, 2.351 dal 2006, anno in cui è nata Ossigeno. Le violenze e le intimidazioni, è bene ricordarlo, non sono soltanto di matrice mafiosa, ma anche politica, e spesso economica.
La conferenza aveva tra gli scopi anche la ricerca, la volontà di sensibilizzare il mondo politico. Tra gli oratori, oltre al presidente del Senato Pietro Grasso, che ha aperto la conferenza, anche Don Luigi Ciotti, l‘On. Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Ulrike Schmidt (Osce), Enzo Iacopino, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l’informazione.
secondo Don Ciotti “nel nostro Paese il pensiero non viene vietato, ma più sottilmente omologato” e, in effetti, se l’analisi dei dati di fatto mostra un’Italia in cui il diritto di espressione, sancito dall’articolo 21 della Costituzione, sembrerebbe ineludibile, la realtà mostra una miriade di individui che trovano difficoltà ad esporre le proprie visioni, o a raccontare ciò che hanno scoperto. “I giornalisti non sono liberi”, ha continuato Don Ciotti, vi sono infatti “forme di autocensura dettate da prudenza, o, ancor peggio, convenienza”.
In pericolo sono soprattutto i corrispondenti delle piccole testate, in gran parte online. Ma anche i blogger, o i tanti non ancora iscritti all’Albo, che guadagnano pochissimo e che sono facilmente ricattabili. Le risposte dal mondo politico non sono sufficienti. Il decreto legge sulla diffamazione, ora in quarta lettura al Senato, è stato criticato da tutti gli oratori che hanno affrontato la questione. La preoccupazione (purtroppo fondata) è che questo non basti affatto a smuovere quel mondo politico che continua a non ascoltare le altre voci presenti nella società.
Lo stesso Grasso a inizio conferenza aveva augurato “che la giornata di oggi, attraverso la competenza dei relatori che interverranno, sappia offrire spunti che possano essere utili ai colleghi che esamineranno nelle prossime settimane il testo scaturito dalla deliberazione della Camera dei Deputati”.
Per Iacopino “i politici non sanno di cosa parlano quando fanno le leggi”. Questa di cui si parla, prosegue il presidente dell’ODG, è una “legge-spot, che serve al parlamento per darsi una riverniciata”, utile soltanto a cercare di evitare nuove sanzioni dall’Unione Europea: l’Italia era stata multata, infatti, per la legge che prevede il carcere per i giornalisti. Ma il carcere resta, secondo Iacopino, anche nel decreto: è quello delle multe, troppo alte rispetto agli stipendi dei giornalisti. Che oggi sono soprattutto freelance. Per Iacopino la legge “farà chiudere moltissimi giornali online, per un aspetto marginale: per rispondere ad accuse di querela bisogna andare nella città dove l’accusa è stata fatta”.
Il Parlamento dimentica l’utilizzo strumentale, spropositato, del diritto, della legge sulla diffamazione. Non riconosce le tante querele pretestuose, in aumento incessante, che quando colpiscono un piccolo giornale o un giovane reporter sono devastanti. Non fa nulla per accorciare la lungaggine dei processi, che durano anche decenni, e che vengono usati per questo arbitrariamente, ingiustamente, per tenere un giornalista imbavagliato. Con rischi, gravi, per l’autocensura, come ha rilevato Ulrike Schmidt: un reporter con pochi mezzi non pubblicherà una notizia sapendo che probabilmente verrà denunciato, anche se sa d’avere ragione.
Le proposte di Ossigeno per l’informazione (consultabili qui) prevedono, tra le altre cose, l’applicazione dell’art. 96 del Codice di Procedura Civile, al fine di disincentivare le querele pretestuose, tramite il pagamento di una giusta retribuzione al giornalista leso, e la copertura delle spese legali da parte dell’editore. Ossigeno propone l’apertura di uno sportello tramite il quale segnalare le intimidazioni e le minacce ricevute alle istituzioni, e la formazione di organi non giudiziari che possano in qualche modo risolvere i contenziosi venutisi a creare.
Per ora, l’importante è che si parli di ciò che accade, dei giornalisti minacciati e delle intimidazioni subite. Bisogna dare ossigeno, dare libertà, ai giornalisti: è alla loro libertà, alla loro franchezza che bisogna guardare per capire la libertà di ognuno di noi.