Intervista a Giovanni Russo, candidato capolista a Napoli con Fico Presidente alle Regionali in Campania
Il 23 e 24 novembre 2025 si voterà anche in Campania per eleggere consiglio e presidente della Regione. Inauguriamo una serie di interviste ad alcuni dei candidati.
L’impegno della Masseria Ferraioli è diventato un punto di riferimento per l’antimafia sociale e la cittadinanza attiva. Come nasce e cosa rappresenta oggi quell’esperienza?
Con 120mila metri quadrati la Masseria Antonio Esposito Ferraioli è il bene confiscato più grande dell’area metropolitana di Napoli. Quando siamo partiti 8 anni fa non avevamo nulla, solo un’idea: trasformare un simbolo del potere criminale in un luogo di giustizia sociale, lavoro e accoglienza. Oggi è una comunità di oltre 308 famiglie che coltiva prodotti biologici, con altrettanti orti urbani. Una comunità che ospita percorsi di inclusione per persone fragili, accoglie migranti, persone ristrette, donne vittime di violenza, promuove educazione alla legalità. È la dimostrazione che un altro modello di sviluppo è possibile: sociale, sostenibile e partecipato. La Regione dovrebbe sostenere esperienze come queste, creando un fondo stabile per i beni confiscati gestiti dal terzo settore, semplificando le procedure e favorendo l’incontro tra enti locali e realtà sociali. Perché solo così i beni confiscati diventano davvero beni comuni.
Il contrasto alla violenza di genere è uno dei temi centrali del suo impegno. Cosa può fare la Regione per essere più efficace?
Innanzitutto, deve garantire continuità ai centri antiviolenza e alle case rifugio, non finanziamenti spot a bando scaduto. Serve un piano regionale pluriennale, con risorse certe e con un coordinamento reale tra i diversi livelli istituzionali. Poi occorre intervenire sulla prevenzione: la violenza si combatte partendo dalle scuole, con percorsi di educazione affettiva e al rispetto delle differenze, e formando chi lavora nei servizi pubblici — medici, insegnanti, operatori sociali — perché sappia riconoscere i segnali di rischio.

Giovanni Russo
In Campania ci sono decine di teatri, cinema e spazi culturali abbandonati o sottoutilizzati. Come pensa si possa invertire la rotta?
La cultura è una questione politica e sociale, non solo artistica. Abbiamo bisogno di un grande piano regionale per la rigenerazione dei luoghi della cultura, che parta da una mappatura seria degli spazi pubblici inutilizzati e preveda bandi dedicati alla loro gestione partecipata. Le associazioni, le compagnie teatrali indipendenti, le cooperative culturali devono poterli riaprire, gestire e far vivere. Penso anche a un fondo di garanzia regionale che sostenga chi investe nel recupero di questi spazi, e a incentivi per i Comuni che concedono strutture pubbliche a progetti culturali e sociali. Un teatro che riapre in un quartiere è un presidio di legalità e di coesione. Come l’emblematico caso del teatro dell’auditorium di Scampia, del quale mi ha raccontato l’editore Rosario Esposito La Rossa quando sono stato ai 15 anni della Marotta&Cafiero. Uno spazio culturale e d’incontro per Scampia, ormai da anni chiuso e inagibile, vittima di infiltrazioni, occupazioni improprie e degrado funzionale. Le associazioni del territorio chiedono da tempo il suo recupero. Un teatro riaperto significherebbe restituire al quartiere un importante presidio di aggregazione e cultura. Tuttavia, la mancanza di un progetto stabile, la scarsità di risorse e il perdurare dell’abbandono hanno trasformato quella che doveva essere una “piazza culturale” in uno spazio simbolo della marginalità urbana. Ma bisogna sostenere anche le biblioteche: esistono diversi casi in Campania e a Napoli dove enti del terzo settore se ne prendono cura, permettendo orari prolungati. Questi enti vanno sostenuti anche dalla Regione perché fanno un lavoro preziosissimo. E la cultura, se sostenuta davvero, crea lavoro e identità.
Ha parlato spesso del ruolo del terzo settore nella coprogrammazione e coprogettazione. Cosa serve perché diventi realtà e non resti una formula sulla carta?
La coprogettazione non è una moda, è un cambio di paradigma: significa scrivere le politiche pubbliche insieme a chi conosce i bisogni reali sui territori. In Campania ci sono centinaia di associazioni, cooperative e fondazioni che ogni giorno costruiscono risposte dove lo Stato è assente, ma vengono coinvolte solo “a valle”, quando i progetti sono già decisi. Dobbiamo fare l’opposto: aprire tavoli permanenti di confronto tra Regione, Comuni e terzo settore. Prevedere linee guida chiare e risorse dedicate. Formare funzionari pubblici per utilizzare davvero gli strumenti della coprogrammazione previsti dal Codice del Terzo Settore. In questo modo, le politiche sociali non saranno più calate dall’alto, ma co-create, più efficaci e trasparenti.
Candidarsi con Fico Presidente in una Regione complessa come la Campania: qual è il senso politico di questa scelta?
Con Roberto Fico condivido l’idea che la politica debba tornare a essere servizio, con il popolo che torna a riappropriarsi dei luoghi di rappresentanza. Perché qui la politica deve tornare servizio e partecipazione reale. Con Roberto Fico condivido soprattutto il metodo: riportare le decisioni tra le persone, nelle piazze, nei luoghi di lavoro e nelle reti sociali. Non cerchiamo alchimie di potere: vogliamo costruire politiche dal basso, rimettere al centro lavoro, diritti, ambiente e legalità. La Campania è straordinaria ma fragile: o ricuciamo il rapporto con i territori – con ascolto, trasparenza, responsabilità – oppure continuiamo a perdere pezzi. La mia candidatura nasce per questo: una Regione che ascolta e non lascia indietro nessuno.
Intervista a cura di Graziano Rossi
