Sempre più giovani, sempre più poveri
La denuncia di Save the Children: 26 milioni di bambini e ragazzi in Europa sono a rischio povertà. In Italia i più a rischio sono i figli di immigrati e genitori con difficoltà a trovare un lavoro fisso. Preoccupa anche la povertà educativa
di Angela Caporale
su Twitter @puntoevirgola_
La povertà è anche affar nostro. Nostro di europei, nostro di italiani. È questo il messaggio che emerge dal alcuni recenti report pubblicati dall’ISTAT e da Save the Children sulla situazione di molte famiglie in tutta l’Unione Europea.
Che sia stato il boom economico o lo sviluppo tecnologico, di fatto ci siamo abituati ad uno stile di vita agiato e a ritenere la povertà come qualcosa di distante, concentrato se non altro nelle periferie dei centri urbani più grandi o nel Meridione. Un problema da Terzo mondo. La fotografia che ci restituiscono le analisi dei dati, illustrano una situazione ben diversa: il 28,7% della popolazione italiana è a rischio povertà o esclusione sociale. Di fatto, più di un italiano su quattro si trova in una condizione di grave deprivazione materiale o a bassa intensità di lavoro.
Non soltanto. L’ISTAT sottolinea come questa percentuale sia sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente; tuttavia ciò che aumenta è la forbice della diseguaglianza. Anche in Italia, ogni anno di più, si diffonde quel processo, ampiamente denunciato dalle ONG – Oxfam in testa, per cui la maggior parte delle risorse disponibili sia accentrata in poche, pochissime mani. Si stima che, nel 2015, il 20% più ricco delle famiglie percepisca il 37,3% del reddito equivalente totale, mentre al 20% più povero non resta che il 7,7% del reddito.
Gli effetti di questo impoverimento sono tangibili e vanno a coinvolgere anche i più giovani. Secondo il rapporto “Sconfiggere la povertà educativa. Fino all’ultimo bambino” pubblicato da Save the Children, in Europa sono più di 26 milioni i minori a rischio povertà. Quasi un terzo di tutti i bambini e ragazzi dell’Unione Europea. In questo gruppo rientra chi ha beneficiato di trasferimenti sociali che non hanno, di fatto, migliorato sensibilmente le loro condizioni poiché vivono ancora in famiglie con un reddito al di sotto del 60% del reddito medio nazionale.
Nessun paese, in Europa, è escluso da questo fenomeno in preoccupante crescita. I fanalini di coda sono Romania, Bulgaria e Ungheria. Drammatica è la situazione in Grecia dove il 37% dei minori è a rischio povertà, l’Italia balza al 32% e si piazza tra i Paesi peggiori.
Le situazioni più a rischio riguardano i bambini che vivono in famiglie in cui i genitori lavorano poco e hanno difficoltà a trovare occupazione oppure in famiglie monoparentali. Altre condizioni di rischio sono il basso livello d’istruzione dei genitori e nascere in una famiglia di immigrati. Se i fattori aggravanti sono così individuati, le conseguenze dell’impoverimento dei minori sono ugualmente chiare. Una condizione di povertà già in tenera età riduce drasticamente le opportunità e le possibilità di costruirsi un futuro migliore per i bambini.
Raffaela Milano, Direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children Italia, osserva: “Difficoltà nella formazione di base, non avere un luogo adatto dove poter studiare, non poter frequentare teatri, cinema o eventi culturali, non essere in grado di accedere ad attività sportive, sono solo alcune delle conseguenze che questi minori soffrono quotidianamente e che limitano il pieno sviluppo delle proprie potenzialità. Un circolo vizioso nel quale la povertà materiale porta alla povertà educativa e viceversa”.
Un’ulteriore conseguenza diretta è la povertà educativa che coinvolge il 20% circa dei giovani europei. Un adolescente su cinque ha scarsi risultati in matematica e difficoltà con la lettura e la comprensione dei testi. Non devono stupire, allora, i risultati della ricerca promossa dall’Università di Stanford secondo cui i giovani non sono in grado di distinguere un’informazione vera da una falsa sul web. Le “bufale” attecchiscono, quindi, anche sui teenager e non sembra che la scuola si stia attrezzando per fornire loro gli strumenti corretti per fare i doverosi distinguo.
E se la famiglia del bambino o del ragazzo, come accennato in precedenza, è originaria di un Paese differente, il rischio di povertà materiale ed educativa cresce. Secondo i dati OCSE, i quindicenni migranti di prima generazione in tutta Europa hanno il 25% di probabilità in più di non raggiungere il livello minimo di competenze in matematica rispetto ai ragazzi nati nei paesi di riferimento.
Proprio a sottolineare l’importanza dell’accesso alla istruzione per migranti e rifugiati si è schierata l’Agenzia ONU per i rifugiati: nel report “Missing Out Refugees Education in Crisis” pubblicato qualche mese fa, l’UNHCR stimola i governi a non sottovalutare nessun aspetto di quanto accade sul proprio territorio e spingersi oltre alla mera sopravvivenza delle persone.