Il mosaico Russo
Il leggendario Impero sgretolato negli anni parla lingue diverse, professa religioni diverse, coltiva culture e tradizioni diverse. Eppure Mosca domina tutto e tutti
di Martina Martelloni
La storia ci insegna quanto sia stata multiforme e camaleontica la vita di un Impero prima, unione federale comunista poi, e Federazione ora. Il vasto territorio che divide Occidente dall’Oriente esibisce peculiarità ed alterità interne che neppure a seguito della disgregazione dell’Unione Sovietica riescono a vantare un reale riconoscimento e godimento della propria diversità.
La Costituzione del 1993, conseguente ai fatti della dissoluzione, diede vita alla Federazione Russa contenente 7 distretti e 83 anime territoriali a sè stanti secondo un’identità di repubbliche e regioni. Fino a qui sembrerebbe un civile e dilettevole modo per lasciar vita e spazio alle tante minoranze etniche presenti in terra russa.
La realtà, però, detta legge diversa. I criteri che comandarono la nascita di una repubblica all’interno della federazione esigevano l’esistenza di un’ampia percentuale, entro detti confini, di etnia non russa.
La tendenza mascherata dal Cremlino, ieri come oggi, è quella di delineare un unico ed unitario percorso politico. Come lo Zar, così anche Putin ama tessere le fila di un centralismo dominante della nazione russa su quelle etnie che faticano ad accettare un formale riconoscimento ed avallo dal potere moscovita. La stessa storia che tanto ci ha insegnato e detto della Russia imponente e supponente, racconta anche la straordinaria e tormentata esistenza di gruppi umani uniti dalla comune cultura e religione nonché lingua e tradizione.
La Cecenia è, tra questi, l’esempio più esplicito di una minoranza che dalla fine dell’Ottocento è in uno stato di forte dissenso con la sovrana Russia. La regione subì una forte immigrazione di popolazione russa ed ucraina che ha reso alquanto frammentato lo scenario etnico interno. Elemento di evidente contrasto era ed è la religione: i ceceni sono in larga parte musulmana sunnita. La fiera Russia vanta piuttosto una estrema maggioranza cristiano-ortodossa.
La fede come chiave di conflitto. L’islamismo radicale si è reso portabandiera di una guerriglia che ha coinvolto le due parti in guerra. Una Russia che ha fatto del fenomeno islamico un motivo di lotta profonda a livello globale. Quasi fosse un antidoto da somministrare accuratamente alla comunità internazionale, così da portare la natura del conflitto su scala anti-terroristica.
Non solo ceceni, ma anche altre repubbliche autonome rappresentano spina sul fianco di Mosca. Il popolo dei Tatari, sa bene cosa significa. Appartenenti alla regione del Tatarstan, questa minoranza etnica costituisce ben il 52% della popolazione di fede musulmana. Così come anche il vicino Bashkortostan nel distretto del Volga dove predomina l’Islam.
Difficile convivenza dunque, ora come ora posta decisamente su di una tendenza in crescente salita per via dell’accentramento e monopolio politico del Governo russo. Come pedine si muovono le minoranze etniche nelle regioni dell’ex Unione Sovietica. Come ferme frontiere si pongono invece quelle minoranze di etnia Russa presenti negli Stati limitrofi ben osservati e monitorati da Mosca per la loro fin troppa vicinanza all’Occidente: in Estonia i russi rappresentano il 25,6% della popolazione, in Lettonia il 28,3%, in Lituania il 5,1%, in Ucraina 17,3%, in Moldova 5,9%, in Kazakistan 27,2% ed infine in Kirghizistan dove i russi sono presenti con un 12,5%.
Le politiche del governo russo non possono permettersi il lusso del silenzio ed indifferenza di fronte a questa evidente disgregazione interna che oltre a conseguenze legate alla diversa fede e cultura, nasconde timori di Mosca su un ipotetico utilizzo di queste regioni da parte della comunità internazionale per indebolire l’assolutezza della Federazione Russa.