Ambizione e auto-lesionismo
Il Pd, il patto di non belligeranza con Monti e i ripensamenti di Bersani
di Samuele Sassu
Che la sinistra italiana abbia quella bizzarra facoltà di auto-lesionarsi, è un fatto ormai noto anche a chi di politica non si interessa neanche un po’. E quando a un mese dalle elezioni si ha praticamente la vittoria in pugno, contraddizioni, ripensamenti, cambi di rotta e beghe intestine riescono ancora una volta a confondere gli elettori indecisi che guardano a sinistra.
Per commentare la discutibile strategia elettorale del Pd si dovrebbe partire dagli ultimi 6 mesi di governo tecnico. La maggioranza condivisa con Alfano (o Berlusconi) e Casini ha continuato a sostenere Monti in un modo piuttosto strano, concedendo all’esecutivo la fiducia per ogni provvedimento, criticandone ogni aspetto qualche istante dopo l’approvazione. Un difetto che, va detto, non riguarda solo il Pd.
Fatta salva la volontà di eliminare le leggi ad personam come la Cirielli, di modificare la Gasparri e di introdurre la legge sul conflitto d’interessi, Imu e patrimoniale sono gli argomenti più dibattuti nel centrosinistra. E le altalenanti versioni di Bersani riguardo alla possibilità di intervenire in quest’ambito, stanno creando confusione anche fra coloro che quasi certamente voteranno il Pd. A novembre, infatti, si è parlato spesso di una patrimoniale immobiliare per ridurre le tasse sui redditi medio-bassi. Poche settimane fa, il segretario ha fissato anche la soglia: tra un milione e mezzo e due milioni di euro.
Buoni propositi che, improvvisamente, vengono spazzati via. Settimana scorsa, a Radio24, Bersani si toglie di dosso le vesti di Robespierre: “Niente patrimoniale ma solo tracciabilità fiscale”. Andrà rimodulata soltanto la patrimoniale sugli immobili che già esiste, ossia l’Imu, togliendola a chi ha pagato 500 euro. “Io non credo a una patrimoniale, l’abbiamo già sugli immobili e si chiama Imu. Per quel che riguarda il resto dei patrimoni, invece, il Pd punta tutto sulla tracciabilità finanziaria, per una Maastricht della fedeltà fiscale”.
A tenere banco, però, non ci sono soltanto gli aspetti programmatici. Negli ultimi giorni, vanno in scena una serie di incontri-scontri con le diverse aree della sinistra, a partire dalla polemica sul “voto-utile” con cui Pd e Sel tentano di scoraggiare Antonio Ingroia e la sua Rivoluzione Civile. Bersani è caustico: “Chi non aiuta il Pd, fa un regalo a Berlusconi”. L’ex pm replica: “È il Pd che sta facendo un regalo a Berlusconi. Chi non si accorda con noi, che potremmo sostenere il Pd al Senato, fa un regalo al Cavaliere”.
Altro tema rovente, il rapporto con i centristi e Monti. Si è parlato spesso di una possibile alleanza fra Pd e centro. Ci sarà un dialogo? Con la nascita del governo tecnico, la strategia del Pd è stata la riorganizzazione del campo e l’ipotesi di allargamento alle aree moderate. Dario Franceschini, in un’intervista rilasciata a Repubblica, afferma: “Non si risponde al pifferaio suonando il piffero”, riferendosi all’attacco di Monti a Berlusconi, etichettato come pifferaio, appunto. Il presidente del Consiglio in versione campagna elettorale fa storcere il naso a Franceschini, scettico di fronte ai continui richiami alla riduzione delle tasse.
Lui, come tanti altri, vede Monti come un avversario con il quale si potrebbe instaurare una collaborazione soltanto in caso “emergenza”. Quest’ultima ha nome e cognome: Silvio Berlusconi, vera mina vagante delle elezioni. Bersani assicura di non temere la rimonta del centrodestra: “Non corre per vincere, ma per azzoppare la nostra vittoria”. Anche per questo motivo, sembra esserci una sorta di patto di non belligeranza tra il segretario e il presidente del Consiglio. Un patto valido per tutta la durata della campagna elettorale che, sostanzialmente, stabilisce come unico avversario Berlusconi.
La richiesta del Pd ai centristi è l’attenuazione dei loro toni nei confronti della sinistra. Il riferimento, per niente celato, è agli attacchi che lo stesso Monti ha riservato ai sindacati e a Sel, accusati spesso di costituire il fronte conservatore della società italiana. Eppure, lo stesso Nichi Vendola si lascia andare a un’apertura nei confronti del professore: “Se Monti fa autocritica e corregge alcune delle sue controriforme – afferma il governatore pugliese a SkyTg24 – è un fatto positivo. Con lui si può costruire un compromesso importante su quello che sarà il carattere costituente della prossima legislatura”.
Infine Renzi. Che fine ha fatto il Rottamatore? Coerente con quanto promesso dopo la sconfitta alle primarie, passa in secondo piano e prova a supportare Bersani per la corsa al Senato in Lombardia e in Veneto. L’obiettivo è attirare i voti del centrodestra al Nord: “Mi hanno massacrato per quella definizione con cui ho aperto il tour delle primarie. Oggi vedo che quei voti valgono il doppio”. Per gli elettori del centrodestra, Renzi ipotizza cinque opzioni di voto: per Berlusconi; per l’uomo del rigore Monti, l’astensionismo, Grillo e, infine, il Pd. “Non sarà semplice convincerli. Devono sapere che non si tratterà di un voto di tradimento. I traditori – conclude – sono gli Scilipoti”. È un Pd ambizioso, quello del 2013.
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